Si è votato anche sull’aborto negato. E in Florida il «sì» ha sfiorato l’impresa
Diritti sotto attacco, i referendum Contro De Santis serviva il 60%. Altrove è andata meglio, con il voto trasversale tutele inserite nella costituzione anche di alcuni stati repubblicani
Diritti sotto attacco, i referendum Contro De Santis serviva il 60%. Altrove è andata meglio, con il voto trasversale tutele inserite nella costituzione anche di alcuni stati repubblicani
Il 5 novembre in dieci Stati degli Stati uniti non si è votato solo per la corsa alle presidenziali e per il rinnovo del Congresso, ma anche sulla difesa del diritto all’aborto, messo in discussione da tutta una serie di leggi a livello statale, dato che l’aborto non è tutelato oggi da nessuna legge federale.
In Stati repubblicani come South Dakota, Florida e Nebraska gli emendamenti per inserire in costituzione il diritto all’aborto non sono passati, ma in molti altri è andata diversamente: la tutela del diritto all’aborto è stata inserita in costituzione negli Stati democratici di New York, Maryland, Colorado, ma anche nei repubblicani Nevada, Montana, Missouri e Arizona, annullando le leggi che rendevano illegale l’interruzione di gravidanza.
UN SEGNO, questo, del fatto che la questione della tutela del diritto all’aborto divide non solo gli stati dell’Unione, ma anche gli stessi partiti, ed è sentita in maniera differente a livello trasversale.
Quanto accaduto in Florida è particolarmente significativo. Si è votato sull’amendment 4, che avrebbe esteso il diritto all’aborto a 24 settimane di gravidanza, eliminando lo state ban che oggi limita l’aborto alle sole prime sei settimane, vietandolo di fatto nella stragrande maggioranza dei casi.
CHE DONALD TRUMP avrebbe vinto le elezioni in Florida non era un mistero per nessuno, anche se perdere il distretto blu di Miami-Dade e conservare quasi solo le città di Tallahassee e Orlando per i democratici è stata una vera e propria doccia fredda, che dà la misura della loro sconfitta.
Ma ancora il 5 novembre alle nove di sera ora locale, gli attivisti di Yes on 4, favorevoli all’estensione del diritto all’aborto, erano fiduciosi: il supporto per l’amendment 4 era a quel punto al 57%, sembrava essere passato. Invece non è andata così: per passare l’emendamento avrebbe dovuto ricevere almeno il 60% dei voti favorevoli, e invece si è fermato poco al di sopra del 57%.
QUESTA SCONFITTA dell’amendment 4 rende l’aborto di fatto illegale in Florida, e per di più legittima l’atteggiamento che Ron De Santis ha tenuto durante tutta la campagna elettorale. Il governatore della Florida negli scorsi mesi ha mobilitato tutte le risorse pubbliche a sua disposizione per provare a determinare il risultato elettorale sul tema, dalla creazione – con soldi pubblici – di un sito antiabortista patrocinato a livello statale, fino all’impiego del sistema legale per mettere in difficoltà le associazioni impegnate nella campagna per il sì. I repubblicani sono arrivati perfino a utilizzare la polizia che si occupa di frodi elettorali per andare casa per casa dei firmatari della petizione in favore dell’amendment 4, con la scusa di verificarne la firma.
Un atteggiamento, questo, che è stato descritto da più parti come antidemocratico, e che ha dato l’impressione netta di un utilizzo improprio dell’amministrazione statale per fini elettorali. Inoltre il successo della campagna antiabortista di De Santis ha legittimato questi atteggiamenti non solo in Florida, ma a livello federale.
COME HA AFFERMATO poco prima del voto Anna Eskamani, parlamentare democratica rieletta al Congresso per la quarta volta dai cittadini di Orlando, «se De Santis avrà successo in queste elezioni, questo rappresenterà un pericoloso precedente per altri estremisti che vorranno utilizzare l’amministrazione statale come un’arma per intervenire nel dibattito elettorale»: una prospettiva che, con la vittoria completa di Trump in queste elezioni, in questo momento sembra piuttosto realistica.
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