Era stato imbrattato di vernice rosso sangue, coperto di buste dell’immondizia, poi di immondizia – ma anche cinto di lastre di legno da carpenteria per difenderlo dagli attacchi aerei russi. Ora per il monumento a Caterina la Grande a Odessa sembra suonata l’ultima ora.

Le autorità della città – fondata proprio da Caterina – hanno iniziato i lavori per rimuovere il bronzo della zarina, in omaggio alla de-russificazione votata da un “referendum” cittadino| online lo scorso novembre, che ha deciso la rimozione – e in alcuni casi la riallocazione – di ogni monumento russo o sovietico, considerati entrambi simboli di Mosca (al referendum online, la zarina aveva perso per 50,2% a 49,8%). Era stato già abbattuto una volta, quel monumento innalzato nel 1900: dai bolscevichi, nel 1920. Gli ucraini, ora che tocca a loro, affermano di volerlo mettere in un parco-museo a tema sul passato del paese. Che non comprenderà il passato sovietico: le statue di Lenin sono state smantellate nel 2014.

Intanto a Venezia il Teatro La Fenice ha cancellato il concerto della pianista Valentina Lisitsa, ucraina di origine ma filorussa e considerata vicina a Putin, organizzato per il 4 e 5 aprile dall’associazione Musikamera. La presidente di Musikamera Sonia Finzi ha disdetto il concerto dopo un attacco diretto sui social, che denunciavano come Lisitsa – una delle grandi interpreti di Rachmaninov – avesse suonato per le truppe russe a Mariupol appena conquistata, nel maggio scorso. All’epoca, per questo le era saltato un concerto a Toronto. Oltre sei mesi dopo, salta anche Venezia.