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La sovranità in crisi e il sovranismo fantasma

La sovranità in crisi e il sovranismo fantasma – foto Ikon Images/Ap

Commenti Governi, partiti, aziende: sempre più spesso i soggetti sovrani delegano a terzi la tutela dei propri interessi. E chi materialmente agisce finisce col tradire proprio chi vorrebbe rappresentare. La logica della «procura» svela una grave distorsione del diritto nazionale ed europeo, oltre che la compressione dei diritti dei più deboli e vulnerabili

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 10 giugno 2024

L’attesa per i risultati delle elezioni europee è stata segnata dalla possibilità di un successo elettorale per i partiti sovranisti reale come mai prima.

Sovranismo è un termine relativamente recente, entrato nel linguaggio politico nell’ultimo decennio. L’Accademia della Crusca inserì il lemma tra le parole nuove nel 2019, con la seguente definizione: «Posizione politica che rivendica la sovranità nazionale dei singoli Stati, contrapponendosi alle ideologie globaliste e/o anche alla politica di concertazione degli organismi sovranazionali, con particolare riferimento all’Unione europea; posizione politica che rivendica la sovranità popolare e quindi del risultato elettorale anche in contrapposizione agli organi di garanzia non eletti».

LA DESTRA EUROPEA ha fatto del sovranismo la sua bandiera, tenendo sotto questo cappello un insieme variegato di istanze identitarie. In Italia, il sovranismo di destra disegna un percorso istruttivo per il suo sorprendente contorsionismo. Il filo-atlantismo di Giorgia Meloni ne ha, giocoforza, moderato l’iniziale vis sovranista. In nome dell’allineamento al galateo euro-atlantico, il sovranismo è stato delegato al gastro-nazionalismo del Ministero per la sovranità alimentare, al militarismo industrial-commerciale del Ministero della difesa e alla nuova pedagogia fondata sull’italianità del Ministero dell’istruzione e del merito.

Questa delega al ribasso configura, di fatto, un arretramento rispetto al messaggio sovranista duro e puro e ha aumentato lo spazio per la competizione a destra. Non stupisce quindi che un Salvini in crisi interna si sia affrettato ad occupare tale spazio con la carta del Generale Vannacci, figura che incarna in purezza una dinamica autoritaria, plebiscitaria e xenofoba.

Questa delega al ribasso, del resto, derubrica il sovranismo meloniano a una pura funzione comunicativa e meramente simbolica. Non a caso la politica economica meloniana va nella direzione opposta, come dimostra l’accordo firmato tra Telespazio e SpaceX per la commercializzazione dei servizi Starlink in Italia. Una delega al ribasso, appunto, contro gli interessi nazionali, disegnata insieme a quello che una volta Meloni definiva in modo dispregiativo «il grande capitale». Nel disperato tentativo di realizzarsi per procura e con delega a un agente esterno, il sovranismo si trasforma nel suo opposto.

L’OSSESSIONE per il sovranismo nasconde un cambiamento più generale della struttura della sovranità che, appunto, si esplica sempre più, e quasi esclusivamente, per delega o meglio per procura. Dal linguaggio giuridico, il termine è entrato nel discorso pubblico al momento dello scoppio della guerra russo-ucraina. Alcuni commentatori la definirono una guerra per procura degli Usa contro la Russia per il tramite, appunto, dell’Ucraina. La delega a terzi si accompagna alla conservazione della struttura e degli interessi del soggetto sovrano, che li realizza non a favore di chi sostiene di rappresentare ma proprio negandone i diritti e i bisogni, specie se deboli e senza voce.
Gli ambiti dell’azione per procura sono vari, a partire dalla procura politica. Così, un partito, che non vuole o non può cambiare, delega a terzi il cambiamento: per esempio, più a sinistra attraverso temi “rosso-verdi” (uguaglianza, giustizia sociale e ambientale, diritti, welfare). Da questa prospettiva, la logica della procura è costruita sul rapporto tra un nocciolo duro che non cambia e si protegge con elementi aggiuntivi esterni, malleabili e negoziabili.

Una forma drammatica è la procura nelle catene globali del valore. L’impresa che gestisce il brand delega la sicurezza dei lavoratori e i loro diritti a unità esterne e indipendenti, con il risultato di negare proprio quei diritti sbandierati dalla responsabilità sociale d’impresa. È recente il caso della Giorgio Armani Operations sp, finita in amministrazione giudiziaria dopo un’inchiesta della procura di Milano. L’indagine si concentra sugli appalti per la produzione di opifici abusivi e il ricorso a manodopera cinese in nero.

Nel cuore del capitalismo, troviamo la procura che riguarda la trasformazione dei sistemi produttivi del commercio, come racconta uno bel numero della rivista Officina Primo Maggio. La procura riguarda qui le condizioni strutturali che permettono l’estrazione di valore, delegate a funzione di servizio alla produzione come la logistica. Come noto, il trucco di Amazon è ottenere il pagamento tramite carta di credito, prima di pagare i venditori di cui vende i prodotti. Le entrate che guadagna in questo intervallo di tempo vengono chiamate «flusso di cassa libero», una forma mascherata di profitto altrimenti imponibile, perché mentre Amazon detiene questo denaro può usarlo per acquistare altre merci ed espandere le strutture per guadagnare ancora più denaro. Come scritto da Officina Primo Maggio: «Nel 2022, Amazon ha realizzato 12 miliardi di dollari di «reddito operativo» (profitti dichiarati), ma ha anche assorbito 11,6 miliardi di dollari in «flusso di cassa libero». Affinché ciò funzioni, però, è necessario che le cose si muovano in modo rapido e continuo».

LA LOGICA DELLA PROCURA si riscontra anche nel governo computazionale delle epidemie, dei conflitti e della gestione dello spazio urbano, come ha scritto Daniele Gambetta su questo giornale (manifesto di venerdì 7 giugno). Le crescenti capacità computazionali spingono alla delega della comprensione dei fenomeni dagli esperti di settore (epidemiologi, psicologi, sociologi) all’élite tecno-digitale che detiene il monopolio dei dati. I social problems diventano così questioni da affrontare con algoritmi di ottimizzazione, con un doppio movimento che, in nome della neutralità della tecnica, depoliticizza il potere della computazione.

E poi c’è la procura dei confini nazionali. Anche qui, nel cuore della sovranità politica, si agisce per procura. L’intesa del governo italiano con quello albanese è un esempio di esternalizzazione dei confini. Le aree date in uso all’Italia sono equiparate a zone di frontiera e di transito, dove è prevista la procedura accelerata di identificazione ed espulsione. La procura, oltre a poggiare sulla materialità del suolo di un altro Paese, si attua anche con il ruolo svolto dalle autorità locali che saranno responsabili della sicurezza esterna dei Cpr.

Il fantasma del sovranismo, quindi, nasconde la crisi della sovranità. Una crisi che ha tra i suoi effetti principali la forzatura del diritto, nazionale ed europeo, la compressione dei diritti dei più vulnerabili e la costruzione di nuove gabbie.

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