Compassato, forse pure un po’ emozionato, Ignazio La Russa si è presentato a Napoli al congresso di Magistratura Democratica e ha mostrato il suo volto meno consueto, quello gentile. Sarà il ruolo istituzionale – era stato invitato in qualità di seconda carica dello Stato -, sarà forse pure un po’ la sorpresa. «Sono qui perché ho risposto a un invito molto cortese che mi onora», ha detto al suo arrivo nel primo pomeriggio. Poi, il discorso davanti alla platea delle toghe rosse per eccellenza ha mischiato particolari biografici («Sono passato da un grande estimatore della magistratura, con l’appartenenza politica nel centrodestra, a un mangia magistrati. In realtà la verità è stata sempre nel mezzo».

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«Facevo politica, per questo ho rifiutato di assistere qualsiasi imputato di Mani pulite») a messaggi politici di insospettabile distensione: «Il primo passo verso la risoluzione di ogni conflitto, qualunque sia la natura, credo che sia sempre quella di mettere da parte preconcetti e pregiudizi e di prendere consapevolezza che seppur nell’ambito delle rispettive prerogative siamo tutti chiamati a lavorare al meglio nel comune interesse della nazione e dei cittadini».

E ancora: «Resto convinto che strada riforme sia ancora molto lunga e non solo connessa alla giustizia, si discute per esempio in questo momento su rapporto tra cittadini e democrazia diretta». In mattinata, aprendo il congresso, il segretario di Md Stefano Musolino non aveva risparmiato critiche anche dure al governo, parlando di «preoccupazione» proprio per le riforme e lanciando l’allarme sulla delegittimazione della magistratura, «aggredita nelle sua possibilità di essere soggetto istituzionale autonomo e indipendente a tutela dei diritti fondamentali e sempre più invece messa in condizioni di essere supina, aggredita dall’interesse nazionale contingente».

Qualche parola anche sul caso Apostolico, tra il dossieraggio social di Salvini e il mistero irrisolto su come il vicepremier sia entrato in possesso del video che ritraeva la giudice di Catania alla manifestazione per la Diciotti: «Abbiamo chiesto al ministero dell’Interno ma non c’è stata risposta, forse dovremmo chiedere alla presidenza del Consiglio». La Russa, nel suo evidente tentativo di proporsi come interlocutore credibile, andando via, ha concesso anche un’ultima battuta: «Un segnale di pace? Non eravamo in guerra».