L’incontro Meloni-Pinelli infiamma il Csm
Giustizia Le correnti e il caso Natoli al centro del colloquio. La premier chiama il Colle per ricucire. Quattordici consiglieri chiedono al vicepresidente di chiarire. Lui alza un muro. Ma l’irritazione di Mattarella è massima
Giustizia Le correnti e il caso Natoli al centro del colloquio. La premier chiama il Colle per ricucire. Quattordici consiglieri chiedono al vicepresidente di chiarire. Lui alza un muro. Ma l’irritazione di Mattarella è massima
Nel lessico del Colle esprimere «stupore» è più o meno il massimo che si possa dire: una condanna senza appello. Il laconico e «stupito» commento di lunedì sera alla notizia dell’incontro tra la premier Meloni e il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Fabio Pinelli, convocato a palazzo Chigi, va letto così. Il presidente non si esprimerà oltre: quella paroletta già dice tutto.
In effetti l’irritazione al Quirinale stavolta è massima. Pinelli ha provato a metterci una pezza facendo sapere che in realtà il Colle era stato avvertito del colloquio. Solo che la notifica, fatta pervenire al segretario generale Zampetti, era arrivata appena un paio di giorni prima dell’appuntamento, e senza una parola sui contenuti del colloquio.
PROPRIO QUEI CONTENUTI giustificano invece l’ira di Mattarella. La vicepresidenza del Csm parla infatti di «incontro di routine», simile a quelli con i presidenti di Camera e Senato.
Però la nota diffusa ieri al termine della chiacchierata «di routine» faceva trasparire tutt’altro. In effetti la premier aveva deciso di convocare Pinelli, indicato dalla Lega, per affrontare il tema spinoso delle correnti interne alla magistratura, in particolare del peso considerato eccessivo di Magistratura democratica, e per discutere del caso Rosanna Natoli, la consigliera laica in quota FdI sospesa dopo il suo incontro con una magistrata sotto processo disciplinare.
Argomenti per nulla routinari e in più il comunicato finale parlava esplicitamente di fruttuosa collaborazione tra istituzioni. Pinelli dunque era a palazzo Chigi in veste di rappresentante ufficiale dell’istituzione Csm e gli argomenti trattati erano inerenti a scelte politiche, di pertinenza dunque del presidente Mattarella, e non del suo vice. Due elementi molto più che critici, che hanno portato a livelli di guardia l’irritazione del capo dello Stato.
L’HANNO PRESA MALISSIMO anche molti consiglieri del Csm, tenuti all’oscuro dell’incontro e neppure consultati sui contenuti del medesimo. Quattordici consiglieri, tredici togati su venti e un laico, hanno depositato una nota nella quale chiedono a Pinelli, nel plenum in agenda per oggi, di «rendere edotto l’intero Consiglio dei contenuti della sua visita di ieri, nella veste istituzionale, alla presidente del consiglio». Tanto più, prosegue la nota, che l’incontro è «avvenuto in un momento particolarmente delicato dei rapporti tra politica e magistratura». Non hanno firmato la richiesta i togati di Magistratura indipendente, tutti i laici del centrodestra, Ernesto Carbone di Iv e Michele Papa del M5S.
PINELLI NON HA ALCUNA Intenzione di dar seguito a una richiesta che a palazzo dei Marescialli giudicano «bizzarra», col tono di chi intende dire irricevibile: non nel plenum di oggi e neppure in altra sede, possibilità indicata dai firmatari della nota.
Anche in questo caso la vicepresidenza impugna gli incontri con La Russa e Fontana, al termine dei quali Pinelli non ha dovuto informare i consiglieri su cosa si fossero detti nei colloqui. Quelli però erano effettivamente incontri di routine. In questo caso la situazione è invece paradossale: il vicepresidente di una istituzione centrale dello Stato discute di temi inerenti a quella istituzione in veste ufficiale ma senza alcun mandato e senza aver concordato nulla né con il presidente della medesima istituzione né con i componenti della stessa.
Pinelli mira a liquidare la vicenda in tempi record, cestinando la nota senza ulteriori commenti. È probabile che il plenum di oggi si riveli però ben più teso di quanto il vicepresidente si auguri. L’uomo ha alle spalle una lista già lunga di gaffe con il capo dello Stato, dovute soprattutto a scarsa dimestichezza con la grammatica istituzionale.
Diverso il caso della premier, che è ben più avveduta e che sin qui ha sempre cercato di evitare frizioni con il Colle. Da palazzo Chigi se la cavano affermando che il problema non riguarda loro ma i rapporti tra il presidente del Csm e il suo vice. La premier ha anche chiamato il Colle per tentare di ricucire immediatamente i rapporti col presidente.
Ma uno strafalcione di questa portata rivela quanto elevato sia il tasso di nervosismo a palazzo Chigi. Un nervosismo che dipende soprattutto dal ginepraio albanese.
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