«Basta mandarci una mail. Oppure bussare direttamente alla porta della nostra casa». Unica regola: «Ingresso vietato agli uomini». Le donne che devono abortire «possono venire da sole o accompagnate da madri, sorelle amiche. Ma per gli uomini la casa è inaccessibile». Sandra Cardona ha fondato nel 2016 il gruppo Necesito Abortar (Devo abortire) nella città di Guadalupe, oggi di fatto un quartiere periferico di Monterrey, capitale del Nuevo León.

Nonostante dallo scorso settembre la Corte suprema abbia stabilito che abortire in Messico non è più un crimine, in questo stato al confine con gli Usa l’interruzione di gravidanza è consentita solo in caso di stupro o di rischio per la la salute della donna, pena una condanna fino a un anno di carcere. Cinque anni è invece la pena massima stabilita dagli stati di Chihuahua e Tamaulipas, addirittura sei da quello di Sonora.

Al nord del Messico, soltanto in Baja California e Coahuila è possibile oggi interrompere una gravidanza senza incorrere in procedimenti penali.

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Tutto ha avuto inizio su Facebook, ci racconta, e l’obiettivo era dare informazioni e assistenza a chi voleva interrompere la propria gravidanza: nemmeno lei si aspettava, in pochi anni, di arrivare ad aiutare oltre ventimila donne.

Soprattutto, mai avrebbe pensato di dover assistere cittadine statunitensi, come avviene da quando il Texas, nel settembre 2021, ha vietato l’aborto e la Corte Suprema, il 24 giugno 2022, ha annullato la storica sentenza Roe vs Wade del 1973 che garantiva l’accesso costituzionale all’interruzione volontaria di gravidanza in tutti i cinquanta stati. La contattiamo a ridosso della giornata del 25 novembre.

Sono tante oggi le donne statunitensi che si stanno rivolgendo a voi?

Da quando abbiamo aperto la “casa”, un luogo in cui venire per abortire farmacologicamente in maniera sicura, lontano dallo stigma sociale che accompagna l’interruzione di gravidanza in un paese come il Messico, capitava in media una volta al mese di essere contattate e aiutare donne statunitensi. Principalmente venivano da noi donne messicane o migranti. Ma negli ultimi due anni il numero è aumentato sensibilmente. Oggi sono almeno cinque o sei le donne che ogni settimana arrivano dagli Stati Uniti qui in Nuevo León.

Non avete paura a operare in luoghi così pericolosi, soprattutto per le donne, come gli stati del Nord del Messico?

Negli ultimi due anni abbiamo iniziato a lavorare addirittura a Ciudad Juárez, al confine col Texas, nonostante i rischi che comporta organizzarsi e soprattutto scendere in strada in quello che è uno dei luoghi più pericolosi al mondo per una donna.

Ma il nostro ruolo oggi ci obbliga a convivere con la paura. Dico convivere perché è impossibile non averne. La cosa che ci ha sorpreso è che le minacce contro le nostre attiviste sono aumentate da quando abbiamo iniziato ad accompagnare le donne statunitensi. Evidentemente questa “apertura” è stata malvista non solo dai gruppi criminali ma anche dagli antiabortisti.

Come funziona l’accesso alla casa di Guadalupe? E quali sono le maggiori difficoltà che incontrate nella vostra attività?

Dopo averci contattato, prendiamo un appuntamento e si procede con l’aborto: tutto molto semplice. La donna arriva la mattina e nel primo pomeriggio può già tornare a casa. Qui ha tutto il necessario per interrompere la gravidanza in tutta tranquillità.

Nella parte anteriore della casa c’è lo studio in cui si viene ricevute; nella parte posteriore ci sono le stanze con tutto il necessario per rilassarsi, libri, impianto stereo, televisione, divani. La parte più difficile del nostro lavoro è sicuramente fuori dalla casa, nella società.

Qual è il momento invece più bello delle vostre “giornate tipo” nella casa?

Da tanto tempo vorrei realizzare un progetto fotografico per raccogliere i ritratti delle donne che accompagniamo prima e dopo aver abortito. La loro espressione cambia radicalmente. Quando arrivano sono tese, preoccupate, spaventate. Quando escono, sorridono. Poter finalmente avere accesso ai propri diritti cambia la vita. E i loro volti ne sono la prova, ogni giorno.

Siamo ormai alla fine del mandato presidenziale di Andrés Manuel López Obrador. Com’è oggi la situazione in Messico? Qualcosa è cambiato?

La nostra rete sta crescendo ogni giorno di più. Il che ovviamente per noi è un grande risultato ma, al tempo stesso, è una brutta notizia perché significa che oggi abortire in sicurezza è ancora un problema. La desaparición e i femminicidi sono il problema più noto del Messico. Ma la violenza di questa società si mostra ogni giorno in modi meno visibili, negando diritti di base.

Oggi in Messico non si può incriminare nessuna donna per aver abortito. O meglio, non si potrebbe. Città del Messico non è il Messico: lontano dalla capitale la situazione è molto critica. Di fatto, non è cambiato niente, nonostante la sentenza della Corte suprema.

Sandra Cardona
L’importanza che il 25 novembre ha assunto a livello mondiale è un riconoscimento alle donne che lottano ogni giorno per i propri diritti

Qual è, in Messico, il valore di una giornata come quella del 25 novembre?

L’importanza che il 25 novembre ha assunto a livello mondiale è un riconoscimento alle donne che lottano ogni giorno per i propri diritti. E non parlo solo delle attiviste. Noi, per restare al nostro caso, accompagniamo casi di violenza sessuale e aiutiamo donne che hanno deciso di abortire. Ma sono loro che stanno affrontando davvero la società.

Rivoluzionario, oggi, in Messico è dire a una mamma e a un papà di volersi separare dal proprio marito perché è violento. Rivoluzionario è comunicare a un’amica la decisione di abortire. A essere rivoluzionaria è una sorella che ti accompagna a farlo.

Mi hanno colpito i disegni e i colori che caratterizzano report, studi e tutto il materiale che avete sul sito per raccontare il vostro lavoro. Perché questa scelta?

Perché qui diamo centralità ai diritti. E i diritti sono vita. E la vita è a colori. Anche in un luogo come il Nord del Messico. Anzi, soprattutto in un luogo come il Nord del Messico.