La notte sospesa della Turchia. Verso il ballottaggio
L'attesa dei sostenitori del Chp ad Ankara – Ap
Internazionale

La notte sospesa della Turchia. Verso il ballottaggio

Elezioni 2023 Nessuna certezza: Erdogan dato in vantaggio dalle agenzie governative, lo sfidante Kilicdaroglu rivendica la vittoria. Probabile il secondo turno il prossimo 28 maggio

Pubblicato più di un anno faEdizione del 14 maggio 2023

Ore dopo la chiusura dei seggi, la Turchia non ha ancora idea di chi sarà il suo prossimo presidente. Dipende dall’agenzia a cui ci si affida, dati ai poli opposti a seconda dell’affiliazione politica. Un’attesa sfibrante che ha fatto tacere Istanbul, un silenzio surreale, sospeso.

A metà pomeriggio, si profilava una lunga rincorsa, almeno a guardare ai dati ufficiali, quella di Kemal Kılıçdaroğlu per riacchiappare il presidente Recep Tayyip Erdogan che i primi risultati parziali davano a 20 punti di vantaggio. 56% a 34%, una distanza che si è andata assottigliando col passare delle ore e il flusso dei voti dalle grandi città.

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È qui, a Istanbul, Ankara, Smirne, che si è deciso il destino prossimo della Turchia. O almeno lo si è messo in cantiere: probabile che nessuno ottenga il 50% al primo turno, si andrà al ballottaggio il prossimo 28 maggio.

O FORSE, a dettare il distacco, è stato altro. Ovvero il tentativo di manipolazione messo in atto dal governo tramite l’agenzia di stato Anadolu, secondo la versione delle opposizioni che per tutta la serata hanno accusato le autorità governative di dare in pasto all’opinione pubblica un esito diverso da quello reale.

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In ogni caso il vantaggio iniziale del presidente era in qualche modo prevedibile – l’Akp, il partito Giustizia e Sviluppo di Erdogan, leader indiscusso del paese dal 2003 – è tradizionalmente più forte nelle cittadine più piccole e più conservatrici, nell’entroterra turco che vede nel modello islamista del presidente lo specchio di sé.

La scheda per le presidenziali turche del 14 maggio 2023 (Ap/Emrah Gurel)

Poi Kılıçdaroğlu, leader del kemalista Chp e testa d’ariete delle opposizioni, ha cominciato la lenta risalita anche sui media filo-governativi via via che venivano confermati i risultati dalle grandi città, suo bacino di voti o comunque bacino dei sei partiti che ne compongono la coalizione, vasta e contraddittoria, tenuta insieme dalla voglia di porre fine al ventennio erdoganiano. Consensi a cui si sono aggiunti quelli fondamentali della sinistra turca e della comunità curda, riunite sotto la bandiera del Partito democratico dei Popoli (Hdp), capace di digerire il nazionalismo kemalista del Chp pur di voltare pagina.

PER ORE la situazione reale non è riuscita a emergere dalla nebbia della propaganda incrociata. Le opposizioni hanno invitato a non ascoltare i dati pubblicati da Anadolu, accusata di riportare non risultati ufficiali ma quelli forniti dal governo. È l’ultima volta che Anadolu potrà manipolare il pubblico, ha detto il portavoce del Chp Faik Öztrak promettendo di fornire numeri credibili appena possibile. Nelle stesse ore l’agenzia Anka – vicina alle opposizioni – dava risultati opposti: testa a testa al 47-48% tra i due principali candidati.

Lo stesso ha scritto in un tweet l’ex co-leader dell’Hdp, Selahattin Demirtas, dal carcere di Edirne dove svariati processi per terrorismo lo tengono detenuto dal novembre 2016: “Non credete ai dati di Anadolu Agency, ricordatevi delle elezioni del 2019 (le amministrative con cui Istanbul passò al Chp dopo vent’anni di indiscusso dominio erdoganiano, ndr)”.

Un appello a cui si è unito quello del principale rivale di Erdogan, Kemal Kılıçdaroğlu, che su Twitter si attribuiva il vantaggio: non lasciate i seggi fino allo spoglio dell’ultima scheda. Un appello partito da Ankara dove il leader del partito repubblicano Chp ha votato in mattinata e che palesava la preoccupazione per eventuali irregolarità.

“Voglio rivolgermi agli eroi della nostra democrazia- ha detto con un tweet ai rappresentanti di lista della coalizione Alleanza della Nazione – Fin quando l’ultimo rapporto non sarà firmato e consegnato, non lasciate i seggi per nessun motivo. La piena e accurata manifestazione di volontà del popolo dipende dalla vostra determinazione. Vedrete, ne sarà valsa la pena”.

PER TUTTO IL GIORNO la lunga tornata elettorale inaugurata alle 6 del mattino turco ha visto sostanziose file ai seggi, segno che le previsioni della vigilia – elezioni sentite, per opposti motivi, dalle due Turchie che ieri erano chiamate a decidere il futuro del paese – sono state ampiamente rispettate, riflettendo l’ampia partecipazione vista nelle settimane scorse nei seggi allestiti all’estero per i turchi espatriati. A dare la misura di quelle che erano solo impressioni è stata nel tardo pomeriggio l’agenzia Anadolu: affluenza all’85,14%.

Non sono mancate le sorprese. Qualche scampolo di voti (zero virgola, insignificante) è andato a Ince, nel 2018 candidato presidente del Chp poi sconfitto da Erdogan. Dalla corsa di oggi si era ritirato pochi giorni fa, facendo confluire i suoi voti su Kılıçdaroğlu e ricomponendo una frattura che aveva non poco indispettito la vecchia casa madre.

Chi invece ha stupito è stato Sinan Ogan, candidato della coalizione ultra-nazionalista Alleanza degli antenati. Ex membro dell’ultradestra del Mhp (partito che con l’Akp governa la Turchia), ha superato il 5% mangiando voti sia a Erdogan che a Kılıçdaroğlu nelle zone più conservatrici. E, probabilmente, decidendo le sorti finali del voto, lui che ha fatto campagna elettorale andando all’attacco dei rifugiati siriani presenti dal 2011 nel paese e dello stesso Chp, accusato di alleanza indiretta con l’Hdp.

Sullo sfondo l’altra grande sfida, quella per le parlamentari. Con gli occhi puntati sulla presidenza, l’elezione dei 600 deputati è passata in sordina. Anche su quello poche certezze: i risultati preliminari darebbero la maggioranza relativa al governo attuale, Akp e Mhp. Ma anche per quello c’è da aspettare.

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