È cominciata ieri a Kiev la «missione di pace» del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, incaricato da papa Francesco «di ascoltare in modo approfondito le autorità ucraine circa le possibili vie per raggiungere una giusta pace e sostenere gesti di umanità che contribuiscano ad allentare le tensioni», come ha spiegato una nota della Santa sede.

QUELLA DEL PRESIDENTE della Cei pare però quasi una missione impossibile, per non dire disperata, sia perché cade in una delle fasi più difficili della guerra tra Russia e Ucraina, sia perché né Putin né Zelensky mostrano di voler avviare un’interlocuzione, ma restano arroccati ciascuno sulle proprie posizioni: l’aggressore, Putin, rivendica come conquiste non negoziabili tutti i territori occupati dal 24 febbraio 2022 a oggi; l’aggredito, Zelensky, pone come condizione di partenza per qualsiasi trattativa i confini del 1991, ovvero la riannessione della Crimea.

Certo potrebbe trattarsi anche di discorsi pubblici inevitabili nel momento in cui il conflitto è in corso, come ha detto qualche giorno fa al manifesto padre Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, in contatto costante con papa Francesco: «La retorica della pace non può essere presente, perché ciascuna delle due parti pensa alla vittoria, quindi le parole pace e mediazione sono impronunciabili». Ma è anche vero che su queste basi, gli spiragli sembrano davvero minimi.

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NON SI TRATTA di una missione che ha «come scopo immediato la mediazione», ma ha l’obiettivo di «favorire un clima che possa portare a percorsi di pace», ha spiegato il cardinale segretario di Stato Parolin.

«Il cardinale Zuppi prima ascolterà, tutto il resto sarà da decidere successivamente insieme al papa», ha chiarito in una video-intervista ad Avvenire monsignor Kulbokas, nunzio apostolico a Kiev, cioè ambasciatore vaticano in Ucraina. L’inviato della Santa sede avrà «una serie di incontri – ha proseguito il nunzio –, ma sarebbe discriminatorio menzionarli adesso perché è più una missione di lavoro, di studio. Poi si valuterà successivamente su che cosa porre gli accenti».

AGENDA RISERVATA quindi. Tuttavia tra ieri e oggi Zuppi, oltre allo stesso Zelensky – che però a metà maggio disse direttamente a Bergoglio che l’Ucraina non aveva bisogno di un «mediatore», ma solo di un aiuto per attuare la «formula di pace» di Kiev e riportare a casa i bambini ucraini –, dovrebbe incontrare il ministro degli esteri Kuleba, l’arcivescovo maggiore dei greco-cattolici ucraini Shevchuk, il presidente della Conferenza episcopale della Chiesa cattolica latina in Ucraina monsignor Skomarovs’kyj e le due famiglie ortodosse ucraine: Epifanio, metropolita della Chiesa ortodossa che si separò da Mosca (anche per le spinte dell’ex presidente filo-occidentale Poroshenko) e ottenne l’«autocefalia» (una sorta di indipendenza) dal patriarca Bartolomeo di Costantinopoli; e forse Onofrio, metropolita della Chiesa ortodossa ucraina rimasta fedele al Patriarcato di Mosca, sebbene abbia preso le distanze da Kirill e rafforzato la propria «piena autosufficienza e indipendenza» dalla “madre” Russia.

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«La visita di Zuppi, in quanto inviato del papa in Ucraina, ha luogo nel contesto del mantenimento di un costante dialogo diplomatico con la Santa Sede», ha spiegato all’Ansa il portavoce del ministero degli Esteri ucraino. «La consideriamo un’altra opportunità per il Vaticano di vedere da vicino la realtà della guerra di aggressione della Russia e avere informazioni dettagliate sulla formula di pace in dieci punti di Zelensky, con lo scopo di portare una pace giusta e duratura in Ucraina».

Poi dovrebbe essere la volta di Mosca. Non c’è ancora una data, ma il viaggio di Zuppi «è in fase di preparazione», scrive l’agenzia russa Tass, citando fonti vaticane. Anche se non è detto che l’arcivescovo di Bologna incontrerà il presidente Putin. «Al momento non è previsto, se sarà inserito un incontro vi informerò», ha spiegato ai giornalisti il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov.

Oggi seconda giornata di incontri di Zuppi a Kiev. Il riserbo è massimo. Per saperne l’esito bisognerà attendere il rientro in Italia del presidente della Cei.