Maria Rosaria Acagnino è giudice presso la sezione immigrazione del tribunale di Catania. Proprio da lì i colleghi Iolanda Apostolico e Rosario Maria Annibale Cupri hanno fermato la pretesa del governo di trattenere i richiedenti asilo durante la procedura accelerata di frontiera, che si sarebbe dovuta svolgere nel centro di Modica realizzato a tale scopo.

Il ministro Nordio ha dichiarato: «Spero che eventuali pronunce della magistratura non vanifichino la futura operatività dell’accordo». È un avvertimento ai giudici?

Forse è solo la consapevolezza che l’accordo con l’Albania nasce già zoppo. Nordio è un giurista, conosce le norme e sa cosa devono fare i giudici in presenza di misure che violano le direttive europee. Dovrebbe preoccuparsi solo che quanto previsto sia in perfetto ossequio delle norme Ue, non che i giudici vanifichino l’accordo. Perché i giudici sono chiamati a rispettare e applicare le leggi.

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Vede profili di incostituzionalità o contrasto con il diritto Ue?

Il problema è l’articolo 38 della direttiva 32 del 2013, che è la base dell’accordo tra Italia e Albania. Dice che si può trasferire il migrante in un paese terzo ritenuto sicuro, ma la persona deve avere lì qualche legame. Non si può spostare un senegalese in Albania se non ha alcun punto di riferimento. Questo piccolo particolare non lo sta sottolineando nessuno.

Quali strumenti ha la magistratura per vigilare sull’intesa?

Sull’intesa non possiamo, né dobbiamo dire niente. Sono accordi internazionali che non ci riguardano. Il problema sarà nel momento in cui decideranno se quel tipo di trasferimenti, se li vogliamo chiamare così, debbano passare o meno per il vaglio dell’autorità giudiziaria. Se sono provvedimenti limitativi della libertà personale, e quindi incidono sui diritti soggettivi, sarà necessaria una convalida del giudice, che potrà essere quello ordinario o di pace. In quella fase ci sarà un controllo della legittimità del provvedimento.

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Cosa deve fare il governo per estendere la giurisdizione italiana oltremare?

L’accordo prevede che il territorio dei centri rimarrà albanese. Quindi avremo una giurisdizione particolare, su un territorio non italiano. Andrà dunque disciplinata la convalida dei provvedimenti indicando qual è il giudice competente. Territorialmente non si può stabilire una competenza su un fatto che avviene in Albania, fuori dal territorio italiano. Altro problema è il tribunale che esaminerà le impugnazioni dei dinieghi all’asilo decisi dalla commissione, che sarà in Albania. Dovrà stabilirlo una legge. Forse sarà indicato Roma o Bari.

Le sembra una «intesa storica» o una trovata elettorale, magari in vista delle europee?

Si colloca un po’ sulla falsariga di quella tra Gran Bretagna e Ruanda. Abbiamo visto che la Corte d’appello britannica ha annullato i provvedimenti considerando quei trasferimenti come «deportazioni». È chiaro che la Gran Bretagna dopo l’uscita dall’Ue non ha il problema di dover rispettare le direttive comunitarie. Noi sì. Sarà da vedere se l’Italia avrà la forza in sede europea di modificare l’articolo 38 di cui parlavo prima. Finché sarà in vigore in Albania potrà andare solo chi lo vuole o chi ha un legame con quel paese. Mi pare sia stata fatta una forzatura che inevitabilmente cadrà di fronte all’ossequio della direttiva Ue. Nordio lo sa benissimo, perciò dà quell’avviso.