Dopo il protocollo d’intesa Meloni- Rama oltre l’Adriatico i dubbi restano tanti. Ne parla Redi Muçi, docente al Politecnico di Tirana e portavoce del neo costituito partito di sinistra radicale Lëvizja Bashkë.

Come ha reagito l’opinione pubblica albanese alla notizia dell’accordo?
Aleggia un certo panico, dovuto al fatto paradossale che il primo ministro Rama ha rilasciato diverse interviste ai media italiani riguardo all’accordo, ma finora non ha preso alcuna posizione pubblica sui media albanesi e tanto meno ne ha discusso nel parlamento. I punti dell’accordo restano ancora nebulosi, ma le prime reazioni esprimono la diffusa preoccupazione che l’Albania possa riempirsi di profughi. Un deputato del partito di opposizione di destra ha affermato: «Non dobbiamo sostituire gli abitanti di Alessio (comune costiero adiacente alle località indicate dall’accordo) con gli africani» mentre sui social già si discute della possibilità di organizzare proteste. C’è preoccupazione per i problemi che potrebbero sorgere dalla presenza di rifugiati, dovuto al fatto che il numero di immigrati in Albania è sempre stato e rimane basso, il nostro Paese ha avuto sempre la caratteristica di essere un luogo di transito e non di destinazione.

Quali sono i benefici che il governo Rama trae da questo accordo?
L’Albania di Edi Rama sta avendo grosse difficoltà ad adeguarsi ai criteri imposti dall’Ue per l’integrazione. Questo sia in economia, che nel campo della giustizia e della lotta alla corruzione. Per questo Rama cerca una scorciatoia attraverso concessioni così indegne. Non è la prima volta che accade: nel 2013 propose l’Albania come luogo per smantellare le armi chimiche del conflitto in Siria, mentre qualche anno dopo tentò un accordo con lo Stato italiano per l’importazione e l’incenerimento dei rifiuti. Rama segue il modello di legittimazione con l’Ue già collaudato da alcune autocrazie, basti vedere gli accordi sui migranti di Erdogan o più recentemente quelli della Ue con Tunisia e Libia.

In nome di cosa avverrebbe questa cessione di sovranità?
Questo accordo fa emergere in controluce una sorta di dipendenza neocoloniale: l’Albania concede un diritto di extraterritorialità sul suo suolo nazionale, accordando uno spazio all’interno del quale vige la legge italiana. Una “Guantanamo Bay” per i rifugiati. Rama, in conferenza stampa, ha cercato di articolare un senso di obbligo degli albanesi nei confronti degli italiani come ricompensa all’emigrazione albanese degli anni ‘90. Ma nell’opinione generale albanese, questa rimane una vuota retorica che mira a coprire il fatto che gli ex paesi colonizzatori d’Europa intendono risolvere i problemi di cui sono primi responsabili semplicemente appaltandoli fuori dai loro confini.

Come è vissuto oggi nel paese il tema delle migrazioni?
Sfortunatamente, l’Albania non è un paese economicamente sviluppato che possa attrarre l’emigrazione economica. Al contrario, gli albanesi continuano a emigrare con un flusso continuo verso i paesi dell’Ue, a causa della povertà, della mancanza di prospettive e dell’assenza totale di diritti sul posto di lavoro. In una clamorosa intervista con il proprietario di una fabbrica di tessuti a Scutari che lamentava di non avere abbastanza manodopera, Rama disse che «bisognerebbe far venire i lavoratori dal Bangladesh, dal Pakistan, perché non parlano l’albanese e non si perdono in chiacchiere, non parlano di libertà, democrazia». Questa è la considerazione per i diritti che ha la nostra classe politica.