Economia

Manovra, la coperta corta di Meloni: bonus al vento, tagli per tutti

La conferenza stampa del governo foto LaPresseLa conferenza stampa del governo – foto LaPresse

Bilancio Approvato il disegno di legge di bilancio: taglio del cuneo, riforma Irpef e privatizzazioni. Stanziati 28 miliardi, 10 per la decontribuzione, 5 ai contratti pubblici

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 17 ottobre 2023

Per costruire la nuova legge di bilancio, la prima «vera» del governo Meloni, sono stati necessari simbolici «schiaffoni ai ministri» per tagliare del 5% le spese dei loro dicasteri. Sarà inoltre imbavagliato il parlamento al quale sembra che sarà negata la libertà di presentare emendamenti. Si prospettano tagli lineari per finanziare i rinnovi contrattuali nella pubblica amministrazione da 5 miliardi di euro, i fondi alla sanità o il taglio del cuneo fiscale. Ed è stato concepito un mostruoso piano di privatizzazioni per svuotare l’oceano del debito pubblico con un cucchiaino. C’è un regalo all’Ego elettorale di Salvini per finanziare il Ponte sullo Stretto con i soldi pubblici, nonostante l’austerità.

È QUESTO il costo politico della legge di bilancio «seria» e «prudente», ma pur sempre con una «coperta corta» da 28 miliardi di euro, varata ieri dal consiglio di ministri. In conferenza stampa la presidente del Consiglio ha lodato Meloni rapidità della decisione. Niente di nuovo, è il solito disco rotto. Meloni & Co. non sono i primi ad assumere il piglio «decidente» dei politici che si travestono da manager. In realtà, basta guardare il calendario istituzionale, erano con l’acqua alla gola. Per trovare la quadra tra il realismo capitalista e la propaganda identitaria in una manovra che rischia di essere spiazzata dagli effetti sul costo del petrolio della guerra tra Israele e Hamas, il governo ha atteso l’ultima minuto utile prima di inviare il documento di programmazione di bilancio alla Commissione Europea. Ieri, infatti, scadeva il termine stabilito da Bruxelles.

AI CUSTODI dei conti, con la scomposta Ursula Von Der Leyen alla ricerca di una riconferma alla presidenza della Commissione, il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha chiesto di nuovo comprensione per una «manovra» che ha gonfiato la stima del Pil, non rispetta nessuno dei parametri di Maastricht nei prossimi tre anni, anche se applica la sua disastrosa logica economica. «Sono confidente – ha detto Giorgetti ieri in conferenza stampa – quando la manovra sarà letta nel particolare, potrà avere una favorevole valutazione da parte dell’Ue e dei mercati». È un messaggio: se la Commissione non gradirà le previsioni gonfiate sul Pil (1,2%) o quelle sull’extra-deficit (+4,3%), senza contare quelle sul debito, potrebbe scattare la «fase 2»: la farlocca rampogna «contro l’Europa». Giorgetti ieri ha ironizzato: «Miracolosamente questo governo di sovranisti e populisti ha rispettato le scadenze». Se il commissario Ue all’economia Gentiloni e i suoi colleghi chiederanno modifiche a Roma borbotteranno ma non tarderanno a sbattere i tacchi. Come tutti. «Sovranisti», o meno.

MA VISTO che del futuro non c’è certezza, è il momento del populismo di maniera. Giorgetti ha detto di avere preso a «schiaffoni tutti i ministri a beneficio degli italiani con redditi medio bassi». «È la dimostrazione della coscienza che ha la classe politica che è al governo». Una coscienza incosciente. Si rivendica di usare il deficit (16 miliardi su 28 di manovra) e finanziare la decontribuzione previdenziale per i lavoratori a basso reddito, la riforma dell’Irpef (4,5 miliardi) o i bonus effimeri contro l’inflazione. Ma solo per un anno. È l’aspetto più problematico di una manovra che tampona il crollo del potere d’acquisto dei salari medio-bassi con i soldi di tutti. Così facendo i soldi messi in busta paga dal taglio del cuneo fiscale (10 miliardi in totale: +1.280 euro in busta paga per redditi fino a 27.500) non solo non bastano per recuperare l’inflazione, ma sono un’ipoteca sulla prossima legge di bilancio. Per rientrare dal deficit fatto oggi il governo potrebbe riprendersi i soldi domani.

UN MILIARDO di euro è stato confermato per le politiche familiari, un capitolo importante nel libro della destra. Lo Stato pagherà i contributi previdenziali a carico del lavoratore per le madri con due figli o più. L’obiettivo sarebbe quello degli asili nido gratis dal secondo figlio in poi. Però questa misura nella manovra non c’è . Si dice che sarà rafforzato il bonus asili nido, con un aumento di oltre 150 milioni di euro. Per Meloni questa misura, insieme alla decontribuzione, basterebbe per «smontare la narrativa per cui la natalità è un disincentivo al lavoro».

CAPITOLO PRIVATIZZAZIONI: 20 miliardi di euro in tre anni. Banca Mps, Ita Airways dopo l’avvio della cessione a Lufthansa del pacchetto di minoranza della compagnia, Ti, con le offerte di Kkr per rilevare Netco e per Sparkl. Ci sono anche le Poste. La privatizzazione del gruppo e’ iniziata a fine 2015 e il Tesoro ha ceduto al mercato il 34,7% del capitale, incassando più di 3 miliardi di euro. La ricetta è in voga dagli anni Novanta: l’illusione di tagliare il debito facendo cassa sulle partecipate, invece di fare investimenti e lottare contro l’evasione fiscale.

«LA VERA CIFRA della manovra è: chi vivrà, vedrà» ha commentato Antonio Misiani (Pd). Per Peppe De Cristofaro (Avs) «Ci sono solo bonus e niente di strutturale. Impedire alle camere di migliorare testo è un colpo a democrazia». «Come si può pensare di utilizzare 12 miliardi di euro per il Ponte – domanda Angelo Bonelli (Verdi) – in un paese in ginocchio dal punto di vista del trasporto pubblico locale e dei servizi?»

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