«Pensionamento restrittivo», Giorgetti ammette i tanti tagli
«L’accesso al pensionamento anticipato sarà molto più restrittivo». Detto dal ministro dell’Economia che fa parte del partito che in campagna elettorale aveva promesso la «cancellazione della riforma Fornero» e parla, in conferenza stampa, di fianco al suo segretario nonché vicepremier che fino a ieri ha parlato di «Quota 41» come «obiettivo raggiungibile già quest’anno», sembra veramente una presa in giro per pensionandi e pensionati. La coppia Giorgetti-Salvini ha evidentemente sprezzo del ridicolo. Anche nel cercare di far passare come «uno sforzo notevole a favore dei pensionati» l’aver anticipato a novembre la «perequazione» fra l’inflazione programmata (7,3%) e quella reale (8,1%) sarà pagato al 100% però solo per i pensionati che hanno un assegno fino a 4 volte la pensione sociale – circa 1.700 euro netti – mentre per tutti gli altri verrà tagliato esattamente come l’anno scorso. La «beffa» rischia però di arrivare a stretto giro per tutti i pensionati: a novembre lo stesso Giorgetti dovrà fissare l’inflazione prevista nel 2024 (5,5%) per la rivalutazione degli assegni e potrebbe fare ulteriore cassa sui pensionati, già penalizzati dal metodo di calcolo biennale deciso nel 2022 dal governo Meloni.
Meloni ha poi spacciato come grande favore ai giovani la cancellazione della norma che oggi impone di restare al lavoro fino a quando i contributi versati non hanno assicurato una pensione pari a 1,5 volte l’assegno sociale – e cioè un importo di circa 760 euro al mese. Così invece, maturati i 20 anni di contributi, e raggiunto il requisito anagrafico, sarà possibile andare con una pensione. Con assegno da fame, a causa della precarietà e dei buchi previdenziali. Ma questo Meloni lo ha omesso
Ritornando ai pensionandi, il manifesto ha per tempo denunciato il flop e l’iniquità dell’allora Quota 100 e seguenti – 101, 102, 103 – e la pochezza della copertura di Opzione Donna, strumento che ogni anno permetteva a poco più di una decina di migliaia di lavoratrici di andare in pensione in cambio di un taglio perenne del 30% dell’assegno. Detto questo, la cancellazione di questi due strumenti più l’Ape social, è certamente un salto nel buio. In attesa che i testi ufficiali siano pubblicati in Gazzetta ufficiale, Meloni e Giorgetti hanno parlato della creazione di un «fondo unico di accompagnamento alla pensione». L’impressione è che anche in questo caso siamo davanti a un taglio mascherato da nuovo nome. Giorgetti ha infatti precisato che le indiscrezioni su «Quota 104» non sono veritiere: «Abbiamo alzato i requisiti di età anagrafica (oggi servono 62 anni di età, ndr) fermo restando i 41 anni di contributi per accedere alla pensione. C’è la modifica del requisito e non delle finestre – ha dichiarato Giorgetti – non è quota 104 piena, c’è un meccanismo di incentivi a permanere al lavoro e una penalizzazione per quelli che decidono di andare in pensione prima». Si tratta della cosiddetta «norma Maroni»: stesso autore di «Opzione donna» nel 2005 e altro leghista. Un partito ormai palesemente nefasto per pensionati e pensionandi.
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