Il presente nella visione di Ken Loach, Paul Laverty e Rebecca O’Brian, la «storica» produttrice del regista inglese non è mai scontato anche se loro sanno sempre con precisione da che parte stare. Non si tratta però semplicemente di schierarsi, ciò che conta è piuttosto dare voce alle storie che della nostra realtà sono parte, e la mappa che tracciano film dopo film è precisa, dettagliata, sa come convocare una classe politica indifferente e sempre meno vicina ai bisogni dei cittadini, una sinistra che ha perduto i propri legami con chi doveva rappresentare, la disperazione che spesso si fa rabbia, e altre volte frustrazione di una moltitudine invisibile. Lo stesso accade in questo nuovo The Old Oak, presentato in concorso a Cannes, che il festival di Locarno ha inserito nel programma per la Piazza Grande dove è stato accolto ieri sera con grandissima emozione e calore.

La redazione consiglia:
Ken Loach, il volto disumano del libero mercato nella crisi sanitariaCOSA RACCONTA questo film il cui titolo, The Old Oak, «La vecchia quercia»- in Italia uscirà il prossimo 25 ottobre – viene dal nome dell’unico pub rimasto aperto nella piccolissima città nel nord dell’Inghilterra dove si svolge? Un paesaggio di miseria e insoddisfazione, lo stesso che era nei precedenti film di Loach, Sorry We Missed You e Io, Daniel Blake. Chi è rimasto lì si sente tradito da tutti, governi, sindacati, partiti: c’erano le miniere e le hanno chiuse, hanno lottato ma hanno perso. Da allora nessuno si è interessato alla loro sorte, in molti sono andati via, i negozi, le scuole hanno cominciato a chiudere, persino le chiese li hanno abbandonati. Non c’è niente, manca il lavoro, manca il futuro, si sopravvive come si può. A un certo punto nel villaggio viene collocato un gruppo di profughi siriani, basta la notizia ancor prima del loro arrivo perché esplodano il razzismo e le rivendicazioni di chi vede in loro la causa del proprio malessere, e negli aiuti che gli vengono dati dal governo e dalle associazioni – cibo, giochi, vestiti – un ulteriore oltraggio alla povertà «locale» che invece è ignorata.

«LE FORZE POLITICHE di destra crescono alimentando l’ odio contro dei capri espiatori che oggi sono i migranti. Abbiamo deciso di tornare nella contea di Durham dove avevano già lavorato proprio perché è abbandonata dalle istituzioni e dalla politica, e dopo la chiusura delle attività industriali è stata dimenticata da tutti, conservatori e laburisti. Dai primi nessuno si aspetta nulla, dai secondi si sentono traditi. Molte famiglie sono emigrate altrove, i negozi, le scuole, le biblioteche hanno chiuso. In questo contesto l’estrema destra ha trovato un terreno su cui prosperare. Ken Loach, è a Locarno insieme a Paul Laverty come sempre pieno di energia, battagliero e convinto che se ci si impegna a fondo le cose possono cambiare. L’importante è non arrendersi, pure se da parte sua, nell’incontro coi giornalisti «minaccia» di ritirarsi – «“C’è sempre quel momento in cui devi riconoscere che gli anni che passano. Non penso che farò un altro film come questo, forse qualcosa di più piccolo, o un documentario».
Ma cosa ha spinto Loach a ritrovare gli stessi luoghi dei suoi ultimi due film? «Con Io, Daniel Blake e Sorry We Missed You abbiamo lavorato prima sulla realtà di uno stato che nega a chi è in difficoltà il sussidio necessario per vivere e non fare la fame. E poi su chi come il protagonista di Sorry We Missed You è costretto a lavorare oltre 12 ore al giorno senza uscire dal suo stato di povertà. Attraverso la vicenda dei profughi siriani insieme a Paul (Laverty) volevamo mettere in luce come in quella situazione così devastata socialmente anche la solidarietà che un tempo c’era e era forte si è perduta. Del resto basta vedere cosa accade in Gran Bretagna con un premier nato da genitori indiani come Rishi Sunak che invece di essere più sensibile nei confronti dei migranti manifesta un atteggiamento razzista che ha ulteriormente aggravato la situazione. Purtroppo questa classe dirigente si preoccupa solo di difendere il mercato».Le forze politiche di destra crescono alimentando l’odio contro dei capri espiatori che oggi sono i migranti. Questa classe dirigente si preoccupa solo di difendere il mercato

LA SCOMMESSA di Loach (e del suo film) è invece radicalmente di segno opposto e cerca di ritrovare un sentimento di comunità. Nella sua storia accade attraverso le due figure protagoniste, Yara (Ebla Mari) una giovane siriana che ha perso molto nella guerra e T.J. (Dave Turner), il proprietario del pub anche lui ferito dalla vita. Insieme, guardando nelle memorie reciproche proveranno a costruire un incontro come alternativa all’indifferenza e alla solitudine. «Mangiare insieme è stare insieme» dicevano i minatori nelle loro battaglie, sarà così per Yara contro il razzismo.
«Chi ci governa favorisce la disperazione, l’assenza di speranza che è invece fondamentale per produrre un cambiamento. Per noi la speranza è una questione politica, essere solidali è una forma di resistenza più forte dell’estrema destra. Possiamo sconfiggere la loro propaganda, non dobbiamo cedere a quella di figure come Le Pen o come la premier italiana Giorgia Meloni».dice Loach. A esempio prende la questione della Brexit contro cui lui ha votato e che invece è stata sostenuta da tante persone della classe operaia: « È stato un voto contro i laburisti da cui si sentivano traditi» spiega il regista. E aggiunge: «Garantire a ognuno lavoro e dignità deve essere l’agenda per la sinistra».