Visioni

«Holy Electricity», incontri sghembi ai confini d’Europa

«Holy Electricity», incontri sghembi ai confini d’EuropaUna scena da «Holy Electricity» di Tato Kotetishvili

Locarno 77 Il miglior film del concorso Cineasti del Presente è del regista georgiano Tato Kotetishvili. Un'altra faccia di Tbilisi tra perizia e improvvisazione

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 18 agosto 2024
Luca MossoLOCARNO

È andato all’outsider Tato Kotetishvili il premio dei Cineasti del presente di Locarno 24. Holy Electricity è un’operina aggraziata che nasconde le sue ambizioni dietro l’apparenza dimessa dei suoi protagonisti – né eroi né dannati, simpatici un po’ per inerzia – colti in un girovagare con poche elementari mete nella Tiblisi contemporanea.

ALLA MORTE del padre, Gonga (Nika Gongadze) si avvicina al cugino Bart (interpretato dall’attivista trans Nikolo Ghviniashvili), sempre indebitato e perennemente alla ricerca di denaro, e con lui attraversa la città, incontrando gente e cogliendo qualche improvvisa, eccentrica manifestazione del reale che per un momento sembra dare senso alla camminata. Se l’accurata messa in quadro che valorizza l’autosufficienza narrativa delle singole scene denuncia la perizia compositiva dell’autore (che ha una formazione da direttore della fotografia) d’altra parte la grande consapevolezza nell’uso del fuori campo produce salti drammatici e connessioni illuminanti.

DOPO AVER DATO una forma al neon a dei crocifissi metallici trovati quasi per caso e aver intrapreso una stramba campagna di vendita porta a porta, i due finiscono per dividersi. Bart finisce appeso a testa in giù, mentre il cugino intravvede un’ipotesi di futuro.
Grazie a un incidente ai danni del cane di una ragazza – una scena straordinaria per la combinazione di improvvisazione e perizia – il film si apre a una storia d’amore implosa e claudicante. Lui e lei sono come tutti i ragazzi, ma hanno passato i vent’anni: viene da sorridere a dover considerare l’adolescenza come a una condizione slegata dall’età, ma ritrovare rapporti mancati, ma mancati di poco, come in un vecchio Jarmusch, senza nemmeno un coro tardo punk ad accompagnarci, fa tenerezza. Alla periferia dell’Europa, al centro del festival di Locarno.

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