Adesso, con le dimissioni di Katalin Novák da presidente della Repubblica, l’Ungheria è rimasta senza donne nell’ambito delle cariche politico-istituzionali. Già il governo di Vitkor Orbán è ormai una squadra solo al maschile; questo da quando Judit Varga ha lasciato la poltrona di ministra della Giustizia per guidare la campagna elettorale relativa al voto europeo del prossimo giugno.

Anche nel suo caso ci sono sviluppi, ma andiamo per gradi e torniamo alle dimissioni di Novák. Esse sono state rassegnate in relazione a un episodio risalente all’anno scorso; episodio che, reso noto di recente, ha provocato indignazione diffusa nel paese. Si parla della grazia concessa dall’ormai ex presidente nell’aprile del 2023 all’ex vicedirettore di un istituto per minori che era stato condannato nel 2022 a oltre tre anni di carcere per aver coperto gli abusi sessuali su minori del suo superiore. La grazia era stata concessa in occasione della visita di papa Francesco a Budapest.

Rivelato dal sito d’informazione 444, che a quanto pare ha competenza in termini di giornalismo investigativo, l’episodio ha portato l’opposizione a chiedere le dimissioni e suscitato sdegno e rabbia nel paese. Dimissioni giunte attraverso un annuncio in cui la Novák ammetteva di aver sbagliato. “Mi scuso con coloro che ho ferito e con tutte le vittime che ritengono di non essere state da me sostenute. Sono sempre stata e resterò a favore della protezione dei minori e delle famiglie”, ha detto.

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Così, dopo neanche due anni dal suo insediamento, finisce l’esperienza da capo di Stato di Katalin Novák, una fedelissima di Orbán.

46 anni, sposata e madre di tre figli, la medesima è stata vicepresidente del partito governativo Fidesz fra il 2017 e il 2021 e ministra senza portafoglio delle politiche familiari fra il 2020 e il 2021. È una convinta sostenitrice della cosiddetta “famiglia tradizionale”, ha rappresentato più volte l’Ungheria, per conto del suo primo ministro, al Congresso Mondiale delle Famiglie e condivide pienamente l’agenda natalista dell’esecutivo.

A dicembre del 2021 Orbán aveva annunciato a sorpresa la sua candidatura alle elezioni presidenziali svoltesi l’anno dopo. Eletta con 137 voti a favore su 193, la Novák è stata la prima presidente donna nella storia dell’Ungheria. La sua elezione, però, non è stata un successo nel percorso verso pari opportunità fra i sessi; d’altra parte l’interessata sembra si sia sempre trovata a suo agio in un sistema di potere che promuove e diffonde un’immagine della donna legata a ruoli di genere tradizionali.

Né si può dire di meglio sul piano del suo spessore di figura politica: “la penna a sfera di Orbán”, così, secondo il racconto di Júlia Vásárhelyi, intervistata dal Manifesto nei giorni scorsi sul caso Salis (Júlia Vásárhelyi: “Orbán e la sua banda hanno demolito la giustizia”, 14 febbraio 2024), veniva chiamata la Novák in quanto, racconta l’intervistata, “firmava, senza guardare, tutto ciò che le veniva messo sulla scrivania”. Insomma, uno strumento, fra i vari, nelle mani del premier. A quanto pare, anche la Varga aveva quella valenza.

Quest’ultima, dimissionaria da ministra della Giustizia per guidare la campagna elettorale europea, ha rinunciato anche a questo incarico. Il suo annuncio, ha seguito di poco – questione di minuti – quello proveniente dalla presidenza della Repubblica. Così la Varga ha reso nota la sua decisione di “ritirarsi dalla vita pubblica” per aver dato, all’epoca della grazia contestata, la sua approvazione come ministra. “Rinuncio al mio mandato di deputato e di capolista al Parlamento europeo” ha dichiarato su Facebook.

Insomma, tutto da rifare per la massima carica dello Stato, ma adesso gli ungheresi che non stanno con il Fidesz temono che venga eletto un altro membro del partito di governo. Come non capirli?