E’ toccato alla commissione Libertà Civili (Libe) del Parlamento europeo dare il via libera, con ampia maggioranza, al Pacchetto immigrazione e asilo, confermando così l’accordo politico trovato tra gli eurodeputati e i governi dei 27 nel Trilogo dello scorso dicembre. In questo modo si avvicina a grandi passi l’approvazione definitiva di un insieme di provvedimenti (nove tra regolamenti e direttive) che, una volta validati dalla plenaria dell’Eurocamera ad aprile e dai governi europeo in sede di Consiglio successivamente, avrà riformato le regole dell’accoglienza dei migranti entro la scadenza delle elezioni europee di giugno. 

Peggiorandole, accusano ong e organizzazioni per i diritti dei migranti. Fortemente critiche sul via libera Sinistra, Verdi, M5S che si sono espressi contro. Favorevoli popolari del Ppe, liberali di Renew e Socialisti del gruppo S&D. Con l’eccezione dei dem italiani, rappresentati in commissione Libe da Pietro Bartolo – il medico di Lampedusa eletto eurodeputato nelle liste Pd nel 2019 – che esprimendo voto contrario punta il dito contro le “troppe ombre di diritti fondamentali di migranti e richiedenti asilo”.

Onorevole Bartolo, queste nuove regole arrivano dopo un iter legislativo lungo (la proposta della Commissione Von der Leyen risale al 2020) ed estremamente complesso. Sembrerebbe che non ne è valsa la pena.  È deluso?

È la montagna che ha partorito il topolino. Quattro anni di intenso lavoro, decine di incontri politici e tecnici, per ottenere infine un risultato inaccettabile. Direi anzi che quello che sarà approvato dall’Ue è perfino peggiorativo rispetto allo status quo: vengono ulteriormente violati i diritti umani e i migranti saranno trattati ancora peggio di oggi. Solo sul file per la gestione dell’asilo e della migrazione (definito con l’acronimo Ramm ndr), di cui ero relatore per l’Eurocamera, ho visto un piccolo passo avanti rispetto alla situazione attuale. È l’unico provvedimento del pacchetto per cui ho votato a favore. 

Però non viene superato il Regolamento di Dublino, che affida il migrante ai paesi di primo approdo. 

In origine il Parlamento voleva un meccanismo per ricollocare l’80% dei migranti. Nel Trilogo siamo riusciti comunque a mantenere una quota di trasferimenti per 30.000 migranti l’anno, ma alla fine è diventato un meccanismo flessibile, anziché obbligatorio come doveva essere. Gli Stati possono infatti pagare anziché accogliere, e 20.000 euro è il prezzo per una persona. Palesemente il governo italiano è stato sconfitto: il peso maggiore rimane infatti ai paesi esposti agli arrivi, come il nostro. Alla fine, ha vinto chi si oppone all’immigrazione, anche culturalmente. Ha vinto Orban. 

Alla vigilia del voto in commissione Libe, decine di ong riunite in un network europeo (tra queste Action Aid, Save the Children, Sea Watch e Refugee Welcome Italia) hanno sottoscritto un appello dell’ultimo minuto per chiedere a voi europarlamentari di bloccare il pacchetto. Non è andata così, l’iter va avanti spedito e incurante degli allarmi lanciati. Le chiedo: di chi è la colpa? 

Ci sono state molte pressioni da parte di diversi governi, anche di quello spagnolo, che aveva la presidenza di turno e gestiva gli accordi tra istituzioni, per chiudere quanto prima. Nel negoziato di dicembre si è andati al negoziato per raggiungere l’intesa politica, le trattative sono stati estenuanti, sono durate due notti e tre giorni. Alla fine il Consiglio, che ha il coltello dalla parte del manico, ha imposto il suo potere. Il Parlamento è si solito più debole, ma forse in questo caso lo è stato fin troppo. 

E cosa si potrà fare per invertire la rotta? 

Mi auguro che nel prossimo futuro si possa tornare a quella politica che ha dentro anche l’umanità. Perché di cosa stiamo parlando, se non di esseri umani? C’è chi, tra i ministri del governo italiano o tra gli esponenti istituzionali, li definisce “carico residuale”, come fosse merce avariata da rispedire indietro. Qualcuno parla di “sostituzione etnica”, come se non fosse un dato di fatto che le persone sono frutto di incontro di culture e di popoli. Poi chissà, un giorno potremmo essere noi, a causa dei cambiamenti climatici, a dover migrare. A dover chiedere aiuto a qualcuno, trovandoci poi magari un filo spinato, un muro, o a essere respinti dagli idranti dentro una foresta.