Politica

Salvini chiama tutti a Pontida. Orbán: «È il nostro eroe»

Salvini chiama tutti a Pontida. Orbán: «È il nostro eroe»

L’avvocata Bongiorno pensa al processo e abbassa i toni: «Piena fiducia nella magistratura»

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 17 settembre 2024

Di fronte al federale della Lega convocato d’urgenza nella sala Bruno Salvadori della Camera, Matteo Salvini e la sua avvocata nonché parlamentare Giulia Bongiorno si dividono le parti in commedia. Il vicepremier si occupa della propaganda, mette a profitto l’occasione per tirarsi fuori dal cono d’ombra offertagli dalla richiesta di condanna pesante per il caso Open Arms. Lei guarda al processo e alla sentenza e adopera toni opposti. L’imputato si scaglia contro «il processo politico», il tentativo di «attacco contro il governo», la manovra fellona contro la difesa dei confini nazionali. Del resto l’ordine del giorno dell’assemblea parlava da solo: «Iniziative della Lega per difendere la Democrazia, il voto popolare e la sicurezza dei cittadini messi a rischio da una sinistra anti-italiana che usa i Tribunali per le sue vendette politiche».

La condanna non comporterebbe problemi per il governo perché sarebbe una condanna politica. Salvini stavolta ha ragione e se lo dico io… Antonio Tajani

Quel dire e non dire, insomma… Se il tribuno alza gli amplificatori al massimo, Giulia Bongiorno mette la sordina: «Piena fiducia nella magistratura però nel processo ci sono anomalie. Confidiamo in una maggiore attenzione per le carte e in una conclusione favorevole».

LA MOBILITAZIONE, nonostante i toni soffusi della principessa del foro, ci sarà. Salvini promette che quella del 6 ottobre si trasformerà in una «Pontida internazionale». Non annuncia la presenza di questo o quel leader della destra ma è probabile che delegazioni folte e autorevoli arrivino davvero. Viktor Orbán, il vero capo della destra europea che venerdì prossimo a Budapest avrà per ospite il perseguitato italiano, non frena l’impeto. Saluta in Matteo «il nostro eroe», lo proclama «il più coraggioso patriota d’Europa». Probabile che altrettanto trasporto mostrerà Elon Musk nell’incontro che il capo leghista conferma essere in programma a breve. «Daremo battaglia nelle istituzioni e nel territorio», promette il vice Andrea Crippa. Prima ancora però, già dal prossimo week end, partirà la raccolta di firme di solidarietà e il capo leghista punta stavolta a fare il pieno non solo fra i suoi elettori ma fra quelli dell’intera destra.

Il gioco delle parti tra Salvini e Bongiorno riflette l’oggettiva ambivalenza della vicenda. Che si tratti di un’occasione d’oro è evidente e Salvini nemmeno prova a nascondere l’intenzione di sfruttarla sino all’ultima goccia. Ma il rischio è reale e quei sei anni di galera l’imputato eccellente li teme davvero, anche perché si è convinto, a torto o a ragione, che la sentenza sarà di condanna. Il doppio binario s’impone.

IN UN PUNTO PERÒ I MODI scalmanati del capo e l’attenzione al risultato della legale coincidono. Perché la minaccia è doppia: c’è quella giudiziaria ma anche quella politica: Salvini deve rendere impossibile per gli alleati scaricarlo in caso di condanna. Esasperare ulteriormente i toni serve anche a questo e si può già dire che la strategia funziona. Giorgia Meloni non ha alcun piacere nel ritrovarsi appiattita sulla linea dell’ex ministro degli Interni, lei che dalle sparate sul blocco navale è passata a una linea abbracciata dall’intera Europa. Però ha dovuto adattarsi e fare muro intorno al suo vice. L’intero governo e il presidente del Senato Ignazio La Russa hanno sguainato la sciabola denunciando più esplicitamente di quanto sia mai avvenuto in passato la manovra politica, la persecuzione, l’attacco al cuore del governo. L’opposizione strilla, Elly Schlein denuncia l’intromissione indebita della premier nell’autonomia togata. Ma stavolta la maggioranza, che le piaccia o no, deve disporsi a testuggine.

ANCHE FORZA ITALIA, cioè il partito della maggioranza più distante dai ruggiti del leghista e meno favorevole alla linea adottata dall’allora ministro degli Interni, si schiera. Con molti distinguo ma senza esitazioni. Qualcuno lo fa più apertamente, come Licia Ronzulli: «I giudici dovrebbero applicare le leggi, non contestarle. Qui c’è la richiesta di condanna dell’operato di un governo». Antonio Tajani prova a mantenere qualche distanza, dissente quasi esplicitamente dalla politica dei respingimenti praticata dall’imputato di Palermo. Poi però lo blinda: «La condanna non comporterebbe problemi per il governo perché sarebbe una condanna politica. Non sono sempre d’accordo con Salvini ma stavolta ha ragione e se lo dico io…».

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.



I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento