«L’Egitto non è un paese sicuro». E il richiedente asilo torna libero
Migranti Il tribunale di Catania non convalida il trattenimento. Primo caso dopo la riapertura della struttura detentiva di Pozzallo
Migranti Il tribunale di Catania non convalida il trattenimento. Primo caso dopo la riapertura della struttura detentiva di Pozzallo
È un segnale d’allarme per tutta la strategia del Viminale quello arrivato ieri dal tribunale di Catania. I giudici etnei, che nello scorso autunno furono attaccati dal governo per le analoghe ordinanze della giudice Apostolico e dei colleghi, non hanno convalidato il trattenimento del primo richiedente asilo finito nel centro di Pozzallo dopo la recente riapertura. Stavolta le motivazioni sono diverse da quelle usate, caso per caso, dai magistrati di Palermo per le richieste ricevute dalla struttura detentiva di Porto Empedocle. Potrebbero avere una portata più generale, sebbene l’effetto della decisione in sede civile riguardi sempre e solo il caso singolo.
Dietro le sbarre di Pozzallo è stato rinchiuso un cittadino egiziano sbarcato il 10 settembre. Il giorno seguente il presidente della commissione territoriale per l’asilo ha disposto l’applicazione della procedura accelerata di frontiera perché l’Egitto è nella lista dei 22 «paesi sicuri» aggiornata dal governo lo scorso 7 maggio. Così il questore di Ragusa ha disposto il trattenimento. Secondo il tribunale siciliano, però, ci sono «ragioni idonee» a dubitare che nello Stato in mano all’ex generale Al-Sisi ricorrano tutte le condizioni necessarie a ritenerlo sicuro. E questo riguarda certamente la situazione specifica del migrante in questione, che afferma di aver subito una condanna a tre anni per una vicenda a cui è totalmente estraneo, ma la ricchezza delle fonti usate a sostegno del provvedimento di non convalida fa pensare che il dubbio sulla sicurezza dell’Egitto sia generale.
La redazione consiglia:
Pozzallo, riapre l’hotspot: prima richiesta di convalidaL’ultimo rapporto del Comitato sulla tortura delle Nazioni unite, Tortura e altre forme di pena o trattamento inumano e degradante, denuncia un uso sistematico dei maltrattamenti da parte della polizia. Il report 2024 di Amnesty International documenta numerose violenze contro i detenuti: rifiuto dell’assistenza sanitaria, isolamento prolungato, bombardamento luminoso, sorveglianza continua. Sempre quest’anno il dipartimento di Stato Usa ha scritto che «polizia e guardie carcerarie abusavano regolarmente dei detenuti, compresi i bambini, attraverso percosse, scosse elettriche, abusi psicologici e aggressioni sessuali». Del resto come dopo i casi Regeni e Zaki l’Egitto possa essere ritenuto sicuro è una domanda a cui Meloni dovrebbe rispondere.
Perché su questo la normativa Ue e quella italiana sono molto nette: per la «sicurezza» non basta l’assenza di atti di persecuzione, tortura o trattamenti inumani, ma devono essere rispettati diritti e libertà previsti dalle principali convenzioni internazionali ed è necessario funzioni «un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà». Significa che sono «sicuri» solo i paesi dove vale lo Stato di diritto. Difficile credere, per fare due esempi, che tali prerogative esistano nella Tunisia di Kais Saied – dove i candidati d’opposizione sono arrestati, i giornalisti silenziati, i giudici perseguitati – o nel Bangladesh dove fino a poche settimane fa governava Sheikh Hasina, cacciata a furor di popolo dopo aver represso nel sangue, con centinaia di vittime, le proteste.
La redazione consiglia:
La detenzione nel centro di Porto Empedocle, un esperimento contro la CostituzioneIl decreto sui paesi sicuri è semplicemente una finzione utilizzata, dal 2019, per limitare il diritto di asilo di alcuni richiedenti, spesso quelli in testa alle classifiche degli sbarchi. Le stesse schede che le autorità italiane producono a sostegno delle loro valutazioni sono piene di contraddizioni ed eccezioni, per esempio rispetto a categorie di persone a rischio (oppositori politici, soggetti lgbtqia+, etc). Una possibilità prevista dalla vecchia direttiva europea del 2005, ma non da quella che l’ha sostituita nel 2013: tanto che i tribunali di Brno (Repubblica ceca) e Firenze hanno chiesto alla Corte di giustizia Ue se in presenza di esclusioni geografiche e sociali un paese possa comunque essere considerato sicuro.
La Cassazione, invece, dovrà esprimersi su un quesito posto dal tribunale di Roma: il giudice ha il potere di verificare l’effettiva sicurezza del paese o è vincolato automaticamente alla lista? L’udienza è prevista a inizio dicembre, l’esito è molto importante in relazione alla strategia governativa del trattenimento durante le procedure accelerate di frontiera. Centri in Albania compresi.
Intanto ieri il tribunale di Palermo ha detto No alla detenzione di sei richiedenti asilo a Porto Empedocle: cinque egiziani e uno del Bangladesh.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento