Ora è ufficiale a Varsavia. Il risultato delle elezioni parlamentari di domenica scorsa non lascia scampo alla destra populista di Diritto e giustizia (Pis). La formazione di Jarosław Kaczynski ha battuto tutti alle urne, ma i 194 seggi su 460 ottenuti al Sejm, la camera bassa del parlamento, premiano le forze all’opposizione.

NESSUNA SORPRESA invece sul fronte della distribuzione geografica dei consensi. D’altronde allo stato attuale la Polonia resta un paese che cresce a due velocità. La «Polonia B» composta dalle regioni più arretrate situate ad est della Vistola ha votato soprattutto per il Pis. Mentre la maggioranza dei votanti della «Polonia A», quella ad ovest del fiume, ha optato per uno dei partiti all’opposizione. Ai liberali di Piattaforma civica (Po), insieme alla coalizione Lewica (Sinistra) e ai centristi di Trzecia Droga (Terza Strada), l’arduo compito adesso di mettere in piedi un governo.

Una vittoria niente affatto scontata visto che il Pis, oltre ad agitare lo spauracchio dell’immigrazione attraverso un referendum finanziato con fondi pubblici (che non ha raggiunto il quorum), beneficia da 8 anni a questa parte di un’incessante propaganda offerta dalla televisione pubblica filogovernativa Tvp. «Benché ci sia stata competizione alle elezioni in Polonia, abbiamo riscontrato un arretramento sul piano dei meccanismi di verifica ed equilibrio con il partito al governo che ha cercato di ottenere un controllo ancora maggiore sulle istituzioni statali quali tribunali e mezzi di informazione pubblici», ha dichiarato il deputato spagnolo Pere Joan Pons a nome della delegazione dell’assemblea parlamentare dell’Osce, inviata la settimana scorsa a Varsavia per seguire le elezioni.

SE SI RAGIONA SOLTANTO sui numeri Po, Sinistra e Terza Strada sono in una botte di ferro potendo contare insieme su 248 deputati. Ma l’inquilino più importante del Palazzo del Belweder, sede ufficiale del presidente della Polonia, si chiama Andrzej Duda, giurista cracoviano in forza al Pis e alle prese con un secondo mandato presidenziale.

NEGLI ULTIMI ANNI Duda è ricorso più volte al veto nei confronti dei colleghi di partito in ambiti come giustizia e scuola. Figuriamoci se non proverà a stoppare l’opposizione. Nella migliore delle ipotesi ci vorranno almeno due mesi per comporre un nuovo governo. Duda potrebbe incaricare il Pis di formarlo anche se il partito fondato dai gemelli Kaczynski i numeri non li ha. Sebbene condannati a incassare la sfiducia del Sejm, populisti e sovranisti sperano comunque in questo modo di guadagnare qualche settimana per convincere i 65 deputati di Terza Strada a passare dalla loro parte.

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Uno scenario alquanto improbabile, visto che i vertici dell’alleanza gialloverde, formata dai centristi di Polska 2050 e dai ruralisti del Partito Popolare Polacco (Psl), hanno tenuto a mettere subito le cose in chiaro: «Escludo una coalizione con il Pis visto che ci siamo presentati alle urne con lo slogan “O la Terza strada oppure il terzo governo del Pis”», ha dichiarato lunedì Władysław Kosiniak-Kamysz, numero uno del Psl, alla stazione radiofonica Rmf Fm.

IERI MATTINA INVECE il leader dei ruralisti intervistato da Radio Zet ha mandato un segnale ai suoi futuri colleghi di governo in materia di diritto all’aborto: «Nessuna questione sulle convinzioni personali può essere oggetto di un accordo di coalizione». La Terza Via è infatti favorevole al ripristino del «compromesso al ribasso» del 1993 che consentiva di interrompere una gravidanza soltanto in tre casi: pericolo per la vita della madre, in caso di stupro oppure feto con malformazioni.

L’aborto terapeutico è stato poi dichiarato fuorilegge dal Tribunale costituzionale controllato dal Pis con una sentenza arrivata nell’ottobre del 2020. Alcuni esponenti del Po e la coalizione di Sinistra in blocco vorrebbero qualcosa di più di un semplice ritorno allo situazione precedente. In generale le divergenze tra le diverse anime dell’opposizione non mancano. Al di là di ogni differenza di vedute la volontà di formare un governo senza il Pis dovrebbe prevalere su tutto e tutti.

INTANTO FUORI DAI PALAZZI della politica, è più facile riconoscere i giusti meriti di chi domenica scorsa ha contribuito a sottrarre il Paese alle grinfie della destra populista: «Nel 2020 una persona su tre in Polonia nella fascia di età 18-29 anni ha preso parte alle proteste in difesa del diritto all’aborto. La partecipazione al voto in tale classe di età è stata del 68,8%. Un incremento di oltre il 22% rispetto al 46.6% delle elezioni precedenti! Sentite? Lo avvertite questo? Possiamo tutto!», ha commentato raggiante Marta Lempart, leader della sigla «Sciopero nazionale delle donne» (Osk).