Piantare alberi per sottrarre anidride carbonica all’atmosfera è una delle strategie più diffuse per ridurre le emissioni di gas serra. Sostituire ecosistemi naturali però danneggia la biodiversità, una risorsa naturale decisiva per fronteggiare la crisi ambientale, parallela a quella climatica, che molti scienziati descrivono come la «sesta estinzione di massa».

QUELLO DEGLI ALBERI è solo un esempio. Ma dimostra che le crisi richiedono un’azione comune e non strategie separate e spesso controproducenti. L’appello a unificarle arriva con voce forte e chiara dalla comunità scientifica grazie un’iniziativa inusuale: un editoriale comune pubblicato ieri su 200 riviste scientifiche del settore medico intitolato «È ora di affrontare la crisi climatica e la crisi ambientale come un’unica e indivisibile emergenza di salute globale». Come già avvenuto per la pandemia, secondo i firmatari l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) dovrebbe dichiarare lo stato di emergenza sanitaria internazionale per coordinare la lotta a difesa del clima e degli ecosistemi.

L’idea è nata da Kamran Abbasi, medico e direttore del British Medical Journal, che ha coinvolto i colleghi a partire dalle testate più rilevanti come il New England Journal of Medicine, The Lancet o il Journal of the American Medical Association. Nel mirino degli scienziati c’è la miopia di leader politici e organizzazioni sovranazionali, plasticamente messa in evidenza dall’agenda internazionale delle riunioni.

«LA 28ESIMA Conferenza delle Parti (Cop) sul cambiamento climatico si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023 – si legge nell’editoriale congiunto – mentre la 16esima Cop sulla biodiversità è prevista per il 2024 in Turchia (in realtà la Turchia ha rinunciato a organizzarla a causa del terremoto, ndr). Le comunità di ricerca che esaminano le evidenze scientifiche per le due Cop sono purtroppo in buona parte separate. Tuttavia, nel 2020 in un workshop comune conclusero che “solo considerando il clima e la biodiversità come due parti di un unico problema complesso si possono sviluppare soluzioni che scongiurano errori nelle strategie di adattamento e massimizzano i risultati positivi”».

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QUELL’APPELLO non ebbe seguito e la lotta al cambiamento climatico e quella per la conservazione degli ecosistemi continuano a viaggiare su binari diversi. Eppure la scienza ha ampiamente dimostrato come l’una potrebbe beneficiare dall’altra, se si armonizzassero conoscenze e strategie. Clima ed ecosistemi sono intimamente connessi. «Ad esempio – si legge nell’editoriale – siccità, incendi, inondazioni e altri effetti dell’aumento della temperatura globale compromettono il ciclo di vita delle piante e conducono a un’erosione dei suoli che impedisce l’assorbimento dell’anidride carbonica, che a sua volta si traduce in un aumento del riscaldamento globale. Il cambiamento climatico è destinato a diventare il principale fattore di perdita degli ecosistemi, superando la deforestazione e altri effetti dello sfruttamento dei suoli».

A SUA VOLTA, le due crisi collegate avranno un impatto distruttivo per la salute umana e per questo si auspica che l’Oms prenda l’iniziativa. La distruzione dell’ambiente naturale intacca le risorse alimentari, dato che «circa un quinto della popolazione globale si nutre grazie alle specie selvatiche» e che «il pesce rappresenta più della metà delle proteine assunte in molte nazioni africane, asiatiche e insulari, ma l’acidificazione degli oceani ne ha ridotto la qualità e la quantità». Inoltre, la perdita di biodiversità è all’origine di numerose malattie non trasmissibili, autoimmuni e infiammatorie, e di molte allergie e patologie psichiatriche.

NELLA SUA STORIA, l’Oms ha dichiarato lo stato di emergenza globale solo per alcuni virus particolarmente pericolosi. Il regolamento, tuttavia, non richiede che la crisi sanitaria sia causata da un agente patogeno ma che sia grave, che superi i confini nazionali e che solleciti un’azione congiunta: tutti requisiti che la crisi climatica e quella ambientale soddisfano senz’altro. L’occasione per un passo in questa direzione si presenterà alla prossima assemblea generale dell’Oms fissata per il 27 maggio 2024.