Il tempo della paralisi
Messico Desaparecidos anche nel numero. Per il governo Obrador le persone scomparse non sarebbero 100 mila ma «solo» 16 mila. Intervista a Gabriella Citroni, docente di Tutela internazionale dei diritti umani: «Hanno chiesto ai familiari di dimostrare che il proprio caro fosse vittima di sparizione forzata. Così hanno esacerbato la sfiducia verso le istituzioni»
Messico Desaparecidos anche nel numero. Per il governo Obrador le persone scomparse non sarebbero 100 mila ma «solo» 16 mila. Intervista a Gabriella Citroni, docente di Tutela internazionale dei diritti umani: «Hanno chiesto ai familiari di dimostrare che il proprio caro fosse vittima di sparizione forzata. Così hanno esacerbato la sfiducia verso le istituzioni»
«Il tempo corre a un’altra velocità per i parenti delle persone scomparse. È lento quando si vive l’angoscia di ogni secondo, ogni minuto, ogni ora senza la persona amata. È veloce e le settimane corrono via quando si cercano risposte, senza trovarle. E invano si invocano verità e giustizia», scrive Gabriella Citroni, professoressa di Tutela internazionale dei diritti umani alla Bicocca e vicepresidente del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite contro le sparizioni forzate, nel prologo della quarta edizione del Libro Verde «La desaparición forzada en México» [scaricabile qui].
STANDO ALLE ANALISI contenute nel volume, pubblicato in occasione della Giornata internazionale dei desaparecidos, c’è poi anche un tempo fermo. Perché se la parola chiave della precedente edizione del Libro Verde, pubblicata nel 2020 a 40 anni di distanza dalla prima visita in Messico del Gruppo di lavoro, a 30 dall’adozione della Dichiarazione sulla protezione delle persone contro le sparizioni forzate e a 20 dalla ratifica del Messico della Convenzione interamericana sulle sparizioni forzate, era «emergenza», scaturita dal superamento delle centomila persone scomparse nel Paese, oggi è «paralisi». Una paralisi che «colpisce i familiari delle vittime che hanno deciso di ricorrere ai meccanismi di protezione internazionale dei diritti umani per contrastare l’inattività e l’inefficienza delle autorità pubbliche». Dal 2020, emerge dal rapporto, nessuna «misura urgente» richiesta è stata presa in considerazione dal governo, che tra poche settimane passerà dalla guida di Andrés Manuel López Obrador a quella di Claudia Sheinbaum.
COME NON BASTASSE, alla fine del 2023 il Messico ha aggiornato il censimento delle persone scomparse a partire dal 1962, mettendo in discussione ben 79.995 nomi. Così le persone di cui non si hanno ufficialmente più notizie sono passate da quasi centomila a 16mila. Una decisione, quella del governo Obrador, che contrasta apertamente con la prima raccomandazione generale contenuta nel Libro Verde: riconoscere la reale dimensione del problema come primo passo necessario per sviluppare misure in grado di eradicarlo.
A TAL FINE – seconda raccomandazione generale – è necessario poter contare «su statistiche, disaggregate per sesso, età, luogo della scomparsa e autorità presumibilmente coinvolte per garantire politiche di prevenzione, investigazione, sanzione e riparazione». Il contrario di depennare arbitrariamente quasi 80mila nomi dall’elenco delle persone scomparse.
Dottoressa Citroni, quanto è grave la decisione del governo di rivedere – spaventosamente – al ribasso il numero ufficiale delle persone scomparse?
Intanto c’è delusione perché è arrivata sotto la guida di una persona, Obrador, che nella sua carriera politica ha fatto dei diritti umani una bandiera e che nei primi anni del suo mandato ha investito molto su questa problematica. La cosa grave di questa revisione al ribasso risiede nel metodo: non sono state coinvolte le famiglie dei desaparecidos se non gettando loro addosso l’onere della prova della scomparsa. In modo abbastanza discutibile e in contrasto con il diritto internazionale in materia, di fatto, hanno chiesto ai familiari di dimostrare che il proprio caro fosse effettivamente vittima di sparizione forzata. Questa decisione non ha fatto che esacerbare la sfiducia dei familiari verso le istituzioni e le autorità.
Quali sono le principali responsabilità di Obrador?
Non possiamo dire che Obrador non abbia fatto niente, anzi. Il governo ormai uscente ha tenuto in forte considerazione la questione: il problema è che verso la fine del mandato ha avuto fretta di mostrare risultati in realtà inesistenti. Ha spinto sull’acceleratore della risoluzione del problema, tagliando il numero totale delle persone scomparse e riducendo drasticamente le risorse umane inizialmente stanziate per affrontare la questione. Non dimentichiamo che stiamo parlando di uno degli Stati al mondo che ha la maggiore quantità di resti umani non identificati.
Da dove parte la sfida per Claudia Sheinbaum, che tra poche settimane prenderà la guida del Paese?
Sono tre i temi centrali per la doctora: ripensare il sistema di sicurezza, riducendo il peso della Guardia nazionale voluta da Obrador che ha unito in un unico corpo polizia federale, militare e navale con un evidente aumento di comportamenti autoritari e repressivi; prendere in mano la questione migratoria in un’ottica di garanzia dei diritti umani, perché oggi, tra le persone che ogni anno scompaiono nel tentativo di raggiungere gli Usa, si contano migliaia di persone provenienti da Sud America, Africa e Caraibi; riformare e implementare il Meccanismo di protezione federale per attivisti e giornalisti per abbattere il numero di omicidi e violenze di cui sono vittime, con la colpa di denunciare gruppi criminali e autorità colluse.
Il Messico è un paese in cui il tasso di impunità è altissimo. Addirittura si parla del 99% dei delitti contro la persona che restano senza un colpevole. Quanto influisce questo dato sul fenomeno delle sparizioni forzate? Inoltre è noto che, escludendo Città del Messico, questo problema riguarda praticamente tutto il Paese.
Se prendiamo la mappa del Messico possiamo constatare come non esista un solo Stato che sia immune al fenomeno delle sparizioni forzate. Oggi, per fare un esempio, non si registrano molte sparizioni nel Coahuila, ma questo non significa che le autorità di questo Stato possano amministrare come se la cosa non le riguardasse, visto che devono ancora dare risposte per le migliaia persone scomparse tra il 2010 e il 2012. Se guardiamo al Chiapas, invece, a sparire oggi sono soprattutto i migranti che entrano a sud dal Guatemala mentre nello stato di Chihuahua il fenomeno è collegato direttamente al narcotraffico. Per questo è necessaria una risposta strutturale da parte dello Stato federale. Quanto all’impunità, questa determina una sfiducia da parte dei familiari delle vittime, che si traduce in un aperto scontro tra parenti e governo, creando un clima deleterio per una risoluzione della questione, che richiederebbe invece collaborazione. In fondo, è questo il motivo per cui le persone continuano a sparire in Messico: far trovare decine di cadaveri impiccati a un palo in mezzo a una città, fa notizia per qualche ora; la sparizione invece punta a paralizzare le persone, costrette in un limbo tra paura della morte e speranza della vita. Il tempo si ferma, tutto si diluisce, la rabbia fatica a esplodere e resta solo la determinazione di quelle madri, sole contro la criminalità e spesso contro lo Stato, che dedicano la loro esistenza alla ricerca della propria figlia, del proprio ragazzo, cercando più in una fossa comune che in una stazione di polizia.
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