In corteo per Ayotzinapa dieci anni dopo. Verità e giustizia grandi assenti
In piazza a Città del Messico Da tutto il paese per ricordare il caso dei 43 studenti desaparecidos. Messaggio dell'EZLN. Il corteo giunto allo Zocalo contesta Lopez Obrador, che ha difeso l’esercito
In piazza a Città del Messico Da tutto il paese per ricordare il caso dei 43 studenti desaparecidos. Messaggio dell'EZLN. Il corteo giunto allo Zocalo contesta Lopez Obrador, che ha difeso l’esercito
All’Angelo dell’Indipendenza, alle 16.00 di giovedì 26 settembre, nonostante la pioggia ci sono già centinaia di persone. Paseo de la Reforma, una delle vie principali della città, e per metà bloccata mentre sulla corsia opposta al concentramento di chi chiede verità e giustizia per i 43 di Ayotzinapa le macchine scorrono, rallentano, guardano e vanno avanti.
PIANO PIANO la piazza si riempie di manifestanti che non accettano l’impunità e le menzogne per la notte di Iguala quando, secondo il rapporto della Commissione per la Verità e l’Accesso alla Giustiza, la violenza congiunta di forze di polizia e crimine organizzato, coadiuvate dall’esercito e dall’ex sindaco della città, José Luis Abarca, colpì gli studenti della combattiva scuola per dare loro una «lezione esemplare».
Ci sono i campesinos di Atenco, c’è lo spezzone di Amnesty International, ci sono studenti e studentesse delle università e delle scuole superiori, ci sono lavoratori e lavoratrici dei centri dei diritti umani, ci sono bambine e bambini, ci sono persone che non hanno affiliazione e vanno avanti e indietro per il corteo, c’è il Congresso Nacional Indigena e la Sexta, la rete di simpatizzanti dell’EZLN, l’Esercito Zapatista che ha voluto ricordare il caso dei 43 con un comunicato firmato dal Subcomandante Moises e dove scrivono: «Perché verrà il giorno in cui le figure di coloro che cercano instancabilmente i dispersi, dei padri e delle madri dei desparecidos di Ayotzinapa, dei loro compagni di classe, dei loro insegnanti, delle loro famiglie e dei loro amici, saranno associate a due parole di cui oggi questa geografia soffre la reale assenza: verità e giustizia. E perché verrà il giorno in cui essere uno studente, uomo o donna, di una scuola normale rurale o di quel che sia, o dipendente, lavoratrice, insegnante, adulto o anziano, non sarà più motivo di persecuzione, disprezzo, scomparsa e morte».
SOPRATTUTTO ci sono centinaia e centinaia di studenti e studentesse delle Scuola Normali Rurali che con autobus partiti da tutto il Messico hanno voluto essere con le madri e i padri dei 43 per gridare «vivos se los llevaron, vivos los queremos» (vivi li hanno presi, vivi li rivogliamo).
Per le forze di sicurezza della città sono state 10mila le persone in piazza, ma il balletto dei numeri non interessa e madri, padri e studenti di Ayotzinapa che non ne fanno mai accenno. Qua e là nel serpentone ci sono gruppetti d’azione che attaccano i luoghi simbolo di capitale e privilegio, la vetrina di qualche banca crolla, un paio di negozi vengono saccheggiati, i muri delle strade attraversate dal corteo riempiti di scritte.
LA POLIZIA NON SI VEDE, è nascosta dietro le barriere antisfondamento alte due metri messe lungo tutto il percorso del corteo. Mercoledì, dopo che il parlamento ha votato per l’ingresso della Guardia Nazionale nelle forze armate , il presidente uscente Lopez Obrador ha rivendicato la sua incapacità nel risolvere il caso ma ha difeso pubblicamente l’esercito. Ultimo tassello di un tradimento che è stato l’oggetto della rabbia della piazza.
E così arrivati allo Zocalo qualche manifestante ha lanciato bombe carte, razzi e petardi contro il palazzo presidenziale mentre madri, padri e studenti hanno ribadito che continueranno a lottare e che la “presidenta” Claudia Sheinbaum li sentirà bussare alla porta affichè il Gruppo Interdisciplinare di Esperti Indipendenti e il gruppo Forense Argentino possano tornare a investigare e per farlo Sheinbaum dovrà garantire l’accesso ai documenti, ora nelle mani dei militari, che potrebbero svelare la sorte toccata ai 43 giovani di Ayotzinapa.
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