Il Pd nega che sia una punizione, ma a dire il vero ne ha tutta l’aria. La consigliera regionale veneta Anna Maria Bigon, che una settimana fa col suo voto di astensione aveva contribuito alla bocciatura della legge di iniziativa popolare sul suicidio assistito promossa in Regione dal governatore leghista Luca Zaia, è stata destituita dall’incarico di vicesegretario provinciale dei dem di Verona.

Una decisione rivendicata come autonoma dal segretario provinciale Franco Bonfante (area Franceschini), che l’ha giustificata come un atto dovuto, «una scelta politica» alla luce di «un rapporto di fiducia venuto meno», e «un atto di trasparenza», per mostrare agli elettori il proprio dissenso da quel voto e per raccogliere l’umore degli iscritti «in grandissima maggioranza sconcertati e delusi» dal comportamento di Bigon e «favorevoli a regolamentare il fine vita a seguito della sentenza della Consulta». Ma il provvedimento, definito come «non disciplinare», ha scombussolato il partito e sollevato le rimostranze dei cattolici dem che hanno chiesto l’intervento della segreteria nazionale. Malgrado la stessa Elly Schlein aveva definito il voto di Bigon «una ferita», l’imbarazzo del Nazareno è ora palpabile, tanto da lasciar trapelare che il provvedimento è stato preso «contro le indicazioni del partito».

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Anche a livello regionale si prendono le distanze. Una scelta, scrivono in una nota congiunta il segretario regionale del Veneto Andrea Martella e il Responsabile Nazionale dell’Organizzazione del Pd Igor Taruffi, «che non è frutto di decisioni nazionali e regionali, ma compiuta da Bonfante in totale autonomia». E il segretario provinciale di Verona conferma: «Non ho condiviso la decisione di Bigon, specie nel metodo. Non si poteva far finta di nulla». Anche se, premette, «non credo nelle sanzioni disciplinari su temi etici ed è corretto che sia lasciata libertà di voto per motivi di coscienza», Bonfante però spiega che «chi la pratica deve essere consapevole delle conseguenze politiche, a maggior ragione se vi erano alternative, come l’uscita dall’aula con una contemporanea dichiarazione esplicativa».

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«Un brutto segnale» per il cattolico Graziano Delrio che  aveva già minacciato di autosospendersi dal partito per difendere il diritto alla «libertà di coscienza su un tema sensibile». E in particolare sul fine vita, precisa Debora Serracchiani, l’esercizio del libero voto «non può essere punito». L’ex presidente della Regione Friuli Venezia Giulia insiste: «Rispetto l’autonomia del livello provinciale, ma chiedo al segretario del Pd veronese di ripensarci».

Da parte sua, Bonfante si dice pronto a «rispondere della decisione nelle sedi ed organi competenti». E fa discutere anche la Direzione ad hoc sul caso convocata per il 5 febbraio dal Pd veronese. «Assicuriamo il pieno sostegno politico a Bigon», prendono posizione i cattolici Stefano Lepri e Silvia Costa che attaccano: sarà una Direzione «processo».