Visioni

L’ultima scelta per Pedro Almodóvar

L’ultima scelta per Pedro AlmodóvarTilda Swinton e Julianne Moore in "La stanza accanto"

Venezia 81 «La stanza accanto», con Tilda Swinton e Julianne Moore, due amiche insieme di fronte alla morte. La malattia e la dignità, la cura e l’autodeterminazione

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 3 settembre 2024

Il primo week end è passato tra star – George Clooney e Brad Pitt, due nomi per tutti che hanno assiepato il numero maggiore di telefonini davanti al red carpet – e l’atmosfera del grande evento che in questi anni è diventata la Mostra, in una sinergia che unisce i riflettori internazionali – Hollywood, gli Oscar – e quelli più locali di attrazione popolare (e mediatica).

CI SONO ANCHE i detour «eccentrici» molto frequentati da giovanissime e giovanissimi: per esempio l’imperdibile (e poco visto) bianco e nero di Model (1980, Venezia Classici) di Fred Wiseman – del quale si inaugura la prossima settimana una imponente retrospettiva al Pompidou di Parigi – un’immersione (in origine è stato girato in 16 mm) nel fashion tra agenzie di modelle, portfolio, servizi fotografici e spot d’artista – a un certo punto compare Andy Warhol – e un viaggio attraverso la New York anni Ottanta che «sui bordi» osserva e vive con curiosità o indifferenza questi super glamour set.

La nuova settimana si è inaugurata con Pedro Almodóvar e il suo magnifico duetto di attrici, Julianne Moore e Tilda Swinton in The Room Next Door – nelle sale italiane uscirà il prossimo 5 dicembre come La stanza accanto – che ispirato al romanzo di Sigrid Nunez Attraverso la vita, tocca con levità profonda questioni gravi quali la morte e il diritto di decidere di morire nelle malattie, e il dolore, il lutto, l’amicizia, l’amore nelle sliding doors delle vite di ciascuno.

È un melodramma questo nuovo film del regista della Mancia di cui l’eleganza visiva e degli ambienti sfuma le temperature emotive rendendole più «vere» nel confronto con una materia assai sensibile quale appunto la malattia e la morte. Ma cosa racconta La stanza accanto che è anche il debutto in lingua inglese di Almodóvar? Julianne Moore è Ingrid scrittrice di successo che per caso ritrova Martha/Tilda Swinton un’amica carissima degli anni più giovani – le due hanno condiviso anche un fidanzato, John Turturro, ambientalista amareggiato che Ingrid ancora frequenta ogni tanto – poi persa di vista.

MARTHA che ha iniziato come giornalista è diventata una corrispondente di guerra molto nota, è stata in Bosnia, in Iraq, ha conosciuto da vicino la morte e l’ha raccontata cercando, come dice, di non inventare mai nulla. Ingrid invece che ha scritto da poco un nuovo romanzo della morte ha paura: è innaturale morire risponde alla domanda di una sua lettrice prima di autografarle il libro. Ora però Martha è malata, un tumore senza possibilità di cura, e sarà proprio all’amica ritrovata che chiede di accompagnarla nella decisione che ha preso di morire prima delle sofferenza terminali, di perdere la testa, lei vuole andarsene con dignità. La legge lo impedisce, l’eutanasia è vietata, così lo farà da sé, in un luogo che sceglie con attenzione, una bellissima casa in un bosco, immersa nella luce, nel suono della natura, dove può arrivare la neve come nel finale dei Dubliners (Gente di Dublino) di Joyce che ama tanto.

«In Spagna abbiamo una legge sull’eutanasia, ma dovrebbe esistere in tutto il mondo. Il medico dovrebbe aiutare il paziente. Il sostegno è importante, devi essere padrone delle tue scelte come fa il personaggio di Tilda. Invece le due amiche devono agire di nascosto e il personaggio di Julianne sarà perseguitato da un poliziotto fondamentalista» dice Almodóvar parlando nell’incontro stampa dopo la proiezione. E aggiunge: «Non è facile trovare le parole per parlare della morte». Lui in questo confronto complicato, col rischio di un sentimentalismo in eccesso o di un retorica della lacrima trova l’equilibrio che commuove senza affidarsi unicamente a questo. È soprattutto la complicità e il legame fra le due donne che si fa narrazione in una dimensione della «cura» emozionale, che non riguarda soltanto l’essere paziente e accudente, sano e malato ma mette in gioco la trasmissione di vita e di gioia anche laddove sembra inattesa. Martha vuole qualcuno che stia nella «stanza accanto» quando lei chiuderà la porta che è segnale convenuto della sua morte.

E quell’essere vicino è qualcosa che costruisce una nuova relazione, che passa la vita dell’una all’altra, il vissuto di Martha a Ingrid – che forse ne farà una storia anche nei dissapori, nelle fratture a cominciare quella con la figlia avuta quando era appena adolescente. È parlare di sesso e di desiderio, degli uomini avuti, è ridere con Buster Keaton anche se nessuno ci crede che la sera prima di morire si può essere felici. È imparare a prendersi l’istante ciò che una lascia all’altra e che Almodóvar mostra con dolcezza nelle parole e nei gesti delle sue interpreti, rendendo visibile qualcosa di molto intimo, che è nelle nostre paure, in un gesto d’amore.

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