È stato presentato ieri sui canali social del Ministero dell’Istruzione e del Merito un nuovo logo che sembrava destinato ad accompagnare la comunicazione del dicastero guidato da Giuseppe Valditara. Un cerchio azzurro che racchiude l’acronimo MIM e che nel giro di poco tempo ha scatenato proteste e ironie sui social analoghe a quelle che avevano seguito la presentazione della campagna “Open to Meraviglia” del Ministero del Turismo.

Poi ieri sera è arrivata una smentita pasticciata: sarà utilizzato solo fino al 22 maggio ed è solo per i social. Peccato che la funzione di un logo sia invece quella di rendere riconoscibile nel tempo e nello spazio un’organizzazione. Dargli confini spazio-temporali è una contraddizione in termini. E ancora: perché non dirlo nel momento in cui è stato presentato?

Invece il logo è apparso all’improvviso alle 10.03 del mattino senza un’introduzione o una spiegazione. Una strategia speculare e opposta a quella che aveva adottato Daniela Santanché per la Venere influencer. Per quella venne convocata una conferenza stampa di presentazione con tanto di intervento dell’agenzia creativa che aveva ideato la campagna.

A viale Trastevere devono aver pensato invece che far passare il logo in sordina avrebbe evitato qualche problema ma evidentemente non è così che funziona la comunicazione istituzionale.

Eppure, se lo dovrebbero ricordare bene da quelle parti perché quando nel 2012 venne presentato un logo in cui l’acronimo MIUR era inscritto in quattro cubetti con i colori primari l’esisto fu analogo. Critiche, ironia, polemiche. “L’ha fatto il cugino di qualcuno”.

Il Ministero del Merito non ha sentito il bisogno di dire quale meritevole designer ha disegnato il logo. Ad oggi un anonimo. I professionisti del design hanno identificano un’ampia serie di errori tecnici nel bilanciamento dei volumi, nelle maiuscole e minuscole, nell’uso dei colori. Il risultato è un oggetto visivo il cui movimento ricorda vagamente più la grafica psichedelica che le esigenze di disciplina e solidità che ci si aspetterebbe da un Ministero dell’Istruzione con la guida a destra.

Stupisce inoltre che si usi l’acronimo MIM senza rivedere il dominio internet che esiste unicamente su “miur.gov.it” e non su “mim.gov.it” (forse a testimonianza di una certa sfiducia nel suo futuro).

Va detto che è diventato difficile gestire la comunicazione istituzionale di fronte alle reazioni in tempo reale dei social network e per questo non si ha memoria di una campagna istituzionale italiana acclamata o semplicemente accolta in modo vagamente positivo. C’è però un problema di metodo nelle modalità di selezione e di lavoro della pubblica amministrazione che la rendono un cliente poco attrattivo per le migliori agenzie creative.

Le valutazioni ministeriali vengono fatte da figure politiche e dirigenziali molto spesso prive di competenze di comunicazione e tutto avviene in modo sostanzialmente opaco. Non si conoscono le ragioni e gli obiettivi e quando una campagna va on-line appare “così de botto, senza un perché”. Le spiegazioni arrivano dopo le critiche.

Il Ministero di Valditara può anche dire che siano insinuazioni “fantasiose” e “ingiuriose” quelle di chi vede nel logo due fasci littori ma le valutazioni tecniche sul design si fanno proprio per evitare possibili interpretazioni non volute.

Per questo sarebbe necessario identificare dei percorsi specifici per i bandi sulla comunicazione e coinvolgere esperti e organizzazioni di settore in grado di valutare la qualità e tutelare dalla comparsa improvvisa di un logo malfermo e passeggero.

Meccanismi trasparenti in grado di anticipare il lancio di una campagna o di un logo che avrebbero permesso a tutti di conoscere quale fosse l’intento del Ministero e dibattere nel “merito”.