David Chavalarias, direttore della ricerca del Cnrs, è il matematico che da anni studia l’influenza russa attraverso i social network sulla politica francese.

Prof. Chavalarias, nelle settimane precedenti al primo turno avete individuato movimenti sospetti?
Abbiamo raccolto diverse prove attribuibili con buona certezza al Cremlino. Pubblicità via Facebook diffuse da utenti legati a Mosca e dirette a discreditare Macron, a criticare l’intervento in Ucraina e a diffondere altri contenuti pro-russi. Oppure, pagine web identiche a quelle di Ensemble, la coalizione di Macron, in cui il presidente sembra offrire soldi in cambio di voti. Ma ci sono state azioni anche fuori dalla rete, come le mani rosse dipinte sul memoriale della Shoah o le stelle di David sui muri di Parigi.

Qual è l’obiettivo dell’influenza russa?
Mosca tenta di frammentare la società francese per destabilizzarla. In questi anni ha agito su due direttrici: la guerra in Ucraina, su cui l’estrema destra è isolata, e il conflitto di Gaza, dove a essere isolata è la sinistra. E in Francia era già in atto una campagna contro l’«islamo-gauchisme» (la presunta alleanza tra sinistra radicale e fondamentalismo islamico, ndr). Queste due linee di frattura dividono l’arco parlamentare e impediscono ogni alleanza. L’obiettivo è indebolire la democrazia e il dibattito pubblico e creare ostilità anche violenta verso le minoranze, come la comunità Lgbtq.

La teoria dell’islamo-gauchisme è una manipolazione russa?
Fino a pochi anni fa esisteva solo nel complottismo dell’estrema destra. Nel 2021 la ministra dell’università Frédérique Vidal ne ha parlato a Cnews (un canale tv di destra, ndr) come di una «cancrena che attacca tutta la società e a cui l’università non è impermeabile». Da lì la campagna ha preso il volo e ho provato a ricostruirne le radici. Il nostro osservatorio mostra che nel 2016-2021 sul Twitter francese ne parlavano solo pochi account che da anni conducevano una campagna di propaganda dal basso. Quello più attivo corrisponde a un 38enne che oggi vive a Novosibirsk e scrive solo in cirillico. Probabilmente all’epoca lavorava per una «fabbrica di troll» (gruppi organizzati per promuovere cause sui social network, ndr). Così ho capito che il Cremlino ha sfruttato anche l’islamo-gauchisme.

Le accuse di antisemitismo contro La France Insoumise sono un risultato di questa campagna?
Difficile separare cause e effetti. Putin cerca le linee di frattura esistenti e le amplifica per destabilizzare il dibattito. Oggi, grazie ai social network, è facile individuarle e amplificarne le divisioni.

Puntando l’attenzione sulle influenze esterne non si corre il rischio di sottovalutare le cause reali e interne dei conflitti sociali, assolvendo così la classe politica?
Sono processi indipendenti. Il malcontento nei confronti di Macron è reale e innegabile, così come i conflitti che dividono la società francese. Ma li risolviamo attraverso il dibattito tra posizioni diverse, o rendendo i rapporti sempre più ostili? La politica francese, come quella italiana, offre diverse posizioni politiche a cui aderire. In un caso, chi la pensa diversamente diventa un avversario politico, nell’altro un nemico con cui non si potrà mai fare alleanze. La propaganda russa non punta a promuovere una posizione o l’altra, ma a cancellare il terreno comune che ne permette il confronto. Così perdono tutte, tranne l’estrema destra che a questo confronto democratico non ha mai partecipato.

La propaganda straniera però è sempre esistita. Cosa la rende più pericolosa oggi?
Diversi aspetti. Innanzitutto, i social network per natura tendono a privilegiare i contenuti tossici. Inoltre, i loro algoritmi pubblicitari permettono di raggiungere a distanza un pubblico ben selezionato. Infine, con l’intelligenza artificiale si possono creare contenuti credibili diffusi da account verosimili e attivi. Le società si trovano oggi a dever scegliere: Facebook o la democrazia. E poi c’è il sistema elettorale.

L’uninominale a doppio turno? In Italia piace al centrosinistra.
I problemi del sistema francese sono noti. Ma la logica del voto utile lo rende ancora più vulnerabile. Al secondo turno molti elettori francesi scelgono il candidato meno peggio. La percezione del male minore però è quella più facilmente manipolabile attraverso i social network, che rendono le campagne elettorali sempre più ostili finendo per influenzare il risultato finale. È giunto il momento di cambiare il sistema elettorale francese.