Europa

Le Pen contro i giudici, in attesa della sentenza

Marine Le Pen all'uscita del tribunale dopo la prima udienzaMarine Le Pen all'uscita del tribunale dopo la prima udienza – Thibault Camus /Ap

Francia Il procuratore ha chiesto 5 anni di carcere (di cui 3 con la condizionale), una multa di 300mila euro e, soprattutto, 5 anni di ineleggibilità per la leader che si prepara a essere candidata per la quarta volta all’Eliseo nel 2027. Il verdetto arriverà nelle prime settimane del 2025

Pubblicato circa un'ora faEdizione del 15 novembre 2024

La giustizia arma impropria contro la politica, anche in Francia l’estrema destra si accanisce contro la separazione dei poteri, per scagionarsi dai sospetti di truffa. In attesa della sentenza, che arriverà solo nelle prime settimane del 2025, il Rassemblement National è già sceso in campo per puntare il dito contro la giustizia, accusata di esercitare un potere di «élite» che si oppone alla volontà popolare: dopo settimane di processo per aver intascato fino a 6,8 milioni di euro del parlamento europeo, contro Marine Le Pen e altri 26 accusati tra europarlamentari, falsi assistenti e collaboratori del Rn, il procuratore ha chiesto 5 anni di carcere (di cui 3 con la condizionale), una multa di 300mila euro e, soprattutto, 5 anni di ineleggibilità per la leader che si prepara a essere candidata per la quarta volta all’Eliseo nel 2027.

Levata di scudi immediata di tutta l’estrema destra: la giustizia è «politica», vuole «escludere» Marine Le Pen dalla prossima corsa all’Eliseo, privando «milioni di francesi del loro voto» ha commentato il presidente del Rn, Jordan Bardella. «Il corso democratico non deve essere di nuovo confiscato» aggiunge Eric Ciotti, ex Lr ora alleato del Rn, che ricorda il caso di François Fillon, sprofondato nella campagna elettorale del 2017 per scandali finanziari.

L’ex ministro degli Interni, Gérald Darmanin, che sogna anch’egli di conquistare l’Eliseo nel 2027 su una linea populista, adotta la versione dell’estrema destra: «Marine Le Pen si combatte nelle urne, non altrove, se il tribunale giudica che deve essere condannata non può esserlo elettoralmente senza espressione popolare». E aggiunge: «Non bisogna scavare la differenza tra l’élite e l’immensa maggioranza dei nostri cittadini». Marine Le Pen parla di se stessa alla terza persona: «La sola cosa che interessava la Procura era Marine Le Pen per poter chiedere la sua esclusione dalla vita politica e poi il Rassemblement National per poter rovinare il partito».

In realtà, niente di tutto questo. Il procuratore ha solo applicato la legge nella richiesta di pena. Già nel ’94 e poi confermato ai tempi della presidenza Hollande, dopo lo scandalo del ministro Cauhzac e la “fobia amministrativa” di un sottosegretario, i deputati hanno votato leggi che prevedono l’ineleggibilità per i politici che commettono reati finanziari.

Il Rassemblement national è accusato di aver costruito un vero e proprio “sistema” per approfittare dei soldi di Bruxelles. Nel processo sono venute alla luce delle ammissioni, il tesoriere Wallerand de Saint Just ha lasciato tracce compromettenti, tra cui una missiva dove spiegava che «ce la caveremo solo se facciamo economie importanti grazie al Parlamento europeo».

Il “sistema” organizzato era intascare i soldi versati dall’Europarlamento per gli assistenti parlamentari, per destinarli a dei collaboratori che lavoravano esclusivamente in Francia per il partito. Il Parlamento europeo ha avviato un’inchiesta nel 2014 e Marine Le Pen ha accusato l’allora presidente, il socialista Martin Schulz, di una mossa a fini politici.

La leader del Rn, visto che non ha potuto negare l’evidenza della truffa, durante le settimane di processo ha difeso la tesi secondo la quale i soldi versati dal Parlamento europeo sono utilizzati a discrezione dei partiti e che l’istituzione comunitaria non ha diritto di immischiarsi. Ma la legge dice un’altra cosa.

Il ministro della Giustizia, Didier Migaud, ha ricordato che «la giustizia è indipendente, come i magistrati, il giudice non si sottomette al potere politico». A destra, il dissidente Lr Xavier Bertrand è stato il solo ad affermare che «democrazia è anche il rispetto della giustizia». Ma anche dall’estero l’estrema destra è partita all’attacco, da Salvini dall’ungherese Orbán (con l’esempio di Trump, messo sotto accusa dalla giustizia ma vincitore per volontà popolare).

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