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Sufismo, visitare un cielo interiore in riva alla Senna

Sufismo, visitare un cielo interiore in riva alla SennaYounes Rahmoun, Manzil Tayf (House-Spectrum), 2021 (Courtesy of the artist)

A Chatou, sobborgo di Parigi Al Musée d’Art et de Culture Soufis, inaugurato in un edificio ottocentesco restaurato, l'esposizione di apertura è «Un Ciel intérieur», fino al 6 aprile 2025

Pubblicato 4 giorni faEdizione del 9 novembre 2024

Rose Polyantha a cespuglio crescono nel giardino del Musée d’Art et de Culture Soufis MTO a Chatou, sobborgo parigino sulle rive della Senna che nell’Ottocento era frequentato dai pittori Impressionisti. Simbolo di bellezza e desiderio spirituale (non solo carnale) le rose sono fiori ricorrenti nella letteratura mistica sufi. Anche per Rumi, fondatore dell’ordine Mevlevi dei dervisci rotanti sono una presenza significativa. «Quando la rosa se ne sarà andata e il giardino sarà sbiadito non sentirai più il canto dell’usignolo. L’Amato è tutto; l’amante solo un velo…» così comincia una delle sue poesie più note, in cui la rosa è un elemento metaforico sulla forza della trasformazione dell’amore e l’amato l’entità superiore.

Avevano, poi, una rosa circolare ricamata sul copricapo i sufi dell’ordine Qadiriyya, i confratelli che avevano chiamato «Sebil-el-Uar» (La via della rosa) il percorso d’iniziazione degli adepti. L’idea stessa del viaggio di conoscenza indirizzata ad una pratica che prevede anche meditazione ascetica e contemplativa attraverso le arti visive, la poesia, la danza rituale e la musica è tra i principi del sufismo – dimensione mistica dell’Islam – a cui è dedicato questo museo privato, il primo al mondo, istituito dall’organizzazione internazionale non-profit Maktab Tarighat Oveyssi Shahmaghsoudi – School of Islamic Sufism con il sostegno di AFSACK – American Friends of Sufi Arts, Culture and Knowledge e CFSACK – Canadian Friends of Sufi Arts, Culture and Knowledge. Obiettivo del Musée d’Art et de Culture Soufis MTO è quello di offrire una piattaforma educativa e di approfondimento sul sufismo attraverso uno stimolante dialogo tra le proprie collezioni di antichi manufatti e le opere d’arte contemporanea, nonché l’apertura a studiosi e ricercatori dell’archivio e della biblioteca contenente preziosi documenti, manoscritti e volumi antichi e moderni.

Musée d’Art et de Culture Soufis MTO, Chatou-Parigi (ph Manuela De Leonardis)

Nell’edificio ottocentesco restaurato e riallestito dallo studio d’architettura Ducatillion Gimel con scenografie firmate dall’Atelier Maciej Fiszer, la mostra inaugurale Un Ciel intérieur (fino al 6 aprile 2025), che nel titolo rende omaggio al pensiero filosofico-religioso islamico dello studioso francese Henry Corbin, curata dalla direttrice del museo Alexandra Baudelot, riflette l’interconeessione dei diversi linguaggi artistici a partire dalle tre installazioni sonore che accompagnano lo spettatore in questa sorta di viaggio iniziatico. Interpretazioni e improvvisazioni vocali, melodie e ritmi tradizionali selezionate dagli esperti Omid Asgari e Payam Yousefi, insieme al designer del suono Kerwin Rolland, vedono l’impiego di strumenti musicali sia orientali che occidentali, tra cui setar, oud, kamancheh, kaval, ney che delineano una continuità espressiva con i distici in rima delle poesie sufi in stile «masnavi» cantate in arabo e persiano. Espressioni di una sonorità in cui ricorre il rimando alla simbologia numerica: il numero 11, ad esempio, rappresentazione della sintesi di micro e macrocosmo, presente nella poesia Kiam Man di Hazrat Shah Maghsoud Sadegh Angha, fonte d’ispirazione dell’installazione sonora stessa in dialogo con una monumentale «kashkul» in granito grigio inciso.

Oggetto iconico il «kashkul» è il contenitore utilizzato dai sufi per raccogliere le offerte: nella collezione permanente del Musée d’Art et de Culture Soufis MTO ce n’è un’ampia rappresentazione. Si tratta soprattutto di antichi esemplari provenienti dall’Iran, realizzati sia in metallo che con i frutti decorati di coco de mer con cui l’artista thailandese Pinaree Sanpitak (1961), nota per i suoi riferimenti al corpo feminile, ha scelto di dialogare per la sua nuova serie pittorica. Ad altre declinazioni del sufismo s’ispirano la sudafricana Bianca Bondi (1986) nell’esplorare il concetto di trasformazione all’interno dei fenomeni naturali, la franco-americana Seffa Klein (1996) – nipote di Yves Klein – interpete della spiritualità metafisica delle ossidazioni elettrochimiche, lo zimbabwese Troy Makaza (1995) tessitore di silicone intrecciato che s’ispira alla dualità visibile/invisibile, il marocchino Younes Rahmoun (1975) con le sue forme tridimensionali in cui il colore enfatizza la simbologia dei numeri, l’artista iraniana Monir Shahroudy Farmanfarmaian (1922-2019) nell’alternare pattern geometrici con frammenti di specchio che alludono ad una riflessione interiore e, infine, la franco-beninese Chloé Quenum (1983) che ha realizzato un poetico lavoro in vetro soffiato destrutturando tre parole care al pensiero sufi – «safa» (chiarezza), «sama»(audizione spirituale) e «suf» (lana) – trasformandole in forme organiche che perdono l’immediatezza della riconoscibilità, traendo forza proprio da questa libertà. Tra gli altri interessanti pezzi della collezione permanente esposti nei tre piani del museo anche monete antiche, mantelli rituali («khirqa») tramandati da un maestro sufi all’altro, un «mihrab» di piastrelle colorate e specchi, elemento architettonico che nella moschea indica la direzione della Mecca dove pregare, il «tasbih» (rosario islamico), penne e penninni per la calligrafia e un prezioso Corano miniato del XIX secolo.

Oggetti che in parte sono appartenuti al filosofo, poeta e maestro sufi Hazrat Shah Maghsoud Sadegh Angha (1916-1980), 41° maestro della Scuola di Studi Islamici MTO, sostenitore fin dagli anni Settanta della creazione di un museo interamente dedicato al sufismo. Del maestro nato a Teheran (dove aveva vissuto fino al 1978 per poi trasferirsi in California) è ricostruito lo studio con gli oggetti personali. Nella dimensione tridimensionale dell’ologramma la sua figura prende vita coinvolgendo lo spettatore in un’illuminante lezione sulla ricerca interiore. «L’Irfan (conoscenza/consapevolezza sufi) afferma che la realtà, causa della tua esistenza e del tuo essere, sei tu.» – afferma il maestto – «Questo è l’argomento. Tale che ogni essere, in quanto entità reale, è il riflesso della sua realtà nel profondo dell’esistenza assoluta. Ciò significa che la presentazione della tua manifestazione è basata sulla tua realtà, sia in termini esistenziali che del tuo stesso essere».

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