Joris-Karl Huysmans, un olandese affetto da parigismo
Simbolismo francese I giardini del Lussemburgo, l’École Militaire, le tabacchiere, i «riz-pain-sel», le goguettes, i grotteschi «freak show»... Cronache crudeli di Joris-Karl Huysmans in: «Parigi e altri testi», La Vita Felice
Simbolismo francese I giardini del Lussemburgo, l’École Militaire, le tabacchiere, i «riz-pain-sel», le goguettes, i grotteschi «freak show»... Cronache crudeli di Joris-Karl Huysmans in: «Parigi e altri testi», La Vita Felice
Il rapporto di Joris-Karl Huysmans con Parigi è sempre stato ambivalente. Nonostante il padre fosse un affermato pittore di origini fiamminghe che ottenne la naturalizzazione francese nel 1848, anno di nascita dello scrittore, Huysmans trascorse l’infanzia nel quartiere di Saint-Sulpice, immortalato in uno dei suoi libri più avvincenti e controversi, il romanzo Là-bas (1891) che inaugura le vicende di Durtal, protagonista della cosiddetta «trilogia cattolica», comprendente En route (1895), La cathédrale (’98) e L’oblat (1903).
L’abitazione del campanaro Carhaix, sodale di Durtal in Là-bas, è situata all’interno del campanile di Saint-Sulpice e adombra la figura celeberrima di Quasimodo in Notre-Dame de Paris, cresciuto negli anfratti della cattedrale eponima ma smanioso di acrobazie notturne sotto l’occhio impietrito dei gargoyle. Il narratore stesso si definiva, nonostante fosse nato in rue Suger, attualmente situata nel VI arrondissement, non distante da Saint-Germain-de-Prés, «un olandese guastato da parigismo».
Variegati sono al riguardo i contributi dedicati da Huysmans alla ville lumière: oltre alle numerose descrizioni urbane confluite nei romanzi si rimanda ai Croquis parisiens, raccolta di prose originariamente pubblicata nel 1880 (e, in edizione accresciuta, nel 1886), dedicata ai mestieri che si svolgevano un tempo a Parigi, infarcita di fantasie e divagazioni dagli esiti eccentrici, in bilico tra adesione naturalistica e flânerie di taglio decadente, impostasi sulla scia di un nauseato Baudelaire che anticipa la fissazione benjaminiana per i passages. Ma si considerino soprattutto i volumetti espressamente consacrati a quartieri o aspetti poco conosciuti della città, proposti con illustrazioni degli amici pittori: La Bièvre (1890), testo licenziato da Génonceaux nella collana dei «Vieux Quartiers de Paris», poi ampliato in La Bièvre et Saint-Séverin (1898) e La Bièvre, les Gobelins, Saint-Séverin (1901), oltre a Le Quartier Notre-Dame (1905), illustrato con incisioni di Charles Jouas e riproposto da L’Herne nel 2019 in Notre-Dame de Paris et autres cathédrales.
È perciò da salutare con interesse la pubblicazione di Parigi e altri testi che La Vita Felice manda in libreria, con l’ausilio dell’originale a fronte, nella scorrevole traduzione di Franco Venturi («Il piacere di leggere», pp. 180, € 13,00). Si tratta di una scelta di prose, per la prima volta in italiano, composte nel periodo che va dal 1875 al 1881 e ricavate dall’antologia postuma Paris et autres textes (L’Herne 2015).
Siamo a cavallo tra la produzione naturalistica che annovera opere come Marthe, histoire d’une fille (1876) e Les sœurs Vatard (’79) e la successiva svolta impressa da À rebours (’84), considerato da Mario Praz «il libro cardinale del decadentismo». A queste due fasi bisognerebbe aggiungere quella mistica e religiosa dell’ultimo periodo, riguardante alcune opere summenzionate, a cui andrebbero idealmente aggiunte quelle di carattere agiografico, riguardanti santa Lydwine de Schiedam e Don Bosco, nonché la fatidica contro-inchiesta intitolata Les foules de Lourdes (1906), concepita quale risposta spiritualista al romanzo Lourdes del vecchio amico e sodale Émile Zola. Quest’ultimo era stato modello e indiscusso artefice del Gruppo di Médan (oltre a Huysmans figuravano Maupassant, Alexis, Céard e Hennique), i cui adepti licenzieranno nel 1880 l’antologia Les Soirées de Médan, incentrata sulle esperienze della guerra franco-prussiana: Huysmans allestisce de facto una nuova versione di Sac au dos, edito in volume un paio d’anni prima a Bruxelles.
La redazione consiglia:
Émile Zola, un emblema rovesciato degli odierni imperativiIn Parigi e altri testi, comprendente articoli apparsi sulla stampa dell’epoca (da «La Revue indépendante» a «La Vie moderne», da Le Gaulois a L’Éclair, da «La Cravache parisienne» a «Chronique illustrée»), vengono affrontati i più svariati temi, ispirati a precisi riferimenti toponomastici e animati da quell’impareggiabile «stile dei propri nervi» indagato da Valéry: dal monumento che contrassegna l’École Militaire alla vita segreta dei giardini del Lussemburgo, dalle tabacchiere ai riz-pain-sel (termine con il quale, in gergo militare, si designava sbrigativamente l’ufficiale addetto alla sussistenza alimentare delle truppe), passando attraverso le suggestioni delle vecchie società di canto, chiamate goguettes, o i grotteschi freak show allestiti nelle fiere. Tra folgoranti vedute del boulevard Montparnasse e del parc Monceau dove si danno appuntamento le governanti inglesi, si insinua l’esposizione particolareggiata di svariate attività commerciali, laddove fa capolino una rosticceria che ostenta «i suoi pesanti pendagli di pollame, i suoi conigli scuoiati a testa in giù». Tuttavia l’introduzione, di fattura redazionale, avrebbe dovuto svilupparsi in maniera maggiormente idonea a un autore e un’opera così complessi.
Queste anonime «Cronache parigine», come si intitola uno dei testi più articolati della raccolta, spesso aspirano, tra infimo e pittoresco, alla dimensione del racconto, della narrazione costretta entro le forme del bozzetto, costituendo una sorta di inimitabile laboratorio a cui Huysmans attingerà a piene mani per l’elaborazione delle sue opere maggiori. Se le descrizioni paesaggistiche risentono sia di un certo realismo sia della temperie impressionista (L’Art moderne e Certains uscirono rispettivamente nel 1883 e ’89 con contributi su Manet, Monet, Degas, Moreau, Cézanne, Renoir, Redon, Caillebotte, Rops, ma anche sui meno conosciuti Fantin-Latour, Forain e Raffaëlli), nondimeno ibridati da sbavature tossiche di acquarello, il dégoût che traspare dai personaggi è quello manifestato dagli alter ego Folantin e des Esseintes nelle pagine di À vau-l’eau e À rebours.
Altrove è il nitore argentino di un’acquaforte a rappresentare la deriva di un linguaggio che aspira inutilmente a una qualsivoglia redenzione. D’altronde non si può dimenticare come la profezia di Barbey d’Aurevilly, atta a diramarsi tra la canna di una pistola e i piedi del crocifisso, si sia inevitabilmente avverata: Huysmans spirerà finalmente pacificato nel 1907, chiedendo di essere sepolto con il misero saio dell’oblato.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento