«Un memorandum serve allo sviluppo della società, della pace. Per noi che siamo stati imprigionati in Libia quell’accordo è un atto di terrorismo». David Yambio Oliver ha guidato la protesta davanti all’Unhcr di Tripoli, tra ottobre 2021 e gennaio 2022. È riuscito ad arrivare in Italia superando il mare. «Non riesco a guardare a questo paese come un luogo sicuro perché continua a uccidere i miei fratelli dall’altro lato del mare. Continueremo a batterci per loro».

Yambio Oliver è in piazza Esquilino, a Roma, per dire No al memorandum italo-libico. Se non verrà modificato entro il 2 novembre, a sei mesi dalla scadenza, ci sarà un nuovo rinnovo automatico. Quasi scontato considerando che neanche i governi di centro-sinistra hanno cambiato qualcosa. È in vigore dal 2017, quando l’allora premier Paolo Gentiloni (Pd) strinse la mano al primo ministro del Governo di unità nazionale libico Fayez al Sarraji. L’obiettivo, culmine delle politiche anti-migranti di Marco Minniti (ex ministro dell’Interno dem), era fermare le partenze al di là del mare.

Da allora nel Mediterraneo centrale ci sono stati almeno 10mila morti (Oim) e 100mila intercettazioni della sedicente «guardia costiera» libica (Unhcr). I finanziamenti alle milizie di Tripoli hanno alimentato il sistema di detenzioni arbitrarie, violenze e torture nei centri di prigionia per migranti. «Il memorandum ha la stessa logica dei respingimenti condannati dalla Cedu a parti invertite: l’Italia non li realizza materialmente, ma sostiene i libici affinché li facciano loro», afferma l’avvocato Salvatore Fachile dell’Asgi.

«I crimini sono chiari, bisogna dire chi sono i mandanti», afferma Filippo Miraglia, responsabile nazionale di Arci immigrazione. In piazza ci sono altre 40 organizzazioni. «Volevamo manifestare davanti al parlamento ma ci è stato negato. Dicono che per motivi di sicurezza in piazza di Monte Citorio non si può», continua Miraglia. Oltre agli attivisti ci sono diversi parlamentari: Nicola Fratoianni, Aboubakar Soumahoro e Angelo Bonelli (Alleanza Verdi e Sinistra), Riccardo Magi (+Europa), Elly Schlein (indipendente), Laura Boldrini e Matteo Orfini (Pd). Un ragazzo contesta gli ultimi due, accusandoli di essere membri del partito che ha promosso il memorandum. «Chiedo scusa per quello che ha fatto il Pd, la ritengo una delle pagine peggiori del nostro paese», dirà Orfini dal microfono.

Lo stesso da cui si ringraziano i parlamentari presenti che hanno sempre votato contro il sostegno ai libici, ma si criticano quelli «che si sono ricordati del tema solo con il governo Meloni». Un paio d’ore prima la responsabile esteri dem Lia Quartapelle ha dichiarato: «Il governo riferisca in parlamento sul memorandum, no al tacito rinnovo».

Sulla piazza aleggiano le dichiarazioni anti-Ong dei due Mattei, Piantedosi e Salvini. «Siamo pronti a tornare in mare, la flotta civile non ha paura del governo. Il blocco navale è illegale e il ministro dell’Interno sta tentando di imporre gravi violazioni dei diritti umani», dice Luca Casarini di Mediterranea. Con lui ci sono le altre Ong del mare: Open Arms, ResQ, Sea-Watch, Msf, Emergency, Alarm Phone. «Se bloccheranno chi salva vite sarò il primo a salire sulle navi umanitarie», afferma Soumahoro.

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Intanto martedì Duccio Facchini su altreconomia ha dato notizia di una nuova fornitura di motovedette ai libici. Saranno 14, costeranno 6,65 milioni di euro e aiuteranno le milizie a catturare i migranti in fuga e riportarli nei centri di prigionia. La commessa risale alla scorsa primavera, quando al governo non c’era l’estrema destra ma i «migliori».