• L'uso dei contenuti del manifesto per programmi di machine learning e IA è vietato salvo accordo scritto preventivo con la cooperativa
  • Tra i principali siti del mondo, uno su quattro sta bloccando l'accesso illimitato delle IA ai propri contenuti
  • E' una dichiarazione politica che mira a difendere il pubblico e la società da una espropriazione che potrebbe essere irreversibile

Il manifesto ha bloccato l’accesso al proprio sito del bot di ChatGpt e di altri “crawler” che nutrono le IA a partire dal 26 settembre 2023. E ha precisato meglio le condizioni legittime di utilizzo dei propri contenuti impedendo la “connessione con lo sviluppo di qualsiasi software, programma o applicativo compresi – ma non limitati a – quelli per il training di machine learning, sistemi di intelligenza artificiale (IA)” e “la fornitura a terzi di data set archiviati o su cache” senza una nostra autorizzazione scritta preventiva.

La scelta di mettere un argine all’uso commerciale indiscriminato dei nostri articoli non è solo una sfida tecnica o legalistica. E’ soprattutto un pronunciamento politico e culturale che difende l’uso predatorio, oscuro e non dichiarato di quanto facciamo per e con i nostri lettori e lettrici.

E’ una scelta che potrebbe penalizzare il manifesto in futuro? E’ possibile.

Le IA generative commerciali sono la novità del momento e certamente rivoluzioneranno l’informazione e la vita sul pianeta negli anni a venire. Starne fuori è e sarà difficile.

Naturalmente il nostro divieto non è retroattivo e influenzerà – se OpenAi e gli altri giganti della Rete lo rispetteranno – solo le versioni future di ChatGPT e simili.

Grazie a una preziosa inchiesta del Washington Post abbiamo la prova che ilmanifesto.it a nostra insaputa è già stato abbondantemente utilizzato per “addestrare” i programmi di Intelligenza Artificiale.

Bloccare l’accesso è una forma di salvaguardia significativa, che abbiamo preso a ragion veduta dopo aver valutato le scelte dei maggiori editori e siti del mondo di fronte alle sfide di OpenAi e dell’Intelligenza Artificiale.

Il manifesto infatti è in buona compagnia.

Hanno adottato contromisure simili all’uso dei propri contenuti per la fornitura dei servizi a ChatGpt molti altri editori: Corriere della Sera, Repubblica, Guardian, New York Times, Usa Today, Npr, Reuters, Cnn, Cbs, Nbc, Disney, Bloomberg, Washington Post, Axios, Insider, The Verge, Abc News, Espn, The Atlantic più le pubblicazioni dei gruppi Condé Nast, Hearst e Vox Media. No anche da mega piattaforme come Twitter, Pinterest, Quora, WikiHow, Shutterstock e Amazon.

La redazione consiglia:
Il New York Times porta in tribunale OpenAi e Microsoft

La pesca a strascico dei contenuti non riguarda certo solo i giornali. Una preoccupazione simile serpeggia nelle maggiori case editrici librarie di lingua inglese o in agenzie fotografiche mondiali come France Presse e Getty Images. Caso raro, invece, l’americana Associated Press è riuscita a stringere un accordo esclusivo con OpenAi per i propri contenuti archiviati dal 1985 a oggi (notizie, foto e video).

Ad oggi, il 25,9% dei primi 1000 siti del mondo blocca in qualche forma l’accesso alle IA. E la lista cresce ogni giorno.

Quali conseguenze potranno esserci per l’attendibilità e la veridicità delle risposte fornite dalle IA generative senza l’accesso a fonti importanti è ancora presto per dirlo. Ma il senso di una simile “ribellione” è chiaro: bisogna fermare questa corsa frenetica di pochi che asfalta diritti, consuetudini, regole e relazioni di tutti.

Leggi gli altri articoli del manifesto su Big Data e IA

Molti sistemi basati su Large Language Model, come ChatGpt, si basano sulla raccolta indiscriminata di una massa inimmaginabile di dati e di conoscenza prodotta da altri.

E’ una corsa che sembra inarrestabile.

Google, per esempio, ha appena annunciato che la propria IA, Bard, userà i contenuti di Gmail, Drive e YouTube attraverso un’estensione specifica (Bard Extension) che esaminerà i contenuti personali degli utenti per fornire nuovi servizi di assistenza. Anche Meta ha preso una decisione simile rispetto ai contenuti di Instagram e Facebook. Amazon pochi giorni fa ha investito 4 miliardi su un’altra società di Intelligenza Artificiale, Anthropic, fornendogli tutta la potenza di fuoco della propria immensa architettura di Rete (Aws).

Street Art a Tel Aviv su un tweet di dio: “Non c’è più bisogno di me, divertitevi con ChatGpt”, foto di Alexi Rosenfeld /Getty Images

Per i comuni mortali uscire da questi programmi calati dall’alto è quasi impossibile.

Non si vede nessun vero argine a questa raccolta sterminata e senza limiti. Porre un freno è la condizione minima per negoziare un futuro che riguarda tutti, e non solo i nuovi monopolisti della Rete.

La redazione consiglia:
Stop a ChatGPT in Italia, uso dei dati non autorizzato

Internet o è di tutti o non è.

Qui al manifesto non siamo digiuni di innovazione e abbiamo le idee chiare. Non a caso tra i nostri progetti c’è lo sviluppo di MeMa, il “nostro modello” di Intelligenza Artificiale non estrattiva, che troverà nella comunità del giornale uno dei propri centri di gravità permanente e principi ispiratori.

La sfida per l’innovazione non significa arrendersi all’esistente o sfilarsi dal cambiamento. Al contrario, significa mettersi in gioco tutti insieme – giornalisti e lettori – per costruire autonomamente e responsabilmente il proprio futuro e, soprattutto, per difendere il pubblico e lo spazio digitale in ogni circostanza.