Al Comitato Olimpico Ungherese (MOB) non piace la petizione di trentuno paesi che, su invito di ucraini e polacchi, prospettano un’operazione di boicottaggio dei Giochi di Parigi del 2024. “La squadra olimpica ungherese ci sarà comunque”, ha affermato di recente il presidente del MOB, Zsolt Gyulai.

Canoista, vincitore di medaglie ai giochi olimpici di Seul e Barcellona, fedele del primo ministro Viktor Orbán, Gyulai ha precisato di recente: “Noi ungheresi guardiamo alle Olimpiadi come a un’ultima isola di pace – e ancora – non credo che la politica debba immischiarsi nello sport”. Una risposta in sintonia con la posizione che il governo di Budapest mantiene sulla guerra in atto in Ucraina.

L’iniziativa di prospettare il boicottaggio dei giochi olimpici in programma nella capitale francese per il prossimo anno, è dovuta al fatto che il Comitato Olimpico Internazionale (COI) sarebbe disposto ad accogliere la partecipazione degli atleti russi e bielorussi sotto bandiera neutrale.

Come anticipato, i polacchi sono tra gli ispiratori di questa iniziativa che vuole essere un ulteriore segnale netto nei confronti di Mosca, in particolare, e di Minsk. La Polonia guarda alla prossimità geografica del vicino gigante russo con un “antico” senso di inquietudine; un timore che ha radici storiche.

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La sua posizione rispetto alla crisi in Ucraina diverge da quella delle autorità governative ungheresi che, a differenza di Varsavia, hanno legami stretti col sistema di Vladimir Putin. Gli esecutivi polacco e ungherese condividono impostazioni molto simili in termini di gestione del potere, un sostanziale accordo nel respingere quelli che da entrambi vengono visti come “diktat” di Bruxelles, ma sulla guerra in Ucraina non si trovano proprio.

Difatti, lo scorso dicembre, all’usuale conferenza stampa annuale, il primo ministro ungherese Orbán ha criticato la Polonia per la sua scelta di campo rispetto allo scenario esistente nel secondo stato più esteso d’Europa, non mancando però di ricordare che tra Budapest e Varsavia esiste un profondo e antico legame di amicizia.

Nell’ambito dei paesi di Visegrád (V4, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia), è l’Ungheria ad aver fatto una scelta a parte. Una scelta che l’esecutivo danubiano difende in nome del ritorno della pace in Europa, con un impegno fattivo – a sua detta – per il cessate il fuoco e il raggiungimento di un accordo. Critica le sanzioni contro la Russia che ritiene responsabili delle difficoltà economiche esistenti nel paese e in tutto il Vecchio Continente e respinge il principio degli aiuti all’Ucraina in termini di armamenti.

“Da un po’ di tempo a questa parte è di moda avere sentimenti antirussi”, ha detto di recente Orbán il cui governo mostra, insieme alle sue diverse emanazioni, di non condividere passi volti a isolare Mosca e a discriminarla in vari campi: politica, economia, cultura e sport. Ecco quindi il no del Comitato Olimpico Ungherese al boicottaggio prospettato dai trentuno su “suggerimento” ucraino e polacco. “L’ambiente sportivo internazionale è in ebollizione a causa della guerra – ha detto ancora Gyulai – ma il ritorno dei russi ha una certa ragione di essere”.

Insomma, la situazione è ingarbugliata e promette di diventarlo ancora di più nel breve termine. È infine lecito chiedersi come si possa individuare una via d’uscita da questa grave crisi senza considerare ed elaborare i suoi elementi chiave, che sono quelli di un conflitto che va avanti da lungo tempo. È stato fatale non essersene occupati in modo funzionale alla distensione quando ancora tacevano le armi di entrambe le forze in campo.