Quasi un anno fa Ilaria Salis si trovava a Budapest per protestare contro il “Giorno dell’onore”, un raduno neonazista che si tiene il 13 febbraio di ogni anno nella capitale ungherese. Il suo scopo è quello di celebrare l’”eroica resistenza” dei militari nazisti tedeschi e dei loro alleati ungheresi durante l’assedio di Budapest che ha avuto luogo fra il dicembre del 1944 e il 13 febbraio dell’anno successivo.
Fu una pagina sanguinosa della storia del paese: durante i combattimenti circa un milione di cittadini restò assediato nella capitale.
Ma facciamo un passo indietro per ricostruire i preliminari di questo scenario. Il 19 marzo del 1944 le truppe tedesche entrarono in Ungheria e l’ambasciatore Edmund Veesenmayer diventò commissario plenipotenziario del Reich nello stato danubiano.

La redazione consiglia:
La voce di Ilaria dalla prigione inferno di Budapest: «Pieno di topi, manca il cibo»

Cominciarono gli arresti che vennero effettuati seguendo una lista già accuratamente predisposta. Vennero così fatti prigionieri leader antinazisti provenienti dal movimento operaio, dai partiti dell’opposizione borghese e anche dagli ambienti favorevoli al sistema di cui era capo il reggente Miklós Horthy.

Fra i mesi di marzo e di aprile di quell’anno furono arrestate circa 3.000 persone, la maggior parte delle quali venne deportata nei campi di concentramento nazisti.

Il primo ministro dimissionario Miklós Kallay sarebbe stato consegnato alle autorità tedesche nell’autunno successivo. I partiti anti-nazisti e le organizzazioni che condividevano con i primi questa posizione divennero fuorilegge; nel maggio del ‘44 gli ebrei della provincia furono trasferiti nei ghetti per essere poi tradotti definitivamente nei campi di sterminio. Tutto questo avvenne sotto gli occhi di Horthy che era rimasto al potere. I rastrellamenti funzionali alle deportazioni avvenivano non solo per mano delle SS: operavano in tal senso anche le forze di polizia ungheresi su disposizioni di funzionari filonazisti dell’amministrazione pubblica.

La guerra aveva ormai preso una piega sfavorevolmente decisiva per i tedeschi e i loro alleati europei; l’Armata Rossa avanzava, il suo ingresso in territorio romeno aveva portato Bucarest, nell’agosto del ’44, a uscire dall’alleanza con la Germania. Questo avvenimento, e soprattutto l’arrivo delle truppe sovietiche sul suolo ungherese, condussero il reggente e i suoi collaboratori ad andare oltre il loro forte antisovietismo e a inviare a Mosca una delegazione avente il compito di negoziare l’armistizio. Avvenne così il rapimento del figlio di Horthy che fu obbligato a nominare primo ministro Ferenc Szálasi, leader del Partito delle Croci Frecciate, formazione filonazista che si impegnò in una caccia spietata all’ebreo. La famiglia di Horthy fu deportata in Germania, mentre le Croci Frecciate, come già precisato, operarono con una ferocia inaudita scatenando, insieme alle SS, un terrore quotidiano fatto di violenza e di morte.

Per ordine del Führer diversi gruppi di militi nazisti resistettero fino all’ultimo nell’assedio della capitale ungherese e non si arresero; molti di loro morirono in combattimento. Questo è l’onore celebrato dai nostalgici che si danno convegno a Budapest ogni 13 febbraio. L’onore di truppe che difesero con le armi un regime fatto di razzismo e violenza con tanto di esecuzioni sommarie, deportazioni e campi di sterminio.

Al “giorno dell’onore” non partecipano solo fanatici ungheresi ma anche austriaci, tedeschi e di altri paesi. C’è da notare il particolare che in Germania e in Austria i raduni neonazisti sono vietati; non altrettanto avviene in Ungheria dove da diversi anni i neonazisti di diversa nazionalità si recano per la ricorrenza di cui tratta quest’articolo. Il tutto avviene in un paese la cui comunità ebraica è stata decimata con deportazioni nei lager nazisti e uccisioni sul posto da parte delle Croci Frecciate.

Però la propaganda del sistema guidato da Viktor Orbán si è impegnata a negare ogni responsabilità ungherese in questa tragedia. Lo fa con una grave distorsione dei fatti storici che purtroppo penetra anche nelle scuole; e quando si fanno queste operazioni con la Storia si commettono sempre dei danni.