Fumata bianca: l’accordo delle sinistre francesi in nome di un «Nuovo Fronte Popolare» è concluso, almeno nella parte delle candidature. Restano da risolvere i nodi del programma e, soprattutto, quello del nome del primo ministro che la sinistra vorrebbe portare a Matignon, la residenza del premier francese, nel caso in cui riesca l’exploit elettorale.

Ieri mattina, i principali partiti della coalizione hanno comunicato l’accordo sul numero di circoscrizioni a disposizione di ogni formazione. Come durante le legislative del 2022, quando La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon arrivò nettamente in testa alle presidenziali nel campo della sinistra col 21% dei voti, sarà Lfi a presentare il maggior numero di candidati, seguita dal Parti Socialiste, poi dai Verdi e infine dai comunisti del Pcf.

Rispetto a due anni fa vi è un sostanzioso riequilibrio dei rapporti di forza, imposto dal risultato delle europee, nelle quali è arrivato in testa il Ps con il 13.8% delle preferenze. Gli insoumis si sono fermati al 9.9%, in progressione rispetto al 6% del 2019, ma comunque quattro punti dietro alla lista condotta Raphaël Glucksmann. Lo scrutinio europeo ha quindi sancito da un lato la risalita del Ps, dall’altro la tenuta di Lfi e, infine, il crollo verticale dei Verdi, passati dal 13.5% al 5.5%.

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Queste dinamiche spiegano perché, su 577 circoscrizioni disponibili, Lfi presenterà 229 candidature, un centinaio in meno rispetto alle 326 del 2022. Al contrario, il Ps sarà presente con 175 candidati, invece dei 70 del 2022. I Verdi, dal canto loro, avranno diritto a 90 candidature e i comunisti a 50. Tutti i parlamentari uscenti, inoltre, saranno riconfermati.

L’accordo «certifica la progressione dei socialisti ma non dimentica le presidenziali del 2022», ha spiegato il deputato socialista Boris Vallaud. Di fatto, se Lfi resta maggioritaria, gli altri partiti della coalizione, sommati tra loro, peseranno ormai più della formazione guidata da Jean-Luc Mélenchon, una novità rispetto all’accordo siglato nel 2022.

Se l’accordo resta una grande vittoria di fronte a un blocco di destra in piena progressione elettorale, tuttavia «le divisioni che avevano piagato la Nupes restano», spiega Stefano Palombarini, ricercatore in economia all’università Paris 8 e membro del fu-parlamento dell’Union Populaire, che aveva riunito una serie di figure intellettuali attorno alla Nupes.

La frattura fondamentale, spiega Palombarini, «è tra una sinistra rappresentata da Raphaël Glucksmann e dalla destra del Ps, il cui progetto è l’approfondimento della costruzione europea, il mantenimento dei buoni rapporti con la Commissione e le istituzioni dell’Ue» da un lato e, dall’altro, una sinistra capeggiata da Lfi il cui progetto è «la rottura col neoliberismo, la pianificazione ecologica, l’implementazione di importanti riforme fiscali». Politiche di rottura che, secondo Palombarini, «richiedono di andare al conflitto con quella stessa Commissione e quelle stesse istituzioni europee. Questo conflitto rimane irrisolto» nel quadro dell’accordo per il Front Populaire.

Per ora, l’unico leader recalcitrante sembra essere proprio Raphaël Glucksmann. «Ci sono dei punti enormi che bloccano, delle basi proprio, dei fondamentali», ha fatto sapere l’entourage dell’ex-candidato alle europee ai media francesi. Esitazioni che non sono condivise dagli altri leader della coalizione. Al contrario, «tutte le luci passano al verde molto rapidamente», ha detto Marine Tondelier, segretaria dei Verdi.

Resta da risolvere la questione del premier. Chi guiderà il Front Populaire? I partiti si sono detti d’accordo sul fatto che debba essere una figura di Lfi, il partito di maggioranza relativa. Ieri sera, al Tg di France2, Jean-Luc Mélenchon ha dichiarato che «si sente capace» di assumere la guida della coalizione, senza tuttavia volersi «imporre» agli alleati, che avevano posto il veto sulla sua figura, giudicata troppo ingombrante e divisiva. Se non sarà lui, «abbiamo nei nostri ranghi numerose persone estremamente valide», ha detto Mélenchon, non specificando chi, ma promettendo che ogni proposta sarà soggetta a discussione all’interno della coalizione.