Il più grande deposito di gas naturale d’Europa, l’Ipem, situato a 1.800 metri dal centro abitato e a 500 metri dalla riserva regionale delle saline di Punta della Contessa. Una fabbrica chimica, Basell Poliolefine Italia S.r.l. che fa parte del gruppo Lyondell Basell, il terzo produttore al mondo del settore. Un altro stabilimento chimico, Versalis Spa, che occupa una superficie pianeggiante complessiva di circa 4.600.000 metri quadrati all’interno del polo petrolchimico di Eni. Un’industria farmaceutica, Euroapi Italy Srl. E poi la Centrale termoelettrica di Enel Spa, la Federico II, che utilizza come combustibili per la produzione di energia elettrica il carbone e, limitatamente alle fasi di avviamento e sostegno fiamma, se necessario anche gasolio.

È la cartografia redatta dalla regione Puglia degli «impianti a incidenti rilevanti» presenti all’interno della zona industriale di Brindisi. A cui si devono aggiungere, poi, i 60 ettari della discarica di scarti industriali, Micorosa, formatasi negli anni ‘80 dalle lavorazioni di un altro colosso della chimica, Montedison, una bomba ecologica provocata da una azienda di Stato e mai bonificata.

IN QUESTA STESSA AREA industriale nel 2022 il ministero dell’Ambiente, con il parere favorevole della regione, ha autorizzato la società Edison a costruire un serbatoio verticale per il deposito di gas naturale con una capacità di 19.500 metri cubi. «Un investimento pari a quasi 120 milioni di euro», stima Confindustria. Il progetto del deposito costiero prevede tre fasi: approvvigionamento del gas da navi metaniere; successivo stoccaggio; vendita e distribuzione del combustibile via terra attraverso le autobotti. Edison ha già rassicurato in una nota che «ogni timore relativo alla sicurezza dell’impianto appare infondato alla luce delle autorizzazioni già ottenute e degli studi progettuali eseguiti» confermando «la disponibilità a incontrare le istituzioni e le autorità competenti al fine di chiarire ogni timore».

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NEL FRATTEMPO A BRINDISI è montata la protesta. Un vasto schieramento che va dalla Cgil al Comitato No Carbone, da Medicina Democratica a Legambiente, solo per citare alcune sigle, si è dato appuntamento oggi pomeriggio a partire dalle 18.30 davanti alla sede dell’autorità portuale per un presidio contro il progetto.

«È una questione ambientale e sanitaria, perché si tratta di un impianto che continua a trattare una fonte fossile, il gas. Di sicurezza, dato che sarebbe il dodicesimo stabilimento a rischio incidente rilevante nella nostra zona. Ma è anche una questione economica, perché con questo progetto si pregiudica qualsiasi altro sviluppo del porto legato alla logistica, decretandone così la sua morte», spiega Antonio Macchia, segretario provinciale della Cgil di Brindisi. E aggiunge: «Vogliamo un porto che sia la piattaforma logistica del Mediterraneo, invece che esclusivamente una stazione per il rifornimento di carburanti». Dello stesso tenore anche la posizione di Legambiente, la cui direttrice regionale Daniela Salzedo afferma: «Il deposito costiero di Edison, così come quello gpl prospettato nel porto di Manfredonia, calpestano qualsiasi possibilità di sviluppo sostenibile dei porti e di uscita reale dai combustibili fossili».

Fino a qualche settimana fa il fronte del No all’opera era composto anche dal comune di Brindisi. Riccardo Rossi è stato fino a giugno scorso il sindaco della città. Con un trascorso nei movimenti ecologisti cittadini, Rossi aveva vinto a sorpresa le elezioni del 2018 trascinando alla vittoria il Partito democratico. Il Pd regionale, però, non l’ha ricandidato, «perché uomo dei no», come lui stesso dice. È stato sacrificato sull’altare degli accordi di coalizione siglati tra Francesco Boccia e Giuseppe Conte. L’ex sindaco, oggi consigliere comunale per il gruppo Alleanza Verdi-Sinistra, racconta al manifesto che «quando si votò in aula la proposta del progetto Edison, l’assenza di due consiglieri Pd e di altrettanti del M5S fece mancare il numero legale».

Così Rossi, per opporsi, fu costretto a rivolgersi al Tar regionale contestando «le criticità ostative alla installazione del deposito nella posizione prescelta, in ragione delle criticità evidenziate dal Comune di Brindisi, dalla Provincia e dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici», come si legge nel ricorso presentato. Ma il Tar di Lecce lo respinse, dichiarandosi incompatibile territorialmente.

IL NUOVO SINDACO eletto con Fratelli d’Italia, Giuseppe Marchionna, ha scelto di non procedere per vie giudiziarie, pur giudicando la scelta di Edison una «mancanza di rispetto alla città», ha detto alla stampa locale. «Si tratta semplicemente di capire quale modello di sviluppo futuro vogliamo portare avanti, cioè se continuare a perseguire le scelte che hanno visto Brindisi, fin dagli anni ‘60, sacrificata sull’altare degli interessi energetici nazionali», conclude Rossi.