Tanto fango e poca acqua
Materia oscura Uno studio dell’Agenzia statunitense per gli oceani e l’atmosfera (Noaa) mostra che la pioggia non basterà a scongiurare la siccità. Invece di correre ai ripari riducendo le emissioni, Trump smantellerà la Noaa
Materia oscura Uno studio dell’Agenzia statunitense per gli oceani e l’atmosfera (Noaa) mostra che la pioggia non basterà a scongiurare la siccità. Invece di correre ai ripari riducendo le emissioni, Trump smantellerà la Noaa
Può sembrare bizzarro, ma le piogge che hanno allagato mezza Europa forse non serviranno nemmeno a scongiurare la siccità nei mesi a venire. All’origine della siccità infatti non c’è la mancanza di precipitazioni ma l’eccesso di evaporazione dell’acqua contenuta in suoli e sottosuoli. Lo dimostra uno studio pubblicato sul numero di mercoledì della rivista Science Advances e realizzato dai climatologi della National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) e dell’Università della Californa di Los Angeles, dove lavora il ricercatore cinese Yizhou Zhuang che lo ha coordinato.
I ricercatori hanno studiato il clima della costa ovest degli Stati Uniti dal 1940 a oggi per individuare le cause delle siccità sempre più frequenti e in particolare di quella verificatasi tra il 2020 e il 2022. Nel periodo in esame, mostra la loro analisi, è avvenuta una svolta radicale. Mentre fino al 2000 i periodi di siccità sono stati associati a climi meno piovosi, la causa dominante della scarsità d’acqua è stato l’eccesso di evaporazione causato dal cambiamento climatico causato dall’umanità. I ricercatori hanno potuto stabilire che per la siccità del periodo 2020-2022 ha contato di più il riscaldamento globale (al 61%) che la mancanza di precipitazioni (39%).
Quella siccità, scrivono gli autori, ha rappresentato «un evento raro nel clima attuale, che dovrebbe ripetersi in media una volta ogni mille anni». Entro il 2050 però simili calamità si ripresenteranno ogni sessant’anni, e ogni sei per la fine del secolo, e la loro durata sarà maggiore. In altre parole, anche in anni con una piovosità «normale» (qualunque cosa questo significhi) o eccessiva si può tranquillamente verificare una siccità della durata di molti anni.
La spiegazione sta in una legge fisica detta «di Clausius-Clapeyron», che tutti faremmo bene ad imparare per vaccinarci dalle fake news sul clima. La legge stabilisce che un’atmosfera più calda può contenere una maggiore quantità di umidità rispetto a una fredda – per lo stesso motivo, l’aria condizionata risulta più secca. L’alta temperatura dunque aumenta l’evaporazione e permette all’atmosfera di trattenere più vapore acqueo, sottraendolo al suolo e prosciugando laghi, bacini e falde acquifere. Questa maggiore umidità in sospensione poi si scarica a terra. Quando poi occasionalmente l’atmosfera si raffredda e condensa, questa umidità in eccesso provoca piogge torrenziali e improvvise a cui abbiamo assistito nelle scorse settimane. Si aggiunga che i suoli induriti dall’aridità e dal cemento sono meno in grado di trattenere acqua durante i nubifragi, e si capirà perché oggi molti luoghi del pianeta, anche fuori dagli Usa, debbano combattere insieme contro inondazioni e siccità di intensità epocale.
Nel solo 2020 la siccità della California e le sue ricadute sull’ambiente sono costati 23 miliardi di dollari. Tenendo conto anche degli aspetti commerciali e sanitari, i danni sono dell’ordine delle centinaia di miliardi. Queste cifre dovrebbero bastare a dare maggior ascolto alle previsioni del Noaa e al suo invito a frenare le emissioni di anidride carbonica al più presto. Invece, la futura amministrazione statunitense potrebbe silenziare questa voce scomoda. Il documento cosiddetto Project 2025, una sorta di manifesto programmatico della seconda presidenza Trump, prevede esplicitamente lo smantellamento della Noaa le cui funzioni dovrebbero essere «eliminate, affidate a altre agenzie, privatizzate o poste sotto il controllo degli Stati e dei territori».
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