Un libro atteso, necessario, e destinato a diventare un punto di riferimento. Non ci sono molti dubbi che Storia del colonialismo italiano. Politica, cultura e memoria dall’età liberare ai nostri giorni di Valeria Deplano e Alessandro Pes (Carocci, pp. 230, euro 19) diventerà il libro da citare sul tema, per diversi motivi. Intanto perché di fatto mancano opere di sintesi sul colonialismo italiano dai lavori di Angelo Del Boca e Nicola Labanca, naturalmente ampiamente citati in questo libro; e poi perché il volume di Deplano e Pes si presenta come uno strumento agile (180 pagine di testo più una quarantina di apparati vari, incluse mappe e cronologia), facile da leggere e mai noioso, al contempo comprensibile per un pubblico non specialistico e rigorosissimo. Deplano e Pes, inoltre, riescono non soltanto a condensare decenni di ricerca – entrambi sono autori prolifici sui colonialismi e la loro eredità – ma anche a rendere giustizia di quello che ormai è un piccolo campo di studi vivacissimo e che occupa studiose e studiosi di varie generazioni, in Italia e all’estero, che si stanno confrontando come mai prima sulla storia e l’eredità del colonialismo.

IN QUESTO SENSO, il libro di Deplano e Pes è anche una sorta di summa e compendio di quello che si è mosso in questi anni cruciali per gli studi sul tema.
Il volume è diviso in tre parti, una sul colonialismo liberale, una su quello fascista, e infine l’ultima parte sull’Italia postcoloniale, cioè su come la Repubblica Italiana si è rapportata al passato (e presente, nel caso della Somalia) coloniale.

Qui si può indicare già una questione chiave del libro: il rapporto dell’Italia con il colonialismo non comincia con l’inizio nominale del colonialismo (negli anni Ottanta dell’800) e non finisce con la perdita delle colonie nell’immediato dopoguerra. È un rapporto che ha le sue radici negli stati preunitari e le cui conseguenze arrivano fino a oggi – si vedano le ricorrenti polemiche su monumenti e toponomastica.

L’abilità degli autori sta nel rendere molto chiara questa storia di lunga durata, e al contempo di evidenziare snodi e differenze: il colonialismo liberale e quello fascista non sono certo uguali, ma la vulgata post-guerra sul fatto che il colonialismo pre-1922 era solo civilizzatore (e quindi da rivendicare e riscoprire) viene investigata come funzionale alla costruzione del mito degli italiani brava gente. Un altro grande pregio del volume è quello di riuscire, pur all’interno di una prospettiva sicuramente italiana e nel riconoscimento della propria posizionalità, a raccontare quello che succedeva nelle colonie tenendo fortemente presente il punto di vista dei colonizzati. Sia nella letteratura, visto che non mancano i riferimenti bibliografici non italiani, sia nei temi del libro, che dedica per esempio molto spazio al racconto delle resistenze all’occupante italiano.

SENZ’ALTRO UNA STORIA del colonialismo, ma che tiene presente anche l’anticolonialismo. Così come tiene insieme la dimensione europea (il colonialismo italiano come parte di una storia più grande) e non si concentra solo sulle azioni dei vari governi ma anche di tutti quegli altri attori – società commerciali, esploratori, missionari, organizzazioni di tipo diverso – che contribuirono a creare una «coscienza coloniale».

Il libro ha come focus gli aspetti politici e culturali, e si trattano meno (come illustrato nella stessa introduzione) quelli militari e economici. Che pure non mancano: importante per esempio come si spiega che l’Italia non si sia arricchita con le colonie, a differenza di quanto assumono coloro che pensano che si possano applicare in toto strutture di derivazione anglosassone e francese – colonialismo e arricchimento capitalista che vanno di pari passo – per comprendere quello che succede in Italia, che ha peculiarità diverse. Sembra banale dirlo, ma in tempi in cui si abusa di termini come «coloniale», «decoloniale», «postcoloniale» senza davvero studiarli, restituire la complessità di un fenomeno stratificato come il colonialismo italiano – e le sue continue conseguenze e presenze oggi – non è per niente scontato. Il pregio più grande di questo testo forse è proprio questo: esser riusciti, in maniera semplice e chiara, a rendere la complessità del tema.