Sette mesi fa un’inchiesta di questo giornale segnalava le evidenti irregolarità contenute in almeno sette pubblicazioni scientifiche firmate dal ministro della salute Orazio Schillaci. Si trattava di immagini di tessuti umani realizzate al microscopio e «riciclate» per mostrare i risultati di altri esperimenti, un po’ come se due pazienti diversi si trovassero la stessa radiografia nella cartella clinica. Uno dei collaboratori del ministro minimizzò parlando di «errori di caricamento di immagini» che sarebbero stati prontamente segnalati alle riviste e corretti. Tre delle ricerche incriminate avevano contribuito a far assegnare a Tor Vergata un finanziamento per un Progetto di Rilevante interesse nazionale di circa duecentomila euro. Nel frattempo il caso sembra passato sotto silenzio: né l’ateneo romano né il ministero dell’Università e della Ricerca hanno approfondito la vicenda per capire quanto il fenomeno delle frodi scientifiche sia esteso.

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Nonostante il tempo trascorso e le promesse del ministro, basta consultare la letteratura scientifica per verificare che le pubblicazioni sotto inchiesta non sono ancora state corrette. Potrebbe essere solo una questione procedurale oppure il sintomo che sulla correttezza di quelle ricerche c’è più di un dubbio. «Le immagini corrette sono state inviate alle riviste» ha fatto sapere al manifesto una portavoce del ministro. «Due delle riviste coinvolte hanno già accettato le correzioni. In ogni caso, non deve occuparsene il ministro ma chi ha caricato i file sbagliati». Cioè Manuel Scimeca, il giovane ricercatore precario che si è assunto la responsabilità materiale degli errori.

Contattate dal manifesto, alcune riviste avevano confermano di aver ricevuto il materiale dal gruppo del ministro, ma spiegavano che il processo di valutazione è ancora in corso. «Abbiamo contattato gli autori per chiedere spiegazioni» hanno spiegato dalla redazione del Journal of Clinical Medicine. «Ci hanno informato che vorrebbero fare qualche correzione e hanno già fornito del materiale. Stiamo chiedendo ai nostri redattori accademici di valutarlo. La redazione sta investigando il caso e, se necessario, prenderà in considerazione la pubblicazione di una “expression of concern”». Significa «espressione di allarme» e avverte il lettore che su uno studio sono in corso verifiche sulla sua correttezza.

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Anche le redazioni del Molecular and Cellular Biochemistry, dell’International Journal of Molecular Sciences e di Applied Sciences – tutte coinvolte nello scandalo – fanno sapere che fino all’esito delle valutazioni le informazioni sul caso rimangono riservate. «La procedura può prolungarsi perché richiede il lavoro coordinato della redazione, del comitato editoriale e del comitato etico» spiega Nemanja Perovic, membro dalla redazione di Applied Sciences. «Ma per noi questo caso è una priorità». Da allora, tuttavia, nessuna correzione è apparsa sulle riviste riguardo alle ricerche di Schillaci. Che dunque rimangono in un limbo, così come la reputazione scientifica del ministro.

Che la correzione di uno studio abbia tempi lunghi è noto. Le riviste da parte loro non hanno fretta, perché ogni correzione evidenzia anche la loro scarsa vigilanza sul materiale che pubblicano. Ma la versione fornita dal ministro lascia più di un dubbio. La supervisione del lavoro, il controllo dell’autenticità delle immagini e le eventuali correzioni spettano al coordinatore del gruppo. E in quattro delle otto pubblicazioni da correggere Schillaci figura come corresponding author, cioè proprio il ricercatore incaricato di tenere i rapporti del team con la comunità scientifica e le riviste.

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È vero che un ministro ha incombenze ben più pressanti delle pubblicazioni, ma questa scusa non vale per Schillaci. Nonostante l’incarico di governo piuttosto impegnativo, Schillaci non ha mai abbandonato l’attività di ricerca. Al contrario, nel solo 2023 ha firmato ben 37 pubblicazioni scientifiche, una ogni dieci giorni ferie e domeniche comprese: un record mai raggiunto in carriera nemmeno quando si occupava di ricerca scientifica a tempo pieno.