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Il «caos normativo» per tagliare i diritti e i servizi

Il «caos normativo» per tagliare i diritti e i serviziPorto Empedocle, Ansa

Immigrazione La denuncia di Action Aid e Openpolis

Pubblicato circa 3 ore faEdizione del 28 settembre 2024

Da quando si è insediato, alla fine del 2022, il governo Meloni ha prodotto sei modifiche delle norme sull’immigrazione, inserite ogni volta in decreti diversi, per tagliare poco alla volta i servizi e ridurre i diritti dei migranti. Lo sostiene uno studio della ong Action Aid e Openpolis, che denuncia come l’«l’iperproduzione normativa» ha prodotto caos amministrativo, bandi per l’accoglienza deserti e il raddoppio degli affidamenti diretti poco trasparenti alle imprese che gestiscono i Centri di accoglienza straordinaria (Cas). Secondo il rapporto, il governo farebbe anche molte resistenze a fornire i dati, «nonostante il diritto ad accedervi sia stato ribadito nelle aule di tribunale».

Per «comprendere il nuovo approccio all’accoglienza», le due organizzazioni hanno analizzato le cifre fornite dal ministero dell?interno e la banca dati dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), dov e si trovano 3.195 bandi per la gestione dei centri.

In sintesi, il rapporto dice che gli affidamenti diretti sono passati dal 35% del 2020 al 66% del 2023, per contratti da 83,1 milioni di euro nei soli primi 8 mesi del 2023. Nel 2020 si fermavano a 16,3. Nei primi mesi del 2023 ci sono stati 50 bandi per centri destinati ai minori stranieri non accompagnati, nonostante non ci sia stata nessuna emergenza sbarchi. Per usare un metro di paragone, nel 2020 ce n’erano stati solo tre. Secondo le ong, «i decreti del governo Meloni in materia di immigrazione e lo stato d’emergenza hanno trasformato in legge le consuetudini illegittime che ledono i diritti delle persone e dei minori, facendo di prassi eccezionali nuove norme».

Un’altra modifica riguarda chi chiede asilo: se non c’è posto nei centri, si aprono «strutture temporanee» in cui non è previsto nessuna competenza dei gestori e di cui non si conosce nulla. Su 1.500 posti attivati in questo modo in tutta Italia, nella banca dati dell’Anac risulta un solo bando. «Sono centri collocati sempre più ai margini, non solo delle città e dei luoghi abitati, ma anche del diritto» dice Chiara Marchetti dell’associazione Ciac di Parma, dove ci sono due strutture del genere, a Martorano e a Cornocchio. In questi centri finiscono famiglie, persone vulnerabili e minori non accompagnati, spesso costretti a convivere in promiscuità con adulti. Se anche il ricorso a queste strutture non è sufficiente, si possono raddoppiare i posti nei Cas già attivi.

Secondo il dossier, la prassi di portare i minori nei centri per adulti «facilita il compito degli uffici territoriali del governo, ma certo non è nel supremo interesse del fanciullo». Inoltre, «agevolare la concentrazione di persone in centri sempre più affollati aiuta le prefetture a trovare posti, ma derogare ai parametri di capienza può mettere concretamente a rischio qualsiasi tutela igienico-sanitaria e di sicurezza di chi vi è accolto».

Viene portato a esempio un atto della prefettura di Verbano Cusio Ossola che riporta una perizia tecnica per l’aumento a 100 posti di un centro nato per la metà degli ospiti. L’atto è stato emanato a maggio del 2023, ma il decreto che consente l’operazione è dell’ottobre successivo. «Prevedendo questa possibilità per legge, viene meno la possibilità di opporsi a quella che non sarà più considerata come un’eccezione alla regola», dice Fabrizio Coresi di ActionAid.

Nei primi 8 mesi del 2023 sono stati ripetuti 35 bandi che erano andati deserti, più di tutto il 2020. Due terzi di questi sono stati concessi con un’assegnazione diretta, per ché alla gara non si è presentato nessuno. Infine, è sempre più penalizzata l’accoglienza diffusa: l’importo messo a bando per i centri piccoli nel 2022 è sceso dal 52% del 2020 al 32%, mentre è salito dal 15% al 23% quello per le grandi strutture. Oltre la metà dei bandi anche in questo caso sono andati deserti.

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