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I tecno-reazionari d’assalto dietro a Trump

Elon Musk foto ApElon Musk – foto Ap

Stati Uniti Musk, Thiel, Koch: la Silicon Valley e i suoi ultraricchi di ultradestra sono già nel mainstream

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 20 agosto 2024

Un tratto più esplicitamente eversivo caratterizza la seconda candidatura di Trump alla presidenza Usa. L’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 è stato solo un assaggio della capacità dei media sociali e delle app di messaggistica.

E della loro attitudine nel mobilitare folle neofasciste (lo abbiamo rivisto recentemente in Inghilterra). Musk, che sostiene Trump e gli ha recentemente regalato una lunga intervista in streaming sul suo X, fa il tifo per la guerra civile in Inghilterra mentre la sua piattaforma promuove attivamente la circolazione di false notizie per delegittimare Kamala Harris. La postura da troll di Musk (i trolls nella cultura di rete sono quei personaggi che comunicano attraverso la provocazione, mirando a disturbare e offendere piuttosto che dialogare) rimanda a pericolosi sviluppi della tecnopolitica contemporanea.

Il contenuto del dialogo Musk-Trump è estremamente provocatorio: si annunciano grandi deportazioni di massa di migranti, si dà la colpa dell’inflazione alle spese del governo e quindi si annunciano tagli ai servizi e ristrutturazioni, si celebrano i licenziamenti di massa e l’abolizione del diritto di sciopero. La risposta dei democratici non si è fatta aspettare e ha sottolineato l’esiguità del pubblico che ha seguito online la conversazione, la falsità di affermazioni come l’aumento del crimine violento durante l’amministrazione Biden, il fatto che ai due miliardari non interessa nulla della classe media, l’inefficienza tecnologica dell’evento. Rimangono però questioni di fondo e qui possiamo affrontarne velocemente tre. La prima riguarda la svolta a destra della Silicon Valley, la seconda riguarda l’ingresso nel mainstream politico di idee associate al filone di pensiero neoreazionario; la terza riguarda la riorganizzazione ideologica e sociotecnica del movimento alt-right, della sua capacità di mobilitare la violenza neofascista come pure di sviluppare modelli e prototipi di società post-neoliberale.

La stampa americana tende a non sottoscrivere l’ipotesi di una generale svolta a destra della Silicon Valley che storicamente è stata democratica come affiliazione e che viene vista come liberale per idee e cultura politica. Tuttavia sottolinea come idee più specificamente reazionarie (anzi neoreazionarie come spiegato più avanti) sono effettivamente rappresentate ai livelli più alti della gerarchia socioeconomica della Valley – attraverso personaggi come Pieter Thiel, Elon Musk e Charles Koch (tra gli altri). Si aggiunge che perfino le più liberali tra le piattaforme hanno sofferto sotto Biden minacce di regolamentazione, normative anti-monopolio e aumenti di tassazione. Questo potrebbe aver spinto i proprietari ad allontanarsi dal partito democratico.

Più preoccupante appare però l’entrata nel mainstream politico, tramite figure come Musk, del cosiddetto pensiero neo-reazionario – una corrente di pensiero politico associata a personaggi come il filosofo inglese Nick Land e il programmatore Curtis Yarvin (alias Mencius Moldbug), nonché ai loro finanziatori quali Thiel e Patri Friedman, nipote di Milton Friedman. La corrente neo-reazionaria costituisce secondo i sociologi britannici Roger Burrows e Harrison Smith l’espressione di una svolta post-neoliberale guidata dal principio secondo cui la democrazia non funziona perché è incompatibile con la libertà.

Secondo questa filosofia, gli stati nazioni vanno smantellati e sostituiti con cosiddetti gov-corps (cioè governi delle corporazioni) guidati da amministratori delegati che hanno il potere di decisione su tutto e a cui può fare solo da contraltare la libertà dei cittadini di “votare con i piedi”, cioè di andarsene e unirsi a un altro stato-corporazione (praticamente licenziandosi).

Licenziare tutti i dipendenti statali, per esempio, costituisce uno dei principi fondamentali per questa rifondazione dello Stato. Il nemico dei neo-reazionari (una vera e propria etnoclasse come la chiamerebbe la teorica giamaicana Sylvia Wynter) è rappresentato da quella che definiscono la Cattedrale – cioè intellettuali liberali e progressivi che lavorano a scuola o nelle università, nonché giornalisti e produttori televisivi e cinematografici, e funzionari di governo responsabili di programmi ispirati ai principi di uguaglianza e giustizia sociale.

Infine vale la pena sottolineare come questa svolta neoreazionaria si stia materializzando a livello delle infrastrutture sociotecniche della rete. Per esempio, da più parti si fa notare come a seguito dell’attacco repubblicano ai meccanismi di controllo delle fake news online (che secondo loro penalizzavano soprattutto la destra in quanto soggetto politico che ha adottato esplicitamente questa tattica) le piattaforme hanno o diminuito o addirittura smantellato i controlli. Altre tendenze inoltre mostrano un investimento neoreazionario nella ricostruzione dai “primi principi” dell’architettura di Internet, accusato di non essere più sufficiente a garantire quella libertà che essi vedono attaccata da un lato dai “woke” e dall’altro dalle grandi piattaforme tecnoliberali (Google, Apple, Facebook etc).

In conclusione, rispetto all’ondata neoreazionaria Trump potrebbe non essere il candidato ideale (infatti Thiel che lo aveva sostenuto quattro anni fa se ne è distaccato). Tuttavia, il suo portato eversivo, di classe e reazionario non sembra essere destinato a esaurirsi con l’esito delle presidenziali di novembre.

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