Ieri mattina il risveglio del Gabon è stato drammatico: all’alba è stata diffusa la notizia della deposizione da parte dei militari del presidente Ali Bongo Odimba. Nelle ore successive i gabonesi sono scesi in piazza per festeggiare quelli che già chiamano «liberatori», con scene di festa nella capitale Libreville o a Port-Gentil.

VERSO LE 5 del mattino di mercoledì, un gruppo formato da una dozzina di militari e mebri delle forze di sicurezza – appartenenti a diversi reparti e ai berretti verdi della Guardia repubblicana – ha annunciato «l’annullamento delle elezioni, lo scioglimento di tutte le istituzioni della Repubblica e la fine del regime», in un comunicato letto sul canale televisivo Gabon24 a nome del «Comitato per la transizione e il ripristino delle istituzioni».

L’annuncio del colpo di stato è arrivato poco dopo la pubblicazione dei risultati ufficiali delle elezioni presidenziali di sabato – resi noti alla televisione verso le 3.30 di notte dal presidente del Centro elettorale gabonese (Cge), Michel Stéphane Bonda, senza nessun preavviso – con la vittoria per un terzo mandato di Ali Bongo Odimba (in carica da 14 anni) con il 64,27% dei voti, davanti al principale candidato dell’opposizione, Albert Ondo Ossa, con il 30,77%.

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OSSA AVEVA denunciato «una frode orchestrata da Bongo» dopo la chiusura delle votazioni di sabato e aveva rivendicato la vittoria, richiedendo al presidente di «organizzare il passaggio di potere per un vero cambiamento democratico in un paese ricco di petrolio e cacao, ma colpito dalla povertà, dalla corruzione e dalla ricchezza di pochi».

Le presidenziali – con meno di un milione di elettori coinvolti su una popolazione di 2,3 milioni – si sono svolte senza osservatori internazionali, africani o europei, e in assenza di media stranieri, ai quali è stato negato l’ingresso nel paese, come ha denunciato Reporters sans Frontières (Rsf), perché accusati di «mancanza di obiettività ed equilibrio nel trattamento delle informazioni in relazione alle elezioni».

In questi giorni le opposizioni hanno espresso la loro perplessità sulla regolarità delle elezioni – con seggi mai aperti e liste già compilate – viste come «un tentativo di estendere la dinastia politica della famiglia Bongo che dura da 55 anni». Ali Bongo Odimba è stato eletto al terzo mandato, dopo essere salito al potere nel 2009 alla morte del padre, Omar Bongo, che ha governato il paese per 41 anni.

TUTTE LE ELEZIONI organizzate in Gabon dal ritorno del paese al sistema multipartitico nel 1990 si sono concluse con la violenza. Stavolta, proprio per evitare «spargimento di sangue» e con l’obiettivo di contrastare «gli inviti alla violenza e le false informazioni nei social network», il governo aveva preventivamente interrotto da sabato sera internet e istituito il coprifuoco in tutto il paese. Misura che, però, non è riuscita a impedire la presa del potere da parte dei militari. «Vogliamo riportare la giustizia e l’equità nel nostro paese e, a causa della crescente povertà e corruzione del governo, abbiamo deciso di porre fine a questo regime», ha indicato in un comunicato il tenente colonnello Ulrich Madoumbi, portavoce dei militari, invitando la popolazione «alla calma» e riaffermando «tutti gli impegni del Gabon nei confronti della comunità internazionale».

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RIGUARDO alla sorte del deposto presidente è stato il nuovo uomo forte del paese, il generale Brice Oligui Nguema, capo della Guardia repubblicana, a far sapere che «Ali Bongo Ondimba si trova agli arresti nella sua residenza». Durante la giornata di ieri il presidente deposto è apparso sui social e in un messaggio in inglese ha accusato «di essere stato ingiustamente destituito dai militari», invitando «tutti gli amici del paese a fare rumore». Dure le reazioni da parte della comunità internazionale «per l’ennesimo colpo di stato militare nel continente in meno di tre anni» come ha detto dal governo francese che, attraverso il suo portavoce, ha condannato il golpe.

Il Commonwealth – organizzazione composta da ex colonie britanniche alla quale il paese centrafricano ha aderito lo scorso anno – ha giudicato «profondamente preoccupante» la situazione in Gabon e «richiesto il ritorno alla democrazia», secondo quanto affermato dal segretario generale del Commonwealth, Patricia Scotland. Anche la Cina – solitamente meno visibile a livello mediatico, ma presente nel continente africano – si è fatta sentire con il portavoce del ministero degli affari esteri che ha invitato «le parti interessate a risolvere le divergenze con il dialogo e a garantire la sicurezza personale del presidente gabonese».

PECHINO considera il Gabon «un importante alleato dell’Africa centrale» e Ali Bongo «un vecchio amico», come indicato dal presidente Xi Jinping nella visita del presidente africano in Cina, lo scorso aprile.