Mentre da giorni tiene in attesa le navi della flotta civile a poche miglia da Siracusa e Catania, il governo italiano chiede loro di inoltrare le generalità dei naufraghi soccorsi e segnalare chi vuole presentare domanda d’asilo. L’obiettivo non dichiarato è radicare la competenza a decidere sulle loro pratiche in capo ai governi tedesco e norvegese (stati di bandiera delle navi Ong) e forse anche attribuire loro una qualche competenza nell’assegnazione del porto.

Non ci sono dubbi sull’illegittimità della condotta del governo italiano che tarda a indicare un luogo sicuro di sbarco. I capitani hanno adempiuto ai loro doveri, coinvolgendo gli Stati costieri durante le operazioni, e ora si rivolgono all’Italia in quanto paese sicuro più vicino. L’assegnazione del porto è quindi doverosa e non più rinviabile.

Nuovo è il discorso sugli obblighi del capitano di identificare e raccogliere la volontà dei naufraghi di fare richiesta della protezione internazionale. Il capitano svolge la funzione di pubblico ufficiale per lo Stato di bandiera ed è tenuto a identificare passeggeri e naufraghi, anche se si tratta di centinaia di persone soccorse in mare. Tuttavia l’identificazione a bordo dovrà essere riconfermata a terra, quando i cittadini soccorsi potranno essere tranquillizzati, rifocillati e assistiti da un interprete. Altrimenti il rischio di errori e incomprensioni è molto alto.

Ugualmente, se da un lato il capitano è senz’altro tenuto a recepire la volontà di chiedere asilo del naufrago e trasmetterla alle autorità competenti (gli uffici immigrazione delle questure, che la registreranno secondo le formalità legali), non gli può mai essere chiesto di fornire alle persone soccorse l’informativa sul diritto d’asilo, né di verificare se ciascuna di loro vuole fare domanda.

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Ci si chiede poi quali siano gli effetti di una domanda di asilo presentata al capitano di una nave che batte bandiera tedesca o norvegese. Sicuramente non ha nessuna influenza sull’obbligo di assegnare un porto sicuro, ma neppure dovrebbe determinare lo spostamento della competenza a valutare la domanda di protezione internazionale.
Anche se questa fosse presentata al capitano della nave battente bandiera straniera, infatti, riteniamo permanga comunque l’obbligo dello Stato costiero a prendere in carico la richiesta di protezione.

Da un lato perché l’obbligo dello Stato di esaminare le domande di asilo esiste ogni qual volta sono presentate sul suo territorio o in frontiera (art. 3 Regolamento Dublino e art. 8 regolamento Procedure). Non ci sono dubbi che i naufraghi si trovino alle frontiere dello Stato, visto che le navi di soccorso sono ora nella zona Sar italiana, poco fuori dalle acque territoriali in cui è loro impedito l’ingresso. Si tratta di una situazione che può e deve essere sovrapposta a quella di chi si trova alla frontiera terrestre di uno Stato Ue.

Dall’altro lato il capitano non ha alcun potere di registrare e formalizzare la domanda di asilo, ma ha soltanto il compito esclusivo di recepire l’eventuale volontà di presentarla e l’obbligo di trasmetterla alle autorità competenti che possono essere solo le autorità italiane nei cui porti i naufraghi hanno diritto a essere sbarcati.

Ancora una volta non vi è dubbio che la domanda di asilo non abbia alcun riflesso sull’unico obbligo a oggi esigibile: l’indicazione senza ritardo del porto di sbarco in Italia.

*Avvocate dell’Asgi