Il riscaldamento globale corre, a un tasso di oltre 0,2°C per decennio. Lo studio diffuso ieri sulla rivista Earth System Science Data è «un duro promemoria della realtà», secondo i ricercatori che lo hanno pubblicato: le emissioni di gas serra hanno raggiunto un livello senza precedenti.

Gli scienziati che hanno analizzato e reso pubblici i dati nel paper Indicators of Global Climate Change 2022 prendono in considerazione il periodo 2013-2022 e usano i metodi dell’Ipcc, l’organismo scientifico incaricato dalle Nazioni Unite di studiare il riscaldamento globale: i dati aperti che verranno rilasciati aggiornati, ogni anno, hanno l’obiettivo di alimentare i negoziati della Cop e il dibattito politico, dato che il decennio in corso è senza alcun dubbio decisivo per salvare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi del 2015. Non a caso lo studio è stato pubblicato mentre a Bonn i rappresentanti di tutti i Paesi sono riuniti per discussioni tecniche in vista della Cop28, la prossima conferenza delle Nazioni Unite sul clima prevista tra fine novembre e il 12 dicembre del 2023 a Dubai.
LO STUDIO RAPPRESENTA «un richiamo all’urgenza di ridurre le emissioni globali di CO2 e metano per limitare il riscaldamento globale e l’intensificazione dei rischi che ne derivano» spiega la paleoclimatologa francese Valérie Masson-Delmotte, una delle autrici che ha preso parte al lavoro di ricerca. Gli scienziati avvertono, come se ancora ce ne fosse bisogno, che l’umanità sta affrontando un decennio assai complesso, perché la soglia di 1,5°C potrebbe essere raggiunta o superata nei prossimi 10 anni.

Il motivo, spiegano, è che stiamo drasticamente riducendo il budget di carbonio residuo, cioè la quantità totale di Co2 che può ancora essere emessa in tutto il Pianeta, in ogni Paese, e che andrà ad accumularsi in atmosfera per sperare di contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C. Questo «budget», che si riduce anno dopo anno, adesso è pari ad appena 250 miliardi di tonnellate, che è l’equivalente di alcuni anni di emissioni al ritmo attuale.

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«Ci stiamo avvicinando inesorabilmente al limite di 1,5°C», ha avvertito Pierre Friedlingstein, ricercatore del Cnrs e coautore dello studio. «Le ultime evidenze disponibili dimostrano che le azioni intraprese a livello globale non sono ancora della portata necessaria per apportare un cambiamento significativo nella direzione dell’influenza umana sugli squilibri energetici del pianeta e sul conseguente riscaldamento», scrivono gli scienziati. Nonostante gli impegni presi, non siamo sulla buona strada, insomma.
LE EMISSIONI di gas serra hanno toccato livelli record, che hanno raggiunto circa 54 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno nel periodo 2012-2021, secondo i calcoli. Questa situazione è legata principalmente alle emissioni di metano, di azoto, legato ai fertilizzanti, e altri gas serra, mentre le emissioni di Co2 legate all’uso di combustibili fossili sono più o meno stabili. Il riscaldamento è stato causato paradossalmente anche da una riduzione delle particelle inquinanti nell’aria, che hanno un effetto raffreddante. Un effetto a breve termine della riduzione dell’uso del carbone.

IL PROFESSOR PIERS FORSTER, direttore del Priestley Centre for Climate Futures dell’Università di Leeds e autore principale del documento, ha spiegato: «Questo è il decennio critico per il cambiamento climatico. Le decisioni prese ora avranno un impatto sull’aumento delle temperature e sul grado e la gravità degli impatti che ne deriveranno».

UNA DELLE QUESTIONI aperte dal report è legato all’uso dei combustibili fossili, tema che sarà centrale a Dubai. A settembre arriverà anche la prima «valutazione globale» degli impegni presi dai vari Paesi per attuare l’Accordo di Parigi, il cui obiettivo – lo ricordiamo – è limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, e se possibile a 1,5°C, rispetto al periodo preindustriale. Secondo i calcoli dello studio, il riscaldamento causato dalle attività umane, principalmente l’uso di combustibili fossili (carbone, petrolio e gas), ha già raggiunto in media 1,14°C nel periodo 2013-2022 e 1,26°C nel 2022.

Un problema spinoso che riguarda in prima persona il presidente delegato della Cop28, Sultan Al Jaber, che è anche ministro dell’Industria degli Emirati Arabi Uniti e amministratore delegato della compagnia Abu Dhabi National Oil (Adnoc). Impresa che, spiega il quotidiano britannico the Guardian, pianifica di aumentare la propria produzione di petrolio, un po’ come la nostra Eni.
IERI A BONN era atteso anche Al Jaber, che prima si è recato a Bruxelles per discutere con i leader dell’Unione europea i preparativi della conferenza. Secondo il quotidiano emiratino The National, Al Jaber avrebbe incontrato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Il ministro emiratino avrebbe incontrato anche il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, e l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell.