Indipendenti dal petrolio di Putin «entro pochi giorni», ma l’embargo totale sulle fonti energetiche russe per la Germania vorrebbe dire recessione dell’economia di almeno il 6,5%. Il vicecancelliere Robert Habeck alterna la buona notizia con il nodo tuttora impossibile da sciogliere, a meno di non innescare la drammatica spirale riassunta da sindacati e Confindustria: chiusura delle fabbriche e licenziamenti di massa. «L’importazione di greggio, che passa attraverso i porti, è relativamente facile da sostituire. Bisogna solo trovare nuovi fornitori e sostituire i contratti, come ha già fatto la maggior parte delle imprese. Rispetto al 2021 abbiamo ridotto la dipendenza dall’import russo dal 35% al 12%», ha detto. Con questi numeri la Germania si avvia a rispettare la previsione del governo Scholz, debitamente ribassata all’inizio dell’invasione dell’Ucraina, secondo cui la crescita del Pil nel 2022 sarà pari al 2,2%. «Ma se a breve ci sarà anche lo stop del gas russo per la nostra economia sarà regresso» avverte il ministro dell’Economia dei Verdi.

Impegnato soprattutto ad accelerare al massimo la costruzione dei rigassificatori «che però richiede molto tempo nonostante sforzi e ottimi progressi». A riguardo, la dipendenza della Repubblica federale dal gas pompato nelle pipeline da Gazprom e Rosneft negli ultimi dodici mesi è scesa dal 55% al 35%. Per il gas, dunque, tecnicamente non bastano pochi giorni e forse neppure pochi mesi, al contrario del petrolio, il cui blocco presenta “solo” difficoltà di natura politica.

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Emblematico il caso della raffineria di Schwedt (Brandeburgo) affacciata sul fiume Oder a due passi dal confine con la Polonia. «È gestita da Rosneft che ovviamente non ha alcun interesse a raffinare petrolio non russo. Quando ho cercato i dirigenti al telefono – per chiedere cosa intendevano fare per diventare indipendenti da Mosca – non mi hanno neppure risposto» rivela Habeck.

L’altro ostacolo è la Polonia, cui Putin ieri ha chiuso il rubinetto del gas insieme alla Bulgaria. In teoria la Germania potrebbe importare petrolio polacco dal porto di Rostock o via Danzica, se non fosse che Varsavia non ne vuole proprio sapere di fornire il combustibile che, in buona sostanza, «servirebbe a mantenere in vita Rosneft» sottolineano al ministero dell’Economia di Berlino. Convinti che la soluzione temporanea potrebbe essere alimentare la raffineria di Schwedt con le riserve nazionali tedesche, anche se il piano è insostenibile sul lungo periodo.

Altro conto se l’Ue imponesse l’embargo petrolifero a livello comunitario: a quel punto Rosneft sarebbe obbligata a cedere l’impianto.