Energie fossili al top, scenario da incubo
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Energie fossili al top, scenario da incubo

Energia Le rinnovabili corrono ma secondo l’Iea l’aumento delle richieste di energie tengono in vita petrolio, gas e carbone. Nel 2030 il calo delle emissioni sarà solo del 3%
Pubblicato 2 giorni faEdizione del 24 ottobre 2024

Corre la produzione di energie rinnovabili a livello globale (+560 GW la capacità aggiuntiva di solare ed eolico installata nel 2023). Però, per quanto si affannino a crescere, le rinnovabili ancora non riescono a sostituire le fonti fossili (petrolio, gas, carbone) a causa dell’insaziabile crescita della domanda di elettricità, pari ogni anno ai consumi di un paese come il Giappone, più del triplo di quelli dell’Italia. La crescita della domanda è trainata non solo dalla mobilità elettrica, ma anche dai consumi più alti del previsto di condizionatori, elettrodomestici e centri elaborazione dati. Negli ultimi 5 anni la Cina, che pure è il paese leader delle fonti rinnovabili e del nucleare, per soddisfare la sua domanda di elettricità ha dovuto aumentare del 20% quella prodotta con le centrali a carbone e del 40% quella delle centrali a gas.

I DATI DEL WORLD ENERGY OUTLOOK 2024, il rapporto annuale sull’energia dell’IEA (International Energy Agency), pubblicato a meno di un mese dall’inizio della COP29 sul clima di Baku (Azerbaijan), confermano che le politiche energetiche attuali non ci mettono al riparo dal caos climatico: il calo delle emissioni di CO2 del settore energetico sarà solo pari al 3% nel 2030, mentre per rispettare l’Accordo di Parigi andrebbero tagliate del 33%. Questa distanza incolmabile può portare ad un aumento della temperatura media globale di 2,4°C entro fine secolo, uno scenario drammatico.

LA STRADA PER CONTENERE LA FEBBRE del pianeta entro +1,5° C sarebbe ancora percorribile, secondo IEA, anche se sempre più stretta, se i governi rispettassero l’impegno di calare drasticamente l’uso dei combustibili fossili (del 30% entro il 2030 e del 55% entro il 2035) e accelerassero sull’efficienza energetica, il che significa nessun nuovo progetto di estrazione di petrolio e gas a lungo termine, nessuna nuova miniera di carbone o estensione della durata di quelle attuali, nessun nuovo impianto di Gnl (gas naturale liquefatto). Il petrolio dovrà diminuire di oltre il 20% entro il 2030 e del 43% entro il 2035; il gas rispettivamente del 15% e del 50%; il carbone rispettivamente del 45% per arrivare al 72%.

DATA LA CONTINUA ESPANSIONE della produzione di energia, la quota relativa dei combustibili fossili nel mix energetico globale misurata nell’arco di un decennio (2013-2023) risulta calata del 2%, mentre la domanda di energia è aumentata del 15% nello stesso decennio, ma solo il 40% di questa crescita è stata coperta da energia «pulita», che nella definizione di Iea comprende, oltre alle fonti rinnovabili come fotovoltaico, eolico e idroelettrico, anche la bioenergia «moderna», i combustibili fossili trattati con le tecniche di cattura e sequestro del carbonio, l’idrogeno a basse emissioni, i carburanti a base di idrogeno e il nucleare. In assoluto, la domanda di petrolio, carbone e gas continua a crescere e ci si aspetta che raggiunga il tanto atteso picco solo nel 2030, ma non sarà sufficiente a farci stare in una zona sicura se non sarà seguita da un drastico declino.

LA SCARNA CONTABILITÀ DI CONSUMI ed emissioni va inquadrata nello scenario delle guerre in corso che, secondo l’IEA, «mettono a nudo le fragilità del sistema energetico globale, rafforzando la necessità di una più rapida espansione dell’energia pulita». Nel report si rammenta che il 20% del petrolio e del gas transita dallo Stretto di Hormuz, controllato dall’Iran, e ogni possibile interferenza alla navigazione nella zona potrebbe causare volatilità nei prezzi, oltre che instabilità nelle forniture. Fare previsioni è azzardato data l’incertezza geopolitica, tuttavia il World Energy Outlook 2024 si attende l’avvento di un mondo dell’energia «completamente diverso da quello che abbiamo conosciuto negli ultimi anni con la crisi energetica», ha detto il direttore esecutivo della Iea, Fatih Birol, «con ampie disponibilità, o addirittura surplus, di petrolio e gas che ridurranno la pressione sui prezzi, dando sollievo ai consumatori più colpiti dai rincari. La pausa dalle pressioni sui prezzi dei carburanti può dare ai politici lo spazio per concentrarsi sull’aumento degli investimenti nella transizione verso l’energia pulita e sull’eliminazione degli inefficienti sussidi ai combustibili fossili. Ciò significa che le politiche governative e le scelte dei consumatori avranno enormi conseguenze sul futuro del settore energetico e sulla lotta ai cambiamenti climatici».

DUNQUE, PER LA TRANSIZIONE SERVE una crescita ulteriore delle fonti rinnovabili da sostenere con maggiori investimenti: oggi per ogni dollaro speso per la produzione di energia rinnovabile si spendono solo 60 centesimi per adeguare le reti elettriche e per i sistemi di accumulo, mentre la spesa dovrebbe essere paritaria, con le reti che diventano più vulnerabili all’aumentare degli eventi climatici estremi e il crescente bisogno di bilanciare le fonti intermittenti come il fotovoltaico. Per il 2024 gli investimenti attesi nelle fonti rinnovabili sono circa 2 trilioni di dollari (il doppio di quanto si è investito nei fossili), con evidenti differenze nelle varie aree del mondo.

I PAESI DEL SUD GLOBALE soffrono di carenza di fondi necessari per una rapida ed equa transizione energetica: Cina a parte, nelle economie emergenti, dove vivono i 2/3 della popolazione mondiale, gli investimenti nelle rinnovabili rappresentano solo il 15% del totale. Ciò sottolinea l’importanza di raggiungere un nuovo obiettivo di finanziamento globale per il clima alla prossima COP29 da parte dei paesi più industrializzati. Certo, occorre saper investire nelle infrastrutture giuste per non rischiare di ritrovarsi con i cosiddetti stranded assets, i beni incagliati: scrive la Iea che se tutti i progetti di impianti di rigassificazione di Gnl pensati nel panico della crisi energetica causata dal conflitto in Ucraina saranno portati a termine, la disponibilità globale di gas salirà dagli attuali 580 a 850 miliardi di metri cubi nel 2030, nettamente superiori alla domanda, con conseguente crollo del prezzo internazionale del gas e feroce concorrenza tra i fornitori.

OGGI GLI INVESTITORI SANNO che sono le rinnovabili le fonti energetiche di gran lunga più convenienti: il costo attuale a Megawattora in Ue e Usa si aggira tra i 50 e i 70 dollari per fotovoltaico ed eolico offshore, contro i 120 dollari stimati per il nucleare. Eppure, l’energia dell’atomo non si arresta: malgrado alcune dismissioni, la capacità del nucleare è cresciuta nel 2023 grazie a 5 nuovi reattori entrati in funzione in Bielorussia, Cina, Corea, Slovacchia e Usa e la riattivazione di reattori che erano stati sospesi in Francia e Giappone: attualmente rappresenta il 9% dell’energia globale. Nel mondo, sono 62 i reattori in costruzione, per una potenza di 75 GW, che, una volta connessi aumenteranno del 20% la capacità nucleare globale.

ORA CHE GOOGLE, AMAZON E MICROSOFT hanno annunciato di volersi dotare di mini-reattori nucleari (SMR, Small Modular Reactor, ancora in fase di progettazione, salvo uno in costruzione in Cina) per alimentare i data center dove sviluppano l’intelligenza artificiale, viene da chiedersi di quanta elettricità abbiano davvero bisogno le reti neurali per funzionare, ma nemmeno l’IEA lo sa con precisione e, nel catalogare come «incerta» la crescita del settore, auspica la disponibilità e la condivisione di maggiori dati e di rafforzare il dialogo normativo con un settore da sempre piuttosto opaco.

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