Scuola

Fracassi (Flc Cgil): «Facciamo sciopero: basta tagli all’università, aumentare gli stipendi a scuola»

Fracassi (Flc Cgil): «Facciamo sciopero: basta tagli all’università, aumentare gli stipendi a scuola»Gianna Fracassi, segretaria della Federazione lavoratori della conoscenza Flc-Cgil

Universitaglia Intervista a Giana Fracassi, segretaria della Flc Cgil: "Faremo sciopero nella scuola il 31 ottobre: i precari vanno assunti e gli stipendi vanno aumentati. E partecipiamo alla mobilitazione delle università contro i tagli del governo Meloni. La prossima manovra rischia di aggiungerne altri: gli atenei ridurranno la ricerca o aumenteranno le tasse agli studenti. Diritto allo studio a pezzi e ci sarà più precariato. Non terremo la testa bassa". Assemblea nazionale alla Sapienza di Roma il 25 ottobre

Pubblicato circa 3 ore faEdizione del 17 ottobre 2024

Gianna Fracassi, segretaria della Federazione dei lavoratori della conoscenza della Cgil, il mondo universitario si sta mobilitando contro i tagli del governo Meloni. La ministra Bernini, ancora ieri, ha negato la loro esistenza. Che cosa le risponde?
Che non è vero, è l’unica ad avere questa convinzione. Ma non deve convincere solo noi. Deve parlare con i rettori. Ad esempio quelli degli atenei delle Marche, dell’Umbria e dell’Abruzzo che pochi giorni fa hanno parlato di 41 milioni di euro di tagli complessivi. Evidentemente il taglio esiste, rischia di minare le università più piccole, quelle del Sud.

A quanto ammonta?
Sono circa 500 milioni per il 2024, ripartiti tra una diminuzione di 173 milioni sui fondi di finanziamento ordinario per gli atenei e la non assegnazione delle coperture aggiuntive per i 340 milioni previsti dal piano per i docenti associati. Le risorse sono recuperate dalla riduzione di quota storica, costo standard e perequazione. Quasi tutti gli atenei statali ne stanno subendo le conseguenze, con poche eccezioni.

Questi tagli erano già previsti. Ieri il governo ne ha annunciati altri ai ministeri, pari al 5% medio, con la prossima legge di bilancio. Vi aspettate un altro intervento?
Parlano di tagli lineari, dunque anche la ministra Bernini dovrà rispondere alla richiesta del ministro Giorgetti. Andiamo verso una lunga stagione di austerità selettiva. È una prospettiva preoccupante: scuola, università e ricerca sono stati gravemente definanziati e solo lentamente hanno recuperato i fondi. Si rischia di incidere sugli investimenti per la ricerca e sulle attività formative per gli studenti.

Quali saranno le conseguenze sugli atenei?
O ridurranno i corsi o aumenteranno le tasse agli studenti. Non c’è altra via. Il diritto allo studio e alla ricerca viene comunque penalizzato. Se faranno altri tagli con la prossima manovra gli effetti saranno nefasti. Tutto questo accade in un paese che ha un livello di istruzione molto distante dalla media europea, basta pensare al numero dei laureati.

Il governo prospetta anche una riforma dell’accesso all’insegnamento. Quali saranno gli effetti?
Ci sarà un’altra precarizzazione. Pensavamo di avere affrontato il problema con il nuovo contratto di ricerca che avrebbe potuto sostituire gli assegni di ricerca. E invece il governo prospetta la nascita di altre figure precarie con contratti anche di pochi mesi. Fa il percorso inverso.

La ministra parla di una «cassetta degli attrezzi per superare il precariato»…
Invece sta costruendo la possibilità di usare forme di lavoro precario, alcune con bassa retribuzione e senza diritti, che certamente saranno le più utilizzate, visto anche che si continua a tagliare i fondi degli atenei. Creare una «simile cassetta degli attrezzi» significa che prima o poi sarà usata per pagare poco il lavoro della ricerca, fino al limite dell’abuso. Così si elude l’impegno di valorizzare i ricercatori preso con l’Europa al momento di stipulare il Pnrr.

State partecipando alle prime assemblee, il 25 ci sarà una nazionale alla Sapienza di Roma. Qual è il clima nelle facoltà?
C’è grande preoccupazione e rabbia. I ricercatori si sentono un vuoto a perdere. C’è anche la scadenza del Pnrr nel 2026. Nessuno sta facendo nulla per affrontare il problema di riassorbire il numero elevato di dottorandi e borsisti che perderanno allora il lavoro. Il governo deve trovare un modo per trattenere queste persone.

Anche la scuola è in mobilitazione. Avete dichiarato lo sciopero giovedì 31 ottobre. Cosa chiedete?
La scuola ha un problema enorme: deve stabilizzare il precariato e valorizzare il lavoro dei docenti anche dal punto di vista salariale. Non è possibile indignarsi quando l’Ocse dice che l’Italia è il paese che paga di meno gli insegnanti. E poi fare finta di nulla quando si arriva al dunque. Lo sciopero riguarderà anche il personale dell’università, degli enti di ricerca, la formazione artistica e musicale e le scuole Aninsei.

Qualcosa sarà stanziato nella prossima manovra…
Appunto, qualcosa. Lo 0,22 sul salario accessorio nel contratto istruzione e ricerca per il 2022 e il 2024. Secondo lei, davanti a questo, cosa dovrebbe dire un lavoratore o un insegnante dopo che ha perso il 18% del potere di acquisto del proprio salario a causa dell’inflazione cumulata negli anni scorsi?

Il ministro Valditara vi ha criticato. Ha detto che è strano indire uno sciopero prima di una manovra…
I contenuti della manovra erano noti, l’unico che forse non li aveva chiari era Valditara. Tra l’altro basta leggere la traiettoria disegnata dal piano strutturale di bilancio, suffragata dalle parole di Giorgetti di ieri, per rendersi conto che non ci sono risorse aggiuntive. E si prospettano tagli. Cosa si aspettavano? Che tenessimo la testa bassa?

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento