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Dosi: «Il governo fa macelleria intellettuale sull’università: è l’anticipo dei sacrifici di Giorgetti»

Dosi: «Il governo fa macelleria intellettuale sull’università: è l’anticipo dei sacrifici di Giorgetti»Giovanni Dosi (Sant'Anna di Pisa)

Universitaglia Intervista a Giovanni Dosi, docente emerito di economia al Sant'Anna di Pisa, firmatario dell'appello contro i tagli di 39 società scientifiche italiane: "Con questa decisione l'esecutivo dimostra un'insensibilità ai diritti fondamentali, danneggia la ricerca di base, mette in crisi gli atenei e li trasforma in agenzie di servizi alle imprese"

Pubblicato circa un'ora faEdizione del 11 ottobre 2024

Giovanni Dosi, professore emerito di economia alla scuola Sant’Anna di Pisa, lei ha sottoscritto l’appello contro i tagli pubblicato sul sito Scienza in Rete. Cosa risponde alla ministra Anna Maria Bernini secondo la quale il governo ha invece aumentato i fondi?
Non è vero. Fanno il gioco dei bussolotti. Riducono di 173 milioni l’assegnazione del Fondo ordinario di finanziamento (Ffo) degli atenei e non assegnano le coperture aggiuntive per i 340 milioni previsti dal piano per gli associati. E recuperano le risorse dalla riduzione di quota storica, costo standard e perequazione. In più non danno neanche le coperture aggiuntive previste dalle finanziarie precedenti. Questo provvedimento è una macelleria intellettuale.

La ministra ha ricordato che ci sono anche i fondi del Pnrr…
Sì, ma non vanno cumulati Questi sono fondi per definizione straordinari. Non c’entrano nulla con quelli che finanziano stabilmente gli atenei.

Avrebbero potuto gestire diversamente questi fondi?
Sì. È stato fatto un numero scellerato di posizioni straordinarie, ma non c’ è stato un parallelo aumento del fondo ordinario. Tra poco questi poveri cristi saranno mandati a spasso. Dal punto di vista scientifico è stato un disastro. I ricercatori sono stati invitati a presentare progetti ad hoc che contenessero le parole chiave del Pnrr al fine di ottenere i fondi senza una valutazione dei contenuti scientifici. Hanno preferito mettere l’enfasi sulle relazioni tra la ricerca con l’industria. Avrà effetti deleteri sulla ricerca di base.

Il Fondo ordinario di finanziamento degli atenei è cresciuto in questi anni. Perché il governo Meloni ha deciso questa brusca inversione di rotta proprio ora?
Perché è insensibile a qualsiasi prospettiva di aumento della ricerca e della conoscenza nel lungo periodo. È una sforbiciata da ragioniere com’è il ministro dell’economia Giorgetti. Andrebbe bene per il comune di Cazzago Brabbia di cui Giorgetti è stato sindaco.

Questi tagli sono un anticipo dei sacrifici di cui parla Giorgetti?
Sicuramente. La maniera apparentemente più semplice di far fare sacrifici è tagliare la spesa invece di aumentare le tasse a chi le dovrebbe pagare. Si parte dall’università, soprattutto dalla ricerca fondamentale che è la gallina che fa le uova d’oro del capitalismo da duecento anni a questa parte. E non ci sono segni che la spesa reale per la sanità sia aumentata. Con l’inflazione che c’è stata, e la carenza di medici e infrastrutture, questo è un taglio effettivo.

Molti rettori hanno lanciato l’allarme. Quali potrebbero essere gli effetti dei tagli sugli atenei?
Renderanno più comatosi soprattutto quelli del Sud. I tagli delle risorse e il preesistente sottodimensionamento dei docenti e del personale amministrativo, l’assenza di borse di studio per gli studenti poveri e meritevoli faranno sì che il grado complessivo di scolarizzazione della società italiana diminuirà. Resterà un’élite importante che insegna bene a una minoranza. Una buona percentuale dei migliori andrà a lavorare all’estero. Noi in realtà sussidiamo con pochi soldi la formazione dei migliori ricercatori di altri paesi.

Il governo si propone anche di fare un’altra riforma dell’accesso ai ruoli universitari. Quali saranno gli effetti?
L’esplosione del precariato. Ci saranno gli assistenti di ricerca junior, senior, i contrattisti post doc, i ricercatori a tempo determinato, i professori aggiunti a chiamata. Forse hanno in mente i Politecnici e le business school. È un progetto contrario alla ricerca di base: se hai bisogno di soldi trovateli sul mercato. Se quello che fai è utile allora troverai qualcuno che i soldi te li dà.

Non è nuovo tutto questo…
No, ma accentua un pensiero presente nell’università da molto tempo. Questo non porta ai Nobel e nemmeno ai grandi avanzamenti tecnologici.

E a cosa porta?
Alla trasformazione dell’università in un istituto professionale al servizio delle imprese.

La ministra Bernini ha composto anche una commissione per la riforma della Legge Gelmini. A cosa porterà?
Ci dobbiamo aspettare il peggio sulla base della legge delega già approvata dal governo. Tenteranno di portare il più possibile l’università sotto il controllo del governo in esplicita violazione del dettato costituzionale sulla libertà di insegnamento.

A quale disegno risponde tutto questo?
A quello di un pensiero economico insensibile ai diritti fondamentali dei cittadini. Si restringono i servizi pubblici, quelli che chiamo i diritti universali come la sanità e l’istruzione. Lo si fa in nome di un fantomatico pareggio di bilancio. E si regalano tre lire alle famiglie della classe media attraverso l’evasione e la riduzione delle aliquote.

Pensa che il vostro invito possa essere ascoltato?
Io lo spero, ma è poco probabile. Questo governo sa che la maggior parte del mondo universitario non lo vota. Dei destini del paese non gliene importa niente. Mi aspetto che saranno abbastanza sordi agli appelli. Ma ho il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà.

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