Scuola

Fermiamo la trasformazione della scuola in impresa

Fermiamo la trasformazione della scuola in impresaFermentation of mind – Heri Domo

Appello La scuola ha bisogno di un arricchimento dei programmi disciplinari, di una loro più avanzata e originale cooperazione, di nuovi rapporti tra docenti e alunni. Forze politiche, cittadini e intellettuali dicano un no definitivo a questi ciechi legislatori, che vogliono la scuola come un gigantesco apprendistato senza anima e senza futuro

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 8 maggio 2018

La scuola italiana ha bisogno di maggiori risorse per rendere sicuri gli edifici che ospitano i nostri ragazzi, servizi più avanzati, per recuperare l’evasione che consegna tanti giovani alla marginalità, talora alla criminalità. La scuola italiana ha bisogno di un arricchimento dei programmi disciplinari, di una loro più avanzata e originale cooperazione, di nuovi rapporti tra docenti e alunni, nuove modalità di insegnamento, in grado di trasformare la classe in una comunità di studio e dialogo.

LA SCUOLA ITALIANA ha bisogno di formare ragazze e ragazzi emotivamente e psicologicamente equilibrati, culturalmente ricchi, consapevoli dei problemi del Pianeta, muniti di sguardo critico sulla società oggi inghiottita entro una bolla pubblicitaria. Ma chi decide il destino della nostra scuola è sordo a questi bisogni irrinunciabili del presente e del futuro. Impone ai nostri ragazzi– ad esempio con l’alternanza scuola-lavoro – un apprendistato per un lavoro che non troveranno, competenze per mansioni che saranno rese obsolete dall’innovazione tecnologica incessante.

EBBENE, dal prossimo giugno maestri e docenti della scuola elementare e media dovranno certificare le competenze dei loro allievi, utilizzando i nuovi modelli nazionali predisposti dal Ministero dell’istruzione. Per i ragazzini delle medie, la scheda di certificazione conterrà una parte dedicata a 8 «competenze europee» redatta dai loro insegnanti e una parte a cura dell’INVALSI. Per i bambini delle elementari, la scheda di certificazione riferita alle otto competenze europee, riguarda anche quella denominata «spirito di iniziativa e imprenditorialità», che in Italia è diventata semplicemente «spirito di iniziativa», pur mantenendo in nota il riferimento originario all’entrepreneurship, l’imprenditorialità. I consigli di classe delle varie scuole del Paese dovranno adoperarsi per «testare» la capacità di «realizzare progetti», essere «proattivi» in grado di «assumersi rischi», «assumersi le proprie responsabilità» fin da piccoli. Si stenta a credere, ma è proprio così: le istituzioni europee chiedono agli insegnanti di fare violenza ai nostri bambini, di plasmarli in una fase delicatissima della loro formazione emotiva e spirituale, incitandoli alla competizione, alla realizzazione di cose, all’intraprendenza «rischiosa». Verrebbe da ridere di fronte all’enormità di tale pretesa. Ma essa fa parte ormai di una gabbia fittissima di imperativi a cui è sottoposta la scuola, diventata luogo di ubbidien za di comandi ministeriali.

DOPO ANNI di ciarle sull’autonomia, sulle libertà di scelta, su tutte le chimere della letteratura neoliberistica, appare evidente che la scuola è assoggettata a un progetto di centralismo neototalitario. Una pianificazione dall’alto mirata a sottrarre libertà agli insegnanti, obbligandoli a compiti subordinati ai miopi interessi del capitalismo attuale. Passo dopo passo, la scuola cessa di essere il progetto educativo di una comunità nazionale per diventare il luogo dove si riproduce un solo tipo di individuo, l’uomo economico ossessionato da finalità produttive. Chiediamo a tutte le forze politiche, agli intellettuali, ai cittadini italiani ed europei di dire un no definitivo a questi ciechi legislatori, che vogliono trasformare la scuola in un gigantesco apprendistato senza anima e senza futuro.

*** Anna Angelucci, Rossella Latempa, Piero Bevilacqua, Alberto Asor Rosa, Salvatore Settis, Ilaria Agostini, Serge Latouche (Università Paris-Sud), Enzo Scandurra, Tomaso Montanari, Paolo Favilli,Tonino Perna, Ignazio Masulli, Lina Scalisi, John Dickie(Universiity College, London), Carlos J. Hernando Sanchez (Universidad de Valladolid), Adolfo Carrasco Martinez ((Universidad de Valladolid), Francesco Benigno, Francesco Vigliarolo (Università di Buones Aires)Tiziana Drago, José Antonio Guillen Berrendero (Università Rey Juan Carlos, Madrid), Manfredi Merluzzi, Elisa Novi Chavarria, Lavinia Gazzé, Cinzia Recca , Carlo Bitossi, Stefania de Vincentis ,Giorgio Inglese, Marta Petrusewicz, Giorgio Nebbia, Luigi Vavalà, Cristina Lavinio, Armando Vitale, Lucinia Speciale, Giuseppe Aragno, Alberto Ziparo, Francesco Santopolo, Battista Sangineto, Piero Caprari, Giuseppe Saponaro, Franco Toscani, Franco Novelli, Velio Abati, Carla Maria Amici, Gregorio De Paola, Laura Marchetti, Francesco Trane, Fabio Bentivoglio, Franco Blandi, Amalia Collisani, Rossano Pazzagli, Ugo M. Olivieri, Giovanni Carosotti, Francesco Cioffi, Lidia Decandia, Andrea Battinelli, Alessandro Bianchi, Dario Bevilacqua, Robert Lumley, (University College London) Rafael J.Gallé Cejudo (Universidad de Càdiz), Massimo Baldacci, Luisa Marchini, Carlo Freccero.,Francesco Sylos Labini, Donatelo Santarone, Joseph John Viscomi (Center for European and Mediterranean Studies New York University)Piotr Laskowski (Istituto di scienze sociali, Università di Varsavia) Roberto Budini Gattai, Alfonso Gabardella.

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