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Estrattivismo, le economie indigene di sussistenza seriamente minacciate

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India Custodi di semi, adivasi, annadata, agroecologia e diritti negati nell'India di Modi

Pubblicato 6 mesi faEdizione del 30 maggio 2024

«Negli anni 1940, durante la carestia del Bengala, gli agricoltori non intaccarono la propria riserva di semi. Sapevano che sarebbero stati vitali in seguito»: questo episodio storico è un riferimento per l’ecologista Debal Deb, da 30 anni impegnato nella conservazione dell’agro-biodiversità. Arrivato nel 2011 sulle verdi colline dei Ghat orientali in Odisha, vi ha creato la Basudha Conservation Bank dove si preservano, per distribuzione gratuita, tantissime varietà di riso antiche minacciate di estinzione.

QUEGLI «SCIENZIATI ANONIMI», i contadini indiani che pur nell’emergenza rifiutarono di mangiare il loro possibile futuro, ricordano gli eroici custodi della banca dei semi di Leningrado che durante l’affamante assedio nazista fra il 1941 e il 1944 protessero – alcuni morendo di inedia – quel patrimonio di biodiversità, creato dal grande botanico e genetista sovietico Nikolaj Ivanovic Vavilov. Per scoprire, collezionare e conservare le basi genetiche di specie spontanee e coltivate, così da garantire alle generazioni future la sicurezza alimentare, Vavilov guidò una serie di straordinarie spedizioni in tutto il mondo, prima di cadere in disgrazia in epoca staliniana.

TUTT’ORA, L’AGRO-BIODIVERSITA’ sopravvive meglio dove ci sono comunità indigene. Le minoranze tribali adivasi della Federazione indiana posseggono conoscenze basate sui loro semi, evolutisi nel corso dei secoli. Si tratta di economie di sussistenza, in una dimensione ancora piuttosto comunitaria anche se da tempo assediata da proposte ritenute iper-moderne. Chilometro zero: il surplus del raccolto finisce nel mercato settimanale, immancabile momento di incontro e scambio di informazioni. L’agroecologia ha fra i suoi presupposti il carattere locale dei sistemi alimentari a livello di produzione e distribuzione (dai semi agli altri input fino alla vendita e al consumo), in grado, fino a un certo punto, di resistere all’usurpazione e allo sfruttamento. Del resto, l’indebitamento che provoca tanti suicidi fra gli agricoltori indiani è un portato della modernizzazione in agricoltura, visto il costo degli input esterni e la natura oppressiva del cosiddetto libero mercato, che al produttore pratica prezzi stracciati al produttore.

MA, OGGETTO ORMAI DI SISTEMATICO land grabbing per progetti di sviluppo o estrattivisti, anche le economie indigene di sussistenza sono seriamente minacciate. Con l’aggiunta della crisi climatica (siccità, inondazioni, piogge erratiche, temperature elevate), il rischio è di precipitare in uno stato di penuria alimentare anche grave. Una ragione di più per tutelare e mettere in campo le varietà tradizionali, le più resistenti. Del resto, all’argomento della maggiore produttività dell’agricoltura industriale, Deb oppone diversi studi, fra i quali il suo (Productive efficiency of traditional multiple cropping systems compared to monocultures of seven crop species: a benchmark study pubblicato dalla Cambridge University Press nel 2021): «Il deficit di raccolti nei sistemi agricoli policolturali e tradizionali è un mito». E i mercati locali, nell’assenza di un prezzo minimo sussidiato per i prodotti agricoli, sono l’unica salvezza, un presidio di resistenza. Quando non vengono anch’essi usurpati dagli intermediari. Però, come rimanere nell’agroecologia (che per Deb va oltre l’agricoltura biologica) senza appoggi governativi e senza mercati contadini e altre strutture per la vendita diretta in molte parti del paese? Il problema riguarda tutto il mondo rurale, adivasi e non.

NELLA KISAN LONG MARCH (Lunga marcia di protesta contadina) del marzo 2018, da Nashik a Mumbai (70000 persone, 200 chilometri), organizzata dal sindacato rurale All India Kisan Sabha, i movimenti sociali adivasi furono ben rappresentati. Quell’evento, che affonda le radici nelle grandi sollevazioni contadine anticoloniali, ebbe il merito di rilanciare la questione degli annadata (produttori di cibo) all’attenzione dei media e dell’India urbana. Creò in qualche modo il precedente per la grande coalizione di sindacati agricoli nella mobilitazione del 2020/2021, iniziata negli Stati settentrionali del Punjab e dell’Uttar Pradesh, entrambi con una popolazione di adivasi minoritaria.

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