Il viaggio a sorpresa di Charles Michel a Odessa nel giorno dell’Europa, il 9 maggio scorso, ha avuto almeno un effetto positivo: il presidente del Consiglio Ue si è reso conto di persona che al terminal del porto ci sono silos pieni di cereali, bloccati dall’assedio russo, che impedisce l’esportazione. La Fao ha lanciato l’allarme: un terzo dei silos ucraini sono in zone di guerra. L’Fmi e il Pam (Programma alimentare mondiale dell’Onu) sottolineano il rischio di carestie, soprattutto in Medioriente e Africa. «I russi fanno tutto il possibile per rovinare il nostro potenziale agricolo e provocare una crisi alimentare non solo in Ucraina ma nel mondo», ha denunciato il presidente Zelensky il 31 marzo scorso. Per gli ucraini torna la memoria dell’Holodomor, la grande carestia di Stalin del 1932-33.

Emmanuel Macron in videoconferenza con gli esponenti dell’Unione africana martedì ha discusso le conseguenze della guerra in Ucraina sulla sicurezza alimentare. Il presidente francese, a nome della Ue, da un lato ha avviato un’azione diplomatica, per chiedere a Putin di togliere il blocco e dall’altro, con il G7, si è impegnato ad approfondire il programma Farm, per garantire il commercio, la trasparenza dei prezzi e degli stock, aumentare il sostegno ai paesi più esposti e accelerare lo sviluppo delle agricolture locali. Ieri, il ministro degli Esteri russo Lavrov ha risposto accusando l’Ucraina, che a suo dire rifiuta la cooperazione per sbloccare l’export e avrebbe minato i porti del Mar Nero.

La Ue ha presentato ieri un piano di azione per cercare una via d’uscita. L’idea del commissario all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, è di trasferire il trasporto dai cargo alla via terrestre, con camion e treni, per esportare poi i cereali ucraini dai porti del Baltico. Ma la manovra non è facile, dai porti del Mar Nero venivano esportati 5 milioni di tonnellate di cereali al mese, con i treni la quantità scende a 1,5 milioni. I treni ucraini hanno uno scartamento diverso da quelli della Ue, al confine polacco bisogna fare il trasbordo, che prende tempo e lavoro.

Mancano i vagoni e le braccia. Anche se Zelensky ha esentato gli agricoltori dal servizio militare, la produzione è calata, è intorno al 60-70% rispetto all’anno scorso e per il prossimo raccolto potrebbe essere peggio. Wojciechowski denuncia la «propaganda russa», che si presenta al mondo come il paese che aiuta i poveri mentre sta distruggendo l’agricoltura ucraina. Ad aprile, l’Ucraina ha esportato meno di un milione di tonnellate di cereali, pari a un terzo di quello che aveva esportato lo stesso mese l’anno scorso. Le esportazioni di cereali avvenivano prima della guerra al 90% dai porti del Mar Nero, adesso bloccati. La produzione è rallentata e disorganizzata, nei campi ci sono le mine, i furti e la distruzione di macchinari si sono moltiplicati (dei trattori ucraini sono stati ritrovati in Cecenia, all’abbandono).

L’Ucraina negli ultimi dieci anni ha trasformato la sua agricoltura. Ha triplicato le esportazioni, nel 2021 veniva dall’Ucraina il 12% delle esportazioni mondiali di grano, il 16% del mais, il 18% dell’orzo, il 20% della colza, il 50% dell’olio di girasole. Ci sono stati investimenti mondiali, da Arabia saudita, Cina, Usa, Svezia, Francia, Germania, Olanda, Gran Bretagna. Nel 2021 l’Ucraina ha prodotto 106 milioni di tonnellate di grano, 70 milioni sono andate all’export. Egitto, Indonesia, Turchia, Pakistan, sono i principali importatori, Libano, Libia, Tunisia, Yemen sono molto dipendenti dai cereali ucraini, da far temere rivolte della fame in Medioriente e Africa.

In Ucraina ci sono 1.200 silos, nel porto di Odessa prima della guerra lavoravano 100mila persone, per caricare i grossi cargo Panamax, che possono trasportare l’equivalente di 2mila camion. Adesso, a Odessa ci sono 20 milioni di tonnellate bloccate, sui cargo e nei silos, mentre i prezzi dei cereali esplodono sui mercati mondiali (la tonnellata di grano dall’inizio della guerra è passata da 294 euro a 390, quella di mais da 265 a 349).

Mentre il granaio Ucraina è in difficoltà, a Abidjan in Costa d’Avorio si svolge la Cop15 contro la desertificazione e la siccità, con 197 paesi presenti, che hanno sottoscritto un Appello per la “neutralità” del degrado dei suoli entro il 2030. L’Onu avverte che già il 40% delle terre sono degradate.